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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Pasticci nell’autenticazione delle liste, Lega e Pd provano a riacciuffare le Provinciali: “Inutile formalismo”

I grandi esclusi dell’elezione per il rinnovo del Consiglio provinciale di Foggia chiedono al Tar la riammissione. Ha presentato ricorso anche un candidato della ‘lista del presidente’. I giudici amministrativi si esprimeranno domani

Sono tre i ricorsi elettori pendenti al Tar Puglia per l’esclusione di liste e candidati dall’elezione per il rinnovo del Consiglio provinciale di Foggia, in programma il 30 gennaio. Le udienze pubbliche sono state tutte già fissate per mercoledì 19 gennaio.

La normativa prevede che la decisione dell’Ufficio elettorale possa essere impugnata entro tre giorni dalla pubblicazione e che l’udienza si celebri sempre nel termine di tre giorni dal deposito.

Il primo ricorso è stato presentato il 16 gennaio dal consigliere comunale di San Severo Giovanni Florio, difeso dall’avvocato Raffaele De Vitto di Foggia. Il suo nominativo è stato stralciato dalla ‘lista del presidente’, la civica ‘Per la Capitanata’. L’Ufficio elettorale ha ritenuto che la dichiarazione di accettazione della candidatura alla carica di consigliere provinciale non fosse stata regolarmente autenticata.  

Secondo la versione dei fatti circostanziati nell’istanza di riammissione, l’8 gennaio scorso, Giovanni Florio, avrebbe compilato il modulo di accettazione della candidatura a casa, inserendo i suoi dati anagrafici, dichiarando di essere consigliere del Comune di San Severo e che non versava in situazioni di incandidabilità né di ineleggibilità, apponendo la data e il luogo, San Severo, ma non la firma. Poi si sarebbe recato a Foggia, a Palazzo Dogana, e davanti al presidente della Provincia, Nicola Gatta, avrebbe sottoscritto l’accettazione sul modulo che aveva portato con sé dalla sua abitazione. L’autenticazione effettuata dal presidente reca la dicitura “previa identificazione del sottoscrittore… dichiaro autentica la firma apposta in mia presenza”, con l’indicazione della data e del luogo (Foggia addì 08.01.2022).

La principale leva del ricorso è il “difetto di motivazione”: il provvedimento impugnato “non reca alcuna motivazione sulle ragioni per le quali l’accettazione della candidatura del ricorrente non sarebbe stata regolarmente autenticata”.

Qualora, poi, si contestasse la contestualità temporale dell’autenticazione e della sottoscrizione della scrittura privata, oltre a richiamare una sentenza del Consiglio di Stato (n. 1542 del 31.03.2014), ricorrente e legale si rifanno a “principi consolidati in materia”, per affermare che l’autenticazione non è viziata per aver compilato il modulo di accettazione della candidatura, senza firmarlo, in un momento precedente ed in un luogo diverso da quello in cui poi lo ha sottoscritto innanzi al presidente della Provincia.

“È irrilevante che sul modulo di accettazione della candidatura sia indicata anche la data ed il luogo in cui esso è stato compilato - scrive l'avvocato De Vitto - riferendosi tale attività di compilazione al candidato e non al pubblico ufficiale la cui attività è riservata al diverso ambito dell’autenticazione della firma”. Si sostiene che l’Ufficio elettorale “abbia dato rilevanza ad elementi della dichiarazione di accettazione della candidatura estranei all’autenticazione della firma”.

L’Ufficio elettorale ha escluso anche un’altra candidata della lista ‘Per la Capitanata’, la consigliera comunale di Ascoli Satriano Antonella Giordano che, però, non ha impugnato la decisione. La dichiarazione di accettazione della candidatura risultava autenticata da un consigliere del suo Comune, ma fuori dal territorio dell’Ente e della Regione Puglia, stesso caso rilevato per la lista del Pd.  

Il segretario provinciale della Lega, Daniele Cusmai, in qualità di presentatore della lista ‘Impegno per la Capitanata’, ha presentato ricorso il 17 gennaio, rappresentato e difeso dall’avvocato Felice Eugenio Lorusso di Bari. Anche in questo caso, si rileva il difetto di motivazione, definito “palese e clamoroso”. La civica è stata ricusata in quanto le dichiarazioni di accettazione della candidatura dei consiglieri comunali Rosario Daniele Di Scioscio e Pietro Piccirilli non sono state ritenute regolarmente autenticate e, per effetto della cancellazione dei due nominativi, la lista è scesa sotto il numero minimo dei sei candidati, vale a dire la metà dei seggi.

Nel ricorso è stato trascritto fedelmente quanto riportato nel verbale del 14 gennaio. Si lamenta come manchino le ragioni che hanno indotto l’Ufficio elettorale a disporre l’annullamento delle due dichiarazioni di accettazione della candidature (“Non viene detto, in altre parole, perché l’autentica della sottoscrizione nel caso concreto non sia stata ritenuta regolare dall’Ufficio Elettorale”).

Sotto la lente d’ingrandimento dell’Ufficio elettorale, però, sarebbero finite le date delle dichiarazioni: quella di autenticazione risulterebbe anteriore a quella di sottoscrizione. Il modulo di accettazione della candidatura, in entrambi i casi, reca la data del 7 gennaio, mentre l’autenticazione delle firme, effettuata, come per tutte le altre dichiarazioni, dal consigliere provinciale Salvatore D’Arenzo (a sua volta candidato) reca la data del 4 gennaio per Piccirilli e del 5 gennaio per Di Scioscio.

La tesi difensiva si fonda sull’oggetto dell’autenticazione: l’esatta riferibilità della firma al soggetto che la appone, non l’autenticità degli altri elementi della dichiarazione. Si citano, peraltro, due sentenze del Consiglio di Stato che statuiscono come l’autenticazione non debba essere necessariamente effettuata contestualmente o nella stessa data in cui avviene la sottoscrizione della scrittura privata.

Al massimo, secondo l’avvocato, il consigliere provinciale potrebbe aver commesso delle “imprecisioni proprie di un’attività che non gli è abituale”, perché non è un professionista dell’attività, ma solo un soggetto a cui l’ordinamento affida il compito per velocizzare le operazioni. È lui stesso a far rilevare come alcune dichiarazioni siano prive della data mentre la dichiarazione dello stesso D’Arenzo rechi la data del 7 gennaio a fronte di un’autenticazione del 6 gennaio. Eppure, in questo caso l’Ufficio non ha dubitato dell’autenticazione (“e come avrebbe potuto, vista la coincidenza tra chi dichiara e chi autentica la dichiarazione”).

Il più corposo dei ricorsi, in 11 pagine, è stato presentato da Vittorio Presutto, delegato presentatore della lista del Partito Democratico e dai candidati Mariarita Valentino, Generoso Rignanese, Marcello Moccia ed Emilio Di Pumpo, difesi dall’avvocato Nino Sebastiano Matassa di Bari. Hanno chiamato in giudizio Ufficio elettorale, Provincia di Foggia e Prefettura.

La lista è stata ricusata perché secondo l’Ufficio elettorale le dichiarazioni di accettazione delle candidature e le sottoscrizioni dei presentatori della lista risultano autenticate da un consigliere comunale di Serracapriola, Vittorio Presutto per l’appunto, fuori dal territorio del Comune di sua appartenenza. Questo perché il consigliere comunale, diversamente dal consigliere provinciale, svolge le proprie funzioni esclusivamente nel territorio comunale in cui è stato eletto.

Il ricorso parte dal presupposto che il legislatore ha progressivamente esteso il potere di autenticazione nel procedimento elettorale “ad una serie via via più ampia di soggetti, proprio per agevolare e semplificare il meccanismo di presentazione delle liste elettorali”.

Altro elemento evidenziato è la peculiarità dell’elezione che, peraltro, avviene nell’ambito di un corpo elettorale assai ristretto, e si rammenta che “il procedimento elettorale è governato dal principio del favor partecipationis, finalizzato a garantire la più ampia partecipazione possibile delle liste e dei cittadini candidati, la piena rappresentanza e il diritto di elettorato passivo”. Si richiama, a tal proposito, una sentenza del Tar Abruzzo del 2014 che sancisce come l’aspetto formalistico debba cedere al criterio della massima tutela del diritto di elettorato passivo. Il provvedimento impugnato “ha disposto, invece, l’esclusione della lista sulla base di un 'inutile formalismo', tanto più ove si consideri l’evoluzione della norma che regola il potere di autentica e la peculiarità del procedimento elettorale in questione”.

Proprio alla luce della peculiarità del procedimento elettorale e tenuto conto dell’unicità del collegio elettorale, “non si vede per quale ragione (se non per un inutile formalismo) il potere certificativo del consigliere comunale dovrebbe essere limitato al territorio del comune nel quale è stato eletto”, scrive l'avvocato Matassa. Se il consigliere comunale può partecipare all’elezione - è sostanzialmente una delle tesi - è legittimato anche all’autenticazione delle firme.

Si conclude, poi, che “il vizio dell’autentica potrebbe configurare una mera irregolarità”, la dichiarazione di nullità delle autenticazioni sancita dall’Ufficio Elettorale, imporrebbe, invece, “una sanzione non prevista dalla norma e del tutto sproporzionata rispetto alla peculiarità del procedimento elettorale”.

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