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Guerra per il 'fuori onda' del Consiglio comunale: scatta la querela per "bullismo politico"

Botta e risposta tra il presidente del Consiglio comunale Salvatore Ricciardi e la consigliere comunale Nunzia Canistro. Il 'fuori onda' della discordia finisce sul tavolo del procuratore

Finisce sul tavolo della procura lo scontro tra il presidente del Consiglio comunale di San Giovanni Rotondo, Salvatore Ricciardi, e l’ex vice sindaco e consigliere comunale Nunzia Canistro. Al centro della vicenda, ci sarebbe un ‘fuori onda’ istituzionale dal quale emergerebbe la volontà di punire e offendere l’esponente della minoranza.

Accusa sin da subito rigettata da Ricciardi, ma ora al vaglio della procura dauna. Sì, perché per la Canistro si è trattato di “un atto di bullismo politico”. E, nel dettagliato esposto inviato all’autorità giudiziaria, ne illustra i motivi. “Il 18 maggio scorso - spiega la Canistro  - durante un fuori onda della seduta del Consiglio comunale in video conferenza, sono stata vittima di bullismo politico da parte del presidente del Consiglio comunale, il quale, pur di negarmi il diritto di parola, racconta ad una dipendente comunale di essersi messo d’accordo con il segretario comunale per farmi tacere sulla discussione e aggiunge: “La devo menare ad uccidere, lei mi chiederà la parola e io gli dirò no, lei forse non ha capito…..” Dall’ascolto di tale parole si evince palesemente la volontà del presidente di negami la parola in Consiglio per argomentare la mia interrogazione e di essersi organizzato anche con il segretario”.

”Un fatto grave sul quale, spero, la procura faccia immediata chiarezza”. E ancora. “Oramai non mi sento più al sicuro e chiedo alle istituzioni, tutte coinvolte, di intervenire al fine di ripristinare la legalità e la democrazia, perché sono vittima di intimidazioni politiche proprio da parte di chi dovrebbe, tra l’altro, garantire la mia dignità politica e la mia sicurezza come donna e rappresentate delle istituzioni. Durante il Consiglio comunale il tono utilizzato da Salvatore Ricciardi è stato irruente e mi ha causato un forte stato di agitazione e di ansia, tale per cui non riesco a svolgere con serenità il mio manato elettorale e sentirmi al sicuro in Comune”.

Conclude. “Sono stati utilizzate parole riconducibili ad un linguaggio arrogante e parole tipiche del maschilismo. Ho subito un atteggiamento violento. Ed il sindaco, mio malgrado, non ha speso una sola parola di solidarietà. Per tutelare la mia immagine e la mia incolumità, ho ritenuto opportuno presentare una denuncia penale, unitamente ad una lettera inviata al presidente del Consiglio dei Ministri e al governatore della Puglia Michele Emiliano. La magistratura accerterà la verità”.

Sulla vicenda, il presidente Ricciardi rimanda tutte le accuse al mittente: “Sono state strumentalmente e ancor più intenzionalmente estrapolate frasi fuori onda e fuori contesto in quanto riferibili ad una fase preliminare, non ufficiale, della seduta del Consiglio comunale del 18 maggio”, si difende. “La consigliera, come chiaramente si evince dalla registrazione della videoconferenza da lei pubblicata,  salta da un minuto ad un altro per rendere volontariamente artefatto il contenuto delle mie affermazioni le quali, se si ascolta integralmente e correttamente la registrazione ufficiale, oltre a non essere rivolte a lei, hanno tutt'altro contenuto. Infatti mai avrei adoperato frasi irrispettose nei suoi confronti come lei, scorrettamente, tenta di far credere poiché, come è facile ascoltare nella registrazione, né il tono né il contenuto sono di questa natura”.

Le affermazioni incriminate, puntualizza, fanno riferimento ad una “interpellanza presentata in ritardo dalla consigliera che, come spesso le succede non si attiene al rispetto del nostro regolamento comunale in cui è previsto che le interpellanze devono essere presentate entro il giorno 5 di ogni mese. Le mie affermazioni, quindi, si riferiscono alla salvaguardia dei principi e delle regole sul funzionamento del consiglio comunale, regole sempre rispettate dagli altri consiglieri di opposizione, che presentano le interpellanze nei termini previsti, tranne che da lei, la quale evidentemente si ritiene al di sopra di tutto e di tutti. Nello specifico, non avrei mai permesso di poter discutere la sua interpellanza, che tra l'altro non aveva nessun carattere di urgenza per la palese mancanza dei presupposti, nemmeno se l'avesse autorizzato il segretario comunale a cui la mia affermazione era rivolta”.

Poi la staccata finale: “Solo per dovere di cronaca, nonostante la consigliera avesse attribuito il carattere di urgenza alla sua interpellanza non si è nemmeno presentata in consiglio. Come di consueto, ormai, la consigliera Canistro cerca di creare, su basi inesistenti, un clima carico di offese, calunnie e bugie. Evidentemente non riesce a distinguere il piano politico-istituzionale da quello del livore personale. Pertanto, per difendere la mia dignità di uomo e di presidente del Consiglio comunale, alla luce di questa sua ennesima, gravissima e falsa accusa, mi vedo costretto ad agire per le vie legali poiché tali comportamenti ledono la mia onorabilità anche riguardo ai profili della privacy e sono tenuti al solo ed esclusivo scopo di screditare la mia figura di uomo e affermato professionista”. Il pallino ora passa alla Procura.

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