Il destino di Foggia nell'ultima 'puntata' di Landella
L'assessore Gazzani ha appreso dai giornali l'ipotesi di un'autosospensione del sindaco Franco Landella, istituto peraltro non previsto dalla normativa. Di certo il dilemma attanaglia il primo cittadino che non avrebbe mai voluto rassegnare le dimissioni
Era il 17 aprile. Franco Landella con gli occhi che brillavano e un sorriso per nulla tirato sotto la mascherina si compiaceva della sua squadra nuova di zecca, desiderosa di occupare il suo nuovo posto in aula e di sfilare davanti alla stampa per le foto di rito. Se la guardava come fosse il suo capolavoro, quell'operazione di marketing che un paio di mesi prima aveva buttato lì e gli era riuscita.
Alla fine della conferenza stampa, quando ha ceduto lo spazio alle domande, gli avevamo chiesto se avesse mai vagamente accarezzato l'idea di dimettersi. Con la battuta pronta aveva risposto che no, non ci aveva mai pensato: "Io accarezzo sempre ogni giorno mia moglie. Questa idea non mi è mai", e non ha completato la frase. "All’inizio per me sarebbe stato facile gettare la spugna, ma io amo la mia città".
Poi aveva consegnato l'immagine di lui insieme ai collaboratori in Comune, durante il lockdown, a distribuire buoni alimentari. "Lo abbiamo fatto per amore dei nostri concittadini, mettendo a rischio l’incolumità personale e anche dei miei figli, della mia famiglia e soprattutto dei miei genitori. Ho accettato questo rischio quindi oggi, in un momento particolare, gettare la spugna e scappare poteva rappresentare anche quasi un'autocondanna". E aveva richiamato l'insegnamento del padre, "male non fare, paura non avere": "Io sono sereno, la Commissione di accesso deve svolgere il proprio lavoro". Considerava un paradosso che qualcuno "per strumentalizzazioni politiche e finalità personali" fosse diventato tifoso dello scioglimento del Consiglio: "Quando c'era il dissesto conclamato ci rimproveravano perché volevamo il commissario, oggi hanno cambiato idea".
Non c'era motivo di dubitare delle sue parole: non aveva mai pensato alle dimissioni, solo un mese fa. Poi il 30 aprile la situazione precipita. I consiglieri comunali Leonardo Iaccarino e Antonio Capotosto vengono raggiunti da misure cautelari. Fino a pochi giorni prima del fattaccio, l'ex presidente del Consiglio comunale era incontenibile. "Andassero a fare gli accertamenti patrimoniali", andava ripetendo, come aveva fatto in un'intervista a FoggiaToday del 17 marzo, adombrando sospetti su immobili acquistati, disponibilità economiche e concorsi. Chiaramente, non potevano che essere derubricati a illazioni. Ma non è difficile immaginare che quelle congetture siano state consegnate agli investigatori. "Un nemico come Iaccarino non doveva mai farselo", ci disse. "È riuscito a decapitare Iaccarino perché lui è più forte, ma io me la gioco fino alla fine, perché ho la coscienza pulita". Com'è andata è cosa nota.
Il 4 maggio, il sindaco Franco Landella rassegna le sue dimissioni, dopo una riunione fiume a Palazzo di Città con pezzi della maggioranza, assessori e famiglia al completo in Comune. Seguono più o meno estemporanee dichiarazioni degli assessori, determinati a proseguire, fino all'11 maggio, alla vigilia del Consiglio comunale per le surroghe in seconda convocazione, quando l'assessore Salvatore Russetti con una lettera a capigruppo e sindaco propone una tregua istituzionale di otto mesi, precisando che la proposta non è stata concordata né con il sindaco né con altri.
Il 17 maggio, davanti al Tribunale di Foggia, ai cronisti, Landella spiegherà che non si è dimesso per la perquisizione nella sua abitazione del primo maggio, e nemmeno per il No Landella Day (successivo alla data delle sue dimissioni), con esternazioni nervose sui manifestanti. "Io non penso che ci siano le condizioni per continuare a svolgere questo ruolo, in un clima di sospetto", ha detto. Considera le dimissioni "un atto dovuto nei confronti dell'istituzione Comune ma soprattutto della magistratura che deve fare il proprio corso".
Parla di "gente che ha usato e abusato facendo millantato credito nei miei confronti". Quando lo incalzano sull'ipotesi di un ritiro delle dimissioni ripete che lui le ha rassegnate. Parole che si potrebbero prestare anche a una diversa interpretazione: se si ristabilissero le condizioni potrebbe continuare a svolgere quel ruolo. Ma non c'è più tempo. Ha annunciato in quell'occasione anche una conferenza stampa, "perché non prendo lezioni di moralità da parte del Pd". E rispolvera lo scandalo delle mazzette in Comune del 2014. "Nessuno ha avuto la sensibilità di dimettersi". I fantasmi del passato tornano anche sui social, come a provare a scagionarlo, assieme ai supporter che fino a pochi giorni fa erano spariti dalla piazza virtuale.
La volontà di restare fa a botte con "il clima di sospetto", altrimenti si sarebbe giocato fino all'ultima carta per ricompattare i suoi.
Nelle ultime ore è circolata l'ipotesi di un'autosospensione. Almeno un paio di assessori dicono di non saperne niente. "Non lo so, io la sto leggendo dai giornali veramente, e rimango così", forse voleva dire perplesso il Colonnello Francesco Gazzani, assessore alla Sicurezza del Comune di Foggia. Nella riunione di martedì, "abbiamo parlato di altre cose", assicura. E alla domanda se ci siano i margini, secondo lui, per il ritiro delle dimissioni, risponde con tono istituzionale: "Io non sono politico, non posso dirle queste cose. Io sono un tecnico, anzi sono già fuori posto secondo il mio punto di vista. Io penso che bisogna operare e lavorare per il bene della città e dei cittadini, questo è, e questo era il mio unico fine". Pare non ne sapesse nulla neanche il vice sindaco Antonio Nembrotte, benché meno i partiti.
Non è peregrina l'ipotesi che a Landella possa essere balenata in mente anche questa idea. Per quanto non esista l'istituto dell'autosospensione, quello forse più noto di Giuseppe Sala nel 2016 non è l'unico precedente. Il sindaco di Milano, all'epoca iscritto nel registro degli indagati nell'ambito dell'inchiesta sulla piastra Expo, si appellò all'ostacolo temporaneo a svolgere le funzioni. Anche nello Statuto del Comune di Foggia che ricalca l'articolo 53 del Tuel si legge che "il vicesindaco sostituisce il sindaco in caso di assenza o di impedimento temporaneo", oltre che nel caso di sospensione disposta dal prefetto per condanne o anche per l'applicazione di misure coercitive. Le ragioni dell'assenza o l'impedimento temporaneo in alcuni statuti sono esplicitate nei "motivi di diritto o di fatto".
Nel 2018 il sindaco di Limbiate (MB) si era autosospeso per seguire la campagna elettorale. Nel 2019 il sindaco di Cervaro, in provincia di Frosinone, raggiunto da una misura cautelare, si era autosospeso quando il prefetto aveva revocato la sospensione; a febbraio di quest'anno lo ha fatto la sindaca di Casal Velino, raggiunta però dal divieto di dimora nel comune. Entrambi si sono presi una pausa nell'attesa di chiarire la loro posizione.
A proposito di casistica, secondo l'ultimo dossier disponibile dell'Anac - La corruzione in Italia (2016-2019) - nel periodo in esame sono stati 207 i pubblici ufficiali/incaricati di pubblico servizio indagati per corruzione, il 23% del totale sono stati politici. Di questi 47, ne sono stati arrestati 43, tra cui 20 sindaci.
Tornando all'ipotesi dell'autosospensione - o meglio, della revoca delle dimissioni per poi ricorrere all'assenza o all'impedimento temporaneo - la giravolta sarebbe solo l'ennesimo escamotage per non arrendersi all'evidenza. Che non dispererebbe fino all'ultimo lo pensa anche chi se lo immagina, un giorno, a guidare una civica tentando la riscossa.
La sua maggioranza gli ha evitato la disfatta dello scioglimento, ma se ritirasse le dimissioni i consiglieri avrebbero un grosso problema di coscienza. Questa volta non si può tornare indietro. "Per il bene della città".