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INTERVISTA | Pecorella smonta la tesi dei detrattori. E Vigilante?: “Sono sorpreso, appoggiava me”

Insidiato dal 'Manifesto per il Parco' e da Raffaele Vigilante, Stefano Pecorella crede nel bis alla presidenza del Parco del Gargano. La partita si gioca tra Roma e Bari

Prima commissario, poi presidente del Parco Nazionale del Gargano, Stefano Pecorella è in piena battaglia per ottenere la riconferma alla guida dell'ente. La proroga concessa scade a fine aprile e per quella data Ministero dell'Ambiente e presidente della Regione Puglia dovranno aver deciso per la successione.

Il clima è di enorme fibrillazione. I detrattori sono già usciti allo scoperto con un manifesto contro la sua gestione mentre le associazioni ambientaliste hanno praticamente sfiduciato l'operato fin qui condotto dall'avvocato manfredoniano.

C'è poi qualche sindaco dei comuni ricadenti nel perimetro del parco che ha manifestato contrarietà al prosieguo di Pecorella. E però nessuno ha voce in capitolo nella faccenda, che è questione squisitamente politica. La partita si gioca tra Roma e Bari.

Quando lo incontriamo il presidente uscente ci appare tranquillo; d'altronde sembra poter godere, seppur  ancora sotto traccia, di un consenso politico trasversale, che va da Forza Italia a Pd, passando per i civici di Leonardo Di Gioia, con l'Udc e il M5S uniche forze politiche sino ad ora ad aver chiesto ufficialmente un cambio di passo. 

Presidente, perché questi attacchi? 

È fisiologico. Quando arriva il momento delle nomine, ovunque, ciascuno vuole dire la sua. Accade anche per la presidenza dell'ente parco. Emblematica è la vicenda di Matteo Fusilli, tra i più compianti presidenti del Parco al quale noi abbiamo intitolato la sala della comunità del parco. Fece cose straordinarie, certo con condizioni diverse di bilancio. Eppure, a scadenza, ebbe forti detrattori e non venne riconfermato. Dunque, che si apra una discussione è fisiologico. La domanda però è: è una discussione di merito o distorta per altri interessi?

Quali interessi?

Gli interessi sono tanti: politici, istituzionali, partitici.

Dunque si tratta di accuse strumentali mosse da interessi altri rispetto al destino del Parco?

Non voglio dire questo. Però dobbiamo confrontarci nel merito. Io sono andato all'appuntamento di Vico del Gargano pur senza essere stato invitato. E malgrado stiamo parlando di una trentina di persone su duecentomila residenti del parco. Ma ci sono andato. Ed ho chiarito, punto per punto, le accuse contenute in quel manifesto. Perché, di fondo, c'è da tener ben presente un dato: quando si parla di gestione scollata dal territorio bisogna ricordarsi che il Parco non ha una gestione monocratica. Bensì collegiale. Ed è bene che sia chiaro che quasi tutti i provvedimenti adottati  dal consiglio direttivo sono stati approvati all'unanimità. Pochissimi i pareri discordanti giunti in questi anni. 

Della serie, o c'è una responsabilità diffusa o non c'è, è questo? 

I sindaci hanno lavorato assieme a me. E abbiamo lavorato molto, malgrado la riduzione delle risorse. Certo, tutto è perfettibile ma l'ente ha ascoltato il suo territorio. Tant'è che i sindaci hanno uno strumento tra le mani: la sfiducia, ma non l'hanno utilizzato. E poi, mi faccia, dire, è bene che ci intendiamo sul concetto di percezione. Abbiamo esteso la nostra superficie boscata, ad esempio. È un elemento che si percepisce? Probabilmente no. Abbiamo introdotto la carta europea del turismo sostenibile che lavora sul lungo periodo, abbiamo fatto economie tagliando le spese per quelle kermesse e quei contenitori fieristici che si sono rivelati un fallimento, abbiamo candidato il Parco al MaB Unesco. Le cose le abbiamo fatte, sinergicamente. Non si è lavorato in solitaria. 

Però c'è una accusa che fa rumore: clientelismo.

Sono stati i sindaci stessi a respingerla. Un consigliere ha chiesto le firme nominali di quel manifesto per procedere legalmente. Ma io non sono per le contese davanti agli organi giudiziari. Anche perché penso che sia errato il termine: probabilmente avrebbe voluto intendere favoritismi, attenzione ad una porzione di territorio e ad alcuni portatori di interesse piuttosto che ad altri. Ma siamo l'ente più trasparente di Italia. Basta guardare gli atti, che sono a disposizione di tutti.

A quanto ammonta il bilancio dell'ente?

Un milione e quattrocentomila euro, poco più. Di cui il 50% è assorbito dal costo del personale. Non credo che con queste cifre si possa fare più di quanto abbiamo fatto. E che, ripeto, abbiamo fatto collegialmente. Tant'è che sono numerosi i soggetti che mi stanno pubblicamente sostenendo, seppur io non abbia chiesto nulla a nessuno. Però fanno meno clamore. O forse semplicemente c'è chi millanta di avere dietro chissà quale seguito.

A chi si riferisce, agli autori del Manifesto?

Dicono di avere seicento persone dietro. Non le ho viste.

Ma ci sarà qualcosa di vero se contro di lei si è schierato anche uno degli ambientalista di punta, Raffaele Vigilante. Sceso in campo, peraltro, a contenderle la poltrona.

Raffaele è un amico. Naturalmente mi sorprendono le critiche visto che fino a poco tempo fa mi appoggiava. Evidentemente gioca la sua partita.

E, in quest'ottica, non ritiene che il Parco abbia necessità di una guida meno politica, che non viva l'imbarazzo di doversi opporre a quei provvedimenti ambientali nazionali spesso in contrasto, o ritenuti in contrasto, con la tutela dei territori?

Assolutamente. Perché a guidarci è la coscienza. Io stesso sono il frutto di una nomina avvenuta col parere favorevole di un governo opposto alla mia area politica (Vendola/Climi) perché, essendomi schierato contro le perforazioni petrolifere, non ebbi il supporto del "mio" governo Berlusconi e, pertanto, dell'allora ministro Prestigiacomo. È una questione di coscienza, non di appartenenza politico-ideologica. Perché anche l'ideologia fa tanto. Le associazioni ambientaliste, parliamone. La loro azione è tutta tesa alla conservazione. Anche questa è appartenenza ideologica e può collimare con lo sviluppo sostenibile, che è quello che il Parco deve attuare. Le faccio un esempio.

Prego.

La famosa o famigerata superstrada del Gargano. La comunità dei sindaci ha chiesto sostegno per questa infrastruttura. Gli ambientalisti sono ideologicamente schierati contro. La mia posizione ha cercato di tenere insieme le due ragioni, vale a dire sì alla infrastrutturazione del territorio, a condizione che sia sostenibile. Sa cosa è accaduto? 

Cosa.

Sono stato accusato di voler deturpare il territorio. Ecco l'ideologia. Non a caso la legge parla chiaro sul profilo, ad esempio, del prossimo direttore: non deve essere un naturalista, bensì un manager. Il Parco del Gargano non è un elemento statico. Ma una realtà dinamica. Ed io ho lavorato in questa direzione.

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