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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica San Severo

Incendio 'Gran Ghetto', la politica insorge: il villaggio di cartone va chiuso

Sul grave incendio della scorsa notte, intervengono Nico Bavaro, Napoleone Cera, il presidente del comitato di Protezione Civile del Consiglio regionale, Ruggiero Mennea, Guglielmo Minervini e Cislaghi

L'incendio del Gran Ghetto, avvenuto la scorsa notte, scuote e interroga la politica. Per cause ancora da accertare, le fiamme hanno avvolto e distrutto numerosissime baracche costruite con materiali di fortuna nel territorio a cavallo tra Foggia, Rignano Garganico e San Severo, e quattro migranti sono rimasti intossicati. Fortunatamente non ci sono state vittime, ma la situazione era e resta gravissima.

Nico Bavaro di Sel | “L’incendio del ghetto nelle campagne tra San Severo e Rignano fa il paio con l’incendio di qualche settimana fa nel ghetto di Borgo Mezzanone e con la morte di un lavoratore nel ghetto di Andria. Tre episodi nel giro di pochi giorni su cui credo sia urgente e necessario fare luce per capire se si tratta di episodi slegati o se, invece, ci sia una regia dietro gli incendi. E’ il momento di agire. Il nostro gruppo consiliare in Regione è riuscito a ottenere 1 milione di euro proprio per il trasporto e l’accoglienza dei lavoratori nei campi: si faccia subito un tavolo con i Comuni, con le associazioni interessate al tema e con i sindacati, per elaborare proposte urgenti che sottraggano i lavoratori al controllo dei caporali e alla mortificazione dei ghetti. Basta schiavitù.”

Napoleone Cera, consigliere regionale dei 'Popolari' | Non è la prima volta, infatti, che si verificano incidenti di questo tipo, a testimonianza del fatto che la situazione sia diventata ormai insostenibile. La baraccopoli è totalmente abusiva, pericolosa, sporca, priva di servizi igienici adeguati, ai limiti dell’umanità. Ci vivono persone in condizioni estreme e questo è inaccettabile. Senza dimenticare che rappresenta uno dei peggiori simboli del caporalato. Una macchia per l’intera regione Puglia, da sempre terra di accoglienza. Come è possibile permettere tutto questo? Il governo regionale da anni promette la chiusura del ghetto. Ma ad oggi nulla è stato fatto. Che fine ha fatto “Capo Free? Ghetto Off”? Il piano di azione sperimentale per un’accoglienza dignitosa e il lavoro regolare dei migranti in agricoltura avrebbe dovuto risolvere la questione, invece il ghetto è ancora lì. Cosa s’intende fare in proposito? Speriamo solo che non servano altri incendi perché s’intervenga in modo definitivo”.

Ruggiero Mennea, presidente del comitato di Protezione Civile del Consiglio regionale | “Questo governo regionale sta lavorando per risolvere il problema alla radice, tanto è vero che oggi pomeriggio era stato convocato l’incontro che doveva stabilire il piano operativo per la chiusura del ghetto e l’attivazione del modello di case modulari che dovranno ospitare i lavoratori nei pressi delle aziende in cui lavorano. Questo per allontanarli definitivamente dal ghetto e da una condizione di sfruttamento, legata alla presenza dei caporali. Teniamo conto del fatto che attualmente il ghetto ospita 300 persone, ma nel periodo di raccolta del pomodoro queste diventano duemila. La nostra sezione di Protezione civile, proprio in virtù del progetto Smart Protezione Civile Puglia, intende attivare un'iniziativa che porta ad occuparsi anche dell’emergenza immigrati in generale perché riteniamo che la tutela degli esseri umani, al di là del Paese di appartenenza, sia sacrosanta”.

Così in una nota il capogruppo di ‘Noi a Sinistra’, Guglielmo Minervini | “Ancora un incendio al Ghetto di Rignano, con ogni probabilità causato da un riscaldamento di fortuna. Oggi tiriamo un sospiro di sollievo perché poteva andare molto peggio. Ma per quante altre volte pensiamo di poter fare affidamento al fato?”  Il Governo regionale e l’assessorato all’Agricoltura convochino subito le organizzazioni datoriali e le imprese agricole. Se si vuole davvero chiudere il Ghetto, il momento migliore è adesso, prima che il Ghetto torni a ripopolarsi con gli stagionali. Questo è il tempo giusto per avviare il lavoro per costruire una filiera che tenga assieme un giusto prezzo del prodotto con un giusto compenso del lavoro, per spezzare in questo modo la catena del caporalato e dello sfruttamento. Le aziende devono sapere che la vergogna del Ghetto prima o poi ricadrà sul prodotto e sulle stesse aziende, con un crollo reputazionale e tutto quello che ne conseguirà in termini economici. Quando le aziende capiranno che bisogna pagare i lavoratori il giusto, e quindi pretendere dal mercato il giusto, il Ghetto sarà svuotato. Perché nessun essere umano sceglie di vivere in quelle condizioni. C’è il Ghetto perché c’è lo sfruttamento. E allora le aziende devono fare la loro parte, così come la devono fare le istituzioni. Nessun finanziamento deve essere dato a tutte quelli che non dichiarano neppure una giornata di lavoro, cominciando dal prossimo PSR. È inaccettabile che aziende che con ogni evenienza ricorrono in toto a forme di lavoro in nero, attraverso lo sfruttamento e il reclutamento tramite caporali, siano lasciate libere d’agire.”

Giorgio Cislaghi, esponente di Alternativa Libera: “Brucia il Ghetto pochi giorni prima che iniziasse l’intervento di Regione Puglia per dare un aiuto umanitario ai migranti lavoratori stagionali primo passo per un’azione più decisa di contrasto al caporalato e al lavoro nero nelle campagne. Un incendio che, indipendentemente dalla sua natura accidentale o dolosa, rende più difficile l’azione di chi, insieme alla Regione, è impegnato nella costruzione di percorsi di legalità che coinvolgano i migranti in prima persona e al Ghetto in molti avevano manifestato la loro volontà di affrancarsi dai caponeri/caporali che li sfruttano e li fanno vivere in condizioni indegne di un paese civile. Che il ghetto fosse ormai l’anello debole per il sistema “caporalato-mafia delle campagne”, che ci fossero in atto azioni per il suo svuotamento, era ben chiaro perché dopo le riunioni con i migranti, a differenza di altri ghetti, gli arrivi erano diventati rari e molti migranti avevano iniziato a trovare altre sistemazioni. L’incendio contribuirà ad accelerare lo svuotamento del Ghetto. Ora ci aspettiamo che il sistema Ghetti, caporali, lavoro nero, prezzi dei prodotti agricoli assurdamente bassi sia seriamente messo in discussione dalle autorità preposte con un lavoro di squadra che miri a eliminare la piaga dell’illegalità e del lavoro nero. Dove c’è malaffare, non ci sono diritti per i lavoratori e non c’è spazio per chi vuole produrre rispettando l’etica della legalità".

Rosa Barone, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle: “Quello che è accaduto ha dell’inverosimile, per fortuna non ci sono morti ma il bilancio è comunque negativo se pensiamo che il ghetto rappresenta principalmente il fallimento della politica vendoliana che ha permesso che fosse lasciato e abbandonato a se stesso in quel modo, anni nei quali alle parole non sono seguiti i fatti”. Nel Ghetto vivono lavoratori spesso sfruttati dai caporali, immigrati e profughi, in un vero e proprio villaggio senza regole e senza tempo, che in alcuni mesi dell’anno soprattutto estivi, arriva ad ospitare centinaia e centinaia di persone, il tutto in condizioni igieniche scarsissime e precarie. Era settembre del 2015, quando il presidente Emiliano proclamò ai quattro venti, che nell’imminenza si sarebbe chiuso il ghetto stesso, “ma ancora una volta alle parole non sono seguiti i fatti. Sono preoccupata soprattutto per le persone coinvolte che ancora non sappiamo come trascorreranno la notte, e ovviamente non si può non considerare anche il danno ambientale in corso, decine e decine di elettrodomestici incendiati e di materiale contenente amianto e mercurio hanno generato inquinanti dispersi nell’aria e nelle falde acquifere. Non dobbiamo dimenticare che nelle stesse condizioni versa il campo di Arpinova, sempre in provincia di Foggia, mi aspetto ora un intervento incisivo della Regione per questi ghetti, con un piano serio di rimodulazione e sistemazione abitativa alternativa per queste persone. Non aspettiamo che arrivi il prossimo disastro per versare lacrime di coccodrillo, quanto è accaduto è anche causato da una negligenza della passata politica regionale e dell’attuale governo”

Giannicola De Leonardis, consigliere regionale del ‘Movimento Schittulli-Area Popolare’: “Regno dell’illegalità”, l’aveva definito l’assessore alle Politiche giovanili, alla Trasparenza, alla Legalità e all’Immigrazione della Regione Puglia, Guglielmo Minervini, nel corso di una riunione tenutasi alla Prefettura di Foggia il 13 maggio del 2014. Il riferimento era al ‘Ghetto, la baraccopoli abusiva nata una quindicina di anni fa nelle campagne tra Rignano Garganico, San Severo e Foggia, e diventata nel tempo un riferimento per gli immigrati di passaggio alla ricerca di un lavoro nelle campagne, e chi ricerca manodopera a basso costo senza scrupoli di sorta.  Una terra di nessuno, regno dell’illegalità ( non solo legata al lavoro nero), ma anche dell’assoluta mancanza di decoro, igiene, di qualunque elemento possa caratterizzare una qualità della vita degna di un essere umano. Ben nota a chiunque, soprattutto dopo l’enorme eco mediatica prodotta nel 2006 dall’inchiesta del giornalista de L’Espresso Fabrizio Gatti, ‘Io schiavo’, nelle campagne della provincia di Foggia. Ma le risposte istituzionali, della Regione Puglia in primis, non si sono rivelate all’altezza dell’emergenza sempre più dilagante e preoccupante. Saltando una lunga serie di passaggi, di denunce, di prese di posizione, mi limito solo a ricordare la firma dell’ente nel maggio 2013 con l’Aquedotto Pugliese di un protocollo di intesa ‘per la realizzazione di un Assessement Watersanitation negli insediamenti di immigrati impiegati nell’agricoltura stagionale della provincia di Foggia’ (allegato C alla Deliberazione Giunta Regionale 3 maggio 2013, n. 853 - Piano Triennale dell’Immigrazione 2013-2015), dal quale si evinceva che, fra le 4 località in cui attivare i punti di prima assistenza igienico-sanitaria previsti per il 2013, insieme a ‘Cicerone, in agro San Marco in Lamis’, ‘Masseria Tre Titoli, in agro di Cerignola’ e ‘Palmori, in agro di Lucera’, fosse annoverato anche il Ghetto di Rignano, definito ‘località ‘Il Ghetto’, in agro di San Severo’, come se fosse compreso nel piano delle proprietà pubbliche, mentre quell’agglomerato fatiscente sorgeva su proprietà privata: iniziativa nata da intenti nobili ma discutibile sia sul piano formale che sostanziale. E ancora, il fallimento annunciato (e costoso) dei tre Alberghi diffusi nati da quelle stesse parti – uno dei quali attivato a sei anni dall’inaugurazione - ma riservati esclusivamente a braccianti con il permesso di soggiorno. La decisione del governo regionale di smantellare ‘definitivamente’ il Ghetto, secondo quanto definito nel ‘Piano di azione sperimentale per un’accoglienza dignitosa e il lavoro regolare dei migranti in agricoltura’, deliberato il 2 aprile 2014 (pubblicato nel B.U. R. Puglia del 16 aprile successivo), entro il mese di luglio. Ma quel Ghetto è rimasto lì, sospeso tra il sogno e la speranza impossibile di spazzare via quel regno di illegalità e prevaricazione, e garantire al tempo stesso a migliaia di ‘ospiti’, in particolare nella stagione estiva, una transizione e una permanenza decente, almeno decente, e alla luce della legalità.  Cambiato poi l’esecutivo regionale, il Presidente Michele Emiliano, dopo essersi sbilanciato nell’ennesima promessa nel corso di un convegno alla Fiera del Levante nel settembre dello scorso anno, ai primi di gennaio ne aveva annunciato la chiusura ‘ad horas’. E oggi, dopo l’ennesimo inquietante episodio che ha riacceso i riflettori mediatici sul Ghetto, ha spiegato che l’incendio della scorsa notte ha preceduto di qualche giorno le operazioni di ‘sgombero umanitario’ da attuare d’intesa con la Prefettura di Foggia per porre fine ‘a una situazione inaccettabile dal punto di vista umanitario, igienico e di ordine pubblico’. Ci sarebbe un nuovo Piano, per mettere fine a una vergogna che una fine sembra non conoscerla. Questione di giorni, dopo oltre un decennio di attesa. Speriamo”.

Maria Emilia de Martinis di Changes: “È una parola che ha il segno della segregazione, dello sprezzo dell'altro. Storicamente ci sono sempre stati i ghetti abitati dai 'non voluti'. I ghetti sono il simbolo di un gruppo dominante che schiaccia e umilia in modo arbitrario chi percepisce diverso da sé, inferiore a sé. Nel passato erano statuiti, oggi 'abusivi', ma comunque, di fatto, istituiti più o meno formalmente. In un modo o nell'altro continuano ad esistere e siamo nel 2016. L'importante che il 'diverso' sia lontano dai nostri occhi e non importa se stanotte anziché sotto una misera tenda il nostro fratello diverso dormirà sotto le stelle, non importa se le stelle sono le medesime, l'importante è che i nostri occhi non lo vedano soffrire, piangere, pregare... Troppo doloroso per noi!”

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