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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica Manfredonia

"Non sono un mafioso". L'ex sindaco Riccardi sull'incandidabilità: "Cassazione ancora non si pronuncia"

La solidarietà di Angelo Riccardi a tutti gli ex amministratori oggetto di attacchi di certa politica. "I veri mafiosi, intanto, continuano tranquillamente nei loro loschi affari". L'ex sindaco di Manfredonia rettifica l'errore di alcuni organi di informazione: "Non riguarda me"

L'ex sindaco di Manfredonia Angelo Riccardi è ancora in attesa di sapere se la Corte di Cassazione confermerà la sua incandidabilità. Nel luglio del 2021 il Tribunale di Foggia si era espresso in tal senso, stroncando, non solo le mire politiche dell'attuale consigliere politico di Michele Emiliano, ma anche quelle dell'ex vicesindaco della città sipontina Salvatore Zingariello.

All'indomani delle notizie pubblicate da alcuni organi d'informazione (non da Foggiatoday) - per quanto ritenga l'esito del giudizio "purtroppo scontato" - l'ex sindaco di Manfredonia nell'anno in cui il Comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose - dopo aver evidenziato "la complicità della stampa ad offrire una narrazione sensazionalista del ruolo dei politici ingiustamente coinvolti negli scioglimenti degli enti per infiltrazioni mafiose", denuncia come "con la più classica delle operazioni di comunicazione, senza nemmeno preoccuparsi della lettura della sentenza, ma con la sola esigenza di sputare la notizia al popolo, hanno dichiarato la conferma dell’incandidabilità del sottoscritto, di Salvatore Zingariello e di Antonio Conoscitore da parte della Cassazione".

"Hanno preso una cantonata" tuona Riccardi. "La sentenza n. 24566/2022 del 9 agosto riguarda solo Antonio Conoscitore, ed il sottoscritto è ancora in attesa che la suprema Corte di Cassazione si pronunci. Chiaramente, pur di fare un po’ di click in più sui propri siti di pseudo informazione, anche altri giornali hanno ritenuto di rilanciare la stessa falsa notizia, preoccupandosi di metterla anche in evidenza. Ovvio che siamo di fronte ai soliti cialtroni e seppure l’esito del giudizio della Cassazione è purtroppo scontato, condanno assolutamente questo modo di fare informazione. Non mi aspetto nulla dalla giustizia italiana su questo tema e ho già preventivato un ricorso alla Corte di Giustizia Europea, ma è obbligo etico e morale dei giornalisti dare notizie corrette e verificate. Non intendo querelare nessuno per l’ennesima diffamazione nei miei confronti con tutti i danni a carico della mia famiglia, ma spero almeno che certa stampa possa mettersi una mano sulla coscienza e cominciare a fare per bene il proprio mestiere".

Proprio ieri Angelo Riccardi era tornato sul provvedimento di scioglimento per intiltrazioni mafiose del Comune di Manfredonia, esprimendo, senza troppi giri di parole, la solidarietà personale nei confronti di tutti gli ex amministratori "che in questi giorni sono stati bersagli vergognosi di certa politica, incapace di dare risposte concreti ai problemi della gente".

L'ex sindaco della città sipontina dichiara: "Io non sono mafioso e lo dirò finché avrò la forza di farlo". Il consigliere poltiico di Michele Emiliano boccia la conduzione della campagna elettorale da parte dei candidati foggiani alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica: "Nella provincia ormai abbandonata al suo destino le questioni di fondo ed i nodi del malessere che ci attanagliano da tempo, sono stati del tutto dimenticati".

Il testo del post di Angelo Riccardi

"Non solo non si ha il coraggio di ammettere pubblicamente che siamo nelle mani della mafia e della criminalità, ma lì dove ci sono stati comuni sciolti per paventate infiltrazioni, come a Manfredonia, alcuni personaggi, con evidenti scheletri nell’armadio, invece di tirare fuori gli attributi ed indicare sul piano politico le strade da percorrere affinché la nostra terra possa sottrarsi al malaffare, facendo anche espliciti riferimenti ai clan e ai loro affari, si permettono il lusso di prendersela con gli sciagurati (a loro dire) amministratori macchiati da provvedimenti palesemente incostituzionali, nati sulla spinta emotiva delle stragi di Capaci e di via d’Amelio nei 57 giorni che nell’estate del 1992 cambiarono la storia dell’Italia. Questi politici di carriera, unicamente per un proprio tornaconto personale, fanno credere agli elettori che i veri mafiosi non sono i criminali, ma gli amministratori locali, incappati nell’assurda disposizione legislativa art. 143 del Tuel che ha permesso a governi di diverso colore politico, con discrezionalità assoluta, di bollare persone ed intere comunità come mafiose.

Questi stessi politici, anziché interrogarsi sugli ultimi avvenimenti che hanno visto una sparatoria nel luna park di Manfredonia ed un giovane di 20 anni brutalmente ammazzato da un suo coetaneo ad Orta Nova, e sulla lunga scia di sangue degli ultimi anni in tutta la provincia di Foggia, invece di porsi il tema del ruolo della famiglia, della scuola e della chiesa e di come riannodare i fili spezzati di un dialogo ormai inutile, retorico ed inconcludente, si gettano nella più comoda caciara della diffamazione e della denigrazione dell’avversario, utilizzando un termine che è come incidere a fuoco sulla carne delle persone la parola “mafioso”, con tutto quello che un timbro del genere causa non solo all’interessato, ma alla sua famiglia, alle sue relazioni e anche alla sua esistenza. A tal proposito è utile ricordare che quasi la totalità degli amministratori coinvolti non è stata mai raggiunta da alcun provvedimento giudiziario.

Se vogliamo stare ai numeri di questa insana pratica degli scioglimenti, nessuno può chiamarsi fuori, nel 2021 dei 14 comuni sciolti per mafia il 57,1% sono liste civiche, il 14,3% Centro-Destra ed il 28,6% di Centro-Sinistra. In Capitanata, invece, si passa tutti per mafiosi, al servizio delle bande criminali, con la complicità di certi libri e giornali che offrono una narrazione sensazionalista del ruolo dei politici ingiustamente coinvolti.

Abbiamo bisogno di uno Stato capace di individuare problemi e responsabilità quando esistono veramente e non per buttare fumo negli occhi della gente, alimentando i mezzi di informazione con operazioni di propaganda. Lo scioglimento dei Consigli si presenta come un’operazione salvifica che, come tutte le operazioni imposte dallo Stato, senza una chiara capacità comunicativa e di presenza credibile, non sortisce gli effetti che promette. Al contrario produce danni irreversibili alle persone e alle economie delle comunità coinvolte con una forza incredibile, senza che si poggi su alcun plausibile fondamento giudiziario.

Sia chiaro ai tanti moralisti che non esistono enti sciolti per mafia che, dopo la presenza inutile dei commissari, siano stati bonificati (anche lì dove c’erano per davvero) dai condizionamenti mafiosi. Lo scioglimento è un provvedimento infame, che scatta su ricostruzioni anonime appositamente propinate da avversari politici, da parentele e frequentazioni spesso raccontate e riportate nelle relazioni delle commissioni di accesso in modo da creare un collegamento di fatto senza alcun indizio. È un meccanismo assurdo che un paese civile non si può permettere.

Lo scioglimento per mafia macchia intere città, ma evidentemente fa troppo comodo alla politica, unica beneficiaria di questa soluzione assolutamente inutile adottata dallo Stato. I veri mafiosi, intanto, continuano tranquillamente nei loro loschi affari. Io non sono mafioso e lo dirò finché avrò la forza di farlo e sento il dovere di esprimere la mia solidarietà personale a tutti gli ex amministratori che in questi giorni sono stati bersagli vergognosi di certa politica, incapace di dare risposte concreti ai problemi della gente. Attenzione, però, perché la ruota gira per tutti ed anche velocemente".

Pubblicato alle 14.37 del 19 settembre e aggiornato alle 11.50 del 20 settembre

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