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'Parabellum', la visione di 'Mediante': "Se la guerra è un mestiere, bisogna lavorare per la pace"

Ieri pomeriggio, dinanzi al pronao della villa comunale di Foggia, l'evento firmato Collettivo Mediante, in collaborazione con Avl e Teatro della Polvere

L'inutilità della produzione bellica 'esplode' a Foggia. Lo fa attraverso l'arte visuale del Collettivo Mediante che, in coproduzione con Avl e con il sostegno del Teatro della Polvere, ha realizzato la performance 'Parabellum. una parola per la guerra', una videoinstallazione con performance partecipata presentata alla città ieri sera, dinanzia al pronao della villa comunale cittadina.

"L'idea nasce da domande che ci legano in maniera drammatica, nella nostra quotidianità, alla produzione delle armi", spiega a FoggiaToday Pasquale 'Oa' Pilone di 'Mediante'. "Con questo lavoro, quindi, si vuole oltraggiare questo aspetto utilizzando la parola e il suo significato. Noi - aggiunge - vogliamo prendere una posizione contraria allo stato di guerra partendo dai linguaggi che ci appartengono al livello professionale. Se la movimentazione bellica produce movimenti anche economici, la guerra può essere considerato, al contrario della pace, un mestiere. Per questo è necessario lavorare ancor di più per la pace". 

LA PERFORMANCE | Due ledwall verticali, dall’altezza superiore ai due metri, ai lati del pronao della villa, uno proietta il video di una donna di origine ucraina che legge il significato della parola pace nella sua lingua natia e sull’altro il video di una donna russa che legge anche lei il significato della parola pace, ma in russo. Al centro, dal vivo, due performer che trasportano una custodia di ferro, scomoda e pesante, la aprono, iniziano a montare quella che sembra un’arma da guerra: un fucile o un bazooka. Il rumore di ferraglia che caratterizza il montaggio evoca, inizialmente, sentimenti di paura, di instabilità e, in seguito, di stupore quando, inaspettatamente, quella che sembra un’arma si palesa, invece, come un leggio su cui viene poggiato un dizionario di lingua italiana. Anche i due attori, entrando in dialogo con le due donne, leggono il significato della parola pace nella loro lingua di origine. I performer lasciano spazio a chi vorrà avvicinarsi a leggere una parola qualsiasi del dizionario. È un 'No', chiaro ed evidente, alla inutilità della produzione bellica: il mondo non ha bisogno di un’arma da guerra in più, ma di più parole, non vacue ma di costruzione. Il leggio è una realizzazione dell’artista visivo Pasquale Oa, del collettivo Mediante. Ogni singolo pezzo del manufatto è stato pensato, attraverso un disegno ossessionato, esasperato, per avviare una riflessione su quei linguaggi, quei codici stilistici propri di alcuni oggetti del nostro quotidiano e che ci legano, in maniera drammatica, alla guerra. 

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