‘Un po’ per gioco…un po’ per non morire’: a Foggia la mostra di Manduzio "divisa in due"
Ancora una volta, una mostra divisa in due. Una parte al Palazzetto dell’Arte, l’altra al Museo Civico. Questo, per un artista che credevamo ormai “specializzato” in un’arte tutta particolare e riconoscibilissima, quella del dar vita ed anima a frustoli di vecchi tomi. E invece, ecco che, quando ormai la cifra è quella e la firma è di facile attribuzione, il nostro vira decisamente e si volta all’indietro, recuperando modi e stili di tanti anni fa.
L’aggiornamento linguistico della sua pittura, che è quasi un precipitato, un distillato dell’arte del Novecento, non è infatti mai fine a se stesso. È come se egli avesse messo in una centrifuga le connotazioni di forma, movimento, spazio, linea, superficie su cui il dibattito sulle arti visive è stato più alto e poi, avendone ricavato forme originali, nuove dimensioni spaziali e tessiture (anche cromatiche) particolari tra i vari elementi, non si fosse sentito pago di tali stilemi formali ma li avesse piegati ad una lettura più approfondita della realtà. L’evoluzione linguistica, infatti, non deve farci dimenticare il rapporto con il mondo, interno o esterno che sia.