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Fallimento Amica, Aimola sbotta: “Ecco come è morta e chi l’ha fatta morire”

L'ex presidente Elio Aimola irrompe in piena campagna elettorale sulla questione che ha portato Amica al fallimento. "La società è stata fatta fallire dal socio unico, il Comune di Foggia"

Chi ha fatto fallire Amica? E perché? L’inquietante interrogativo entra violentemente nella campagna elettorale in corso, lanciato a bomba , a poche ore dal voto, dall’ex presidente della fallita società di igiene urbana, Elio Eimola, alla guida della società dal 2007 a fine 2009, coinvolto – assieme ad ex amministratori e revisori - in una serie di procedimenti penali all’indomani del fallimento milionario dell’azienda comunale e nel settembre 2013 assolto con formula piena dalle accuse più pesanti tra cui falso in bilancio e malversazione.

Il “fatto non sussiste”, sui conti ed i bilanci di Amica spa non si consumò alcun reato la conclusione a cui è giunto il giudice Carlo Protano. Ed oggi Aimola, con una tempistica  che in molti hanno rilevato “sospetta”, a pochi giorni dalla nascita di Amiu Puglia spa ed a pochi giorni dal voto, decide di raccontare la sua verità convocando la stampa nel suo ufficio di via Trani 10, affiancato dai legali Francesca Rondinone e Nicola Zingrillo.

“La società è stata fatta deliberatamente fallire dal socio unico, ossia il Comune di Foggia” dichiara Aimola che ripercorre la tormentata vicenda finanziaria della società, dal suo insediamento sino alla messa in liquidazione. Era il giugno 2007, a due anni dalla trasformazione di Amica in azienda speciale e dunque dalla sua ricapitalizzazione, periodo durante il quale alla presidenza si erano già succedute ben 4 nomi: Antonio Di Biase, Colomba Mongiello, Antonio Ricci, ad interim Michele Milano). Dopo soli 24 mesi, la debitoria era già salita a 9 milioni di euro, destinata a lievitare.

La ricostruzione degli ultimi mesi di vita di Amica fatta da Aimola si lega a doppio filo ai destini finanziari del Comune di Foggia il quale, siamo nell’era Ciliberti, avrebbe avuto buon gioco a scaricare su Amica gli squilibri strutturali del bilancio comunale dell’ente comune, “noti già dal 2009 e che avrebbero potuto condurre al fallimento”.

Come? Rifiutandosi di riconoscerne i crediti o cancellandoli (nonostante le certificazione di certezza ed esigibilità da parte del responsabile finanziario del Comune), accollandole partite non di sua competenza (come i lavori dell’impresa Frisoli sula discarica di Passo Breccioso, ”la cui classificazione come servizi fece sì che Frisoli evitasse nel 2004 la gara d’appalto”) e bloccando la pur deliberata ricapitalizzazione (si badi, in immobili) per “un errore d’ufficio” (pur deliberati e tecnicamente avallati, alcune particelle non erano nelle disponibilità del Comune).

Così muore Amica, racconta Aimola: quasi 30 milioni di euro di crediti vantati nei confronti del  Comune di Foggia, che ne hanno decretato nel 2009 “lo stato di definitiva insolvenza che ha consentito all’allora rinnovato governo politico della città di continuare il proprio mandato”. Nella sentenza di fallimento i giudici avevano a più riprese stigmatizzato il comportamento del socio unico, che aveva lasciato che “Amica defluisse lentamente in uno stato di decozione irreversibile senza mai intervenire, sia per bloccare il depauperamento sia per ripianare le perdite”.  

“La precondizione di dissesto finanziario del Comune – scrive Aimola - era da tempo nota e di tale gravità da non consentire di assumere a bilancio i costi di servizi essenziali dovuti alla collettività,affidati alla società senza garantirle il giusto flusso di corrispettivi anzi addirittura impedendole di recuperarli, sia pure tardivamente, con il procurato disallineamento delle partite contabili”.

Ma il servizio doveva pur andare avanti: si succedono mesi di agitazione sociale per l’azienda e la città, in perenne emergenza rifiuti. Ma sono anche gli anni delle famigerate promozioni che sguarniscono le strade di spazzini: “Inquadramenti funzionali all’avvio del progetto di raccolta differenziata” (mai partito, ndr) si difende Aimola che liquida quegli spostamenti come “operazione da non più di 70mila euro”. La sua verità à contenuta in 14 pagine.

Oggi Amica non c’è più. C’è Amiu Puglia, che costerebbe alle casse comunali 10 milioni di euro in più (17 milioni di euro vs 26 milioni i rispettivi contratti di servizio), a conti fatti. Aimola è stato assolto dalle accuse più pesanti, assieme ad altri ex amministratori. Restano le responsabilità politiche di un fallimento milionario e la tempistica scelta dall’ex presidente per la sua conferenza stampa. 

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