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Danno erariale da 1,2 milioni di euro: condannato dirigente del Comune di Foggia

Antonio Puzio, funzionario dell’avvocatura comunale, dovrà sborsare 357mila euro quale unico responsabile di un danno erariale da 1,2milioni di euro consumatosi sulle casse comunali con la delibera 66/2011

Con sentenza n.480 del 20/11/2017 la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, ha condannato il funzionario dell'avvocatura comunale del Comune di Foggia, Antonio Puzio, al pagamento di ben 357mila euro (per la precisione 357.085,46) quale unico responsabile di un danno erariale da 1,2milioni di euro consumatosi sulle casse comunali con la delibera 66/2011. Si tratta del provvedimento con cui, su proposta del competente ufficio avvocatura, il Comune (amministrazione Mongelli) riconobbe debiti fuori bilancio per complessivi oltre 1,2 milioni di euro, a titolo di rimborso spese legali derivante dall’avvenuta assoluzione di amministratori e dipendenti dell’ente comunale coinvolti in diversi procedimenti penali conclusisi con sentenza di assoluzione. Dopo la trasmissione dell'atto, la Procura della Corte dei Conti avviò apposite indagini finalizzate a verificare la liceità dei suddetti rimborsi, archiviando in prima istanza le posizioni di sindaco, assessori è consiglieri, e lasciando in sospeso le sole posizioni dei dirigenti coinvolti col loro parere nella vicenda, Antonio Puzio e il responsabile finanziario Carlo Dicesare (quest'ultimo assolto).

Le accuse al dirigente Antonio Puzio

Tra le contestazioni mosse a Puzio (che dal canto suo ha tentato una disperata difesa addossando al dirigente e coordinatore del servizio Avvocatura le responsabilità, essendo lui mero funzionario che agiva in sostituzione), "l’omessa preventiva informazione dell’amministrazione foggiana circa il coinvolgimento del dipendente nel procedimento penale e al fine di concordare la nomina di un legale di comune gradimento, previa valutazione del potenziale conflitto di interesse tra l’indagato/imputato e l’ente datoriale. Il tutto in palese contrasto col chiaro disposto dell’art. 67, d.p.r. n. 268/87, poi riproposto nell’art. 28 c.c.n.l. del 14.9.2000, vigente all’epoca dei fatti di causa.

[<>]. Circostanza, questa, scrive la Corte, mai verificata da Puzio, e da cui "discende l’illegittimità della delibera consiliare n. 66/2011, posto che il riconoscimento di debito è stato effettuato in mancanza del veduto fondamentale requisito di legge, con conseguente indebita erogazione di tutti i rimborsi in parola". 

Puzio si sarebbe limitato ad evidenziare la propria buona fede "in ragione della conforme prassi amministrativa pregressa, che, però - scrive la Corte- per intuibili ragioni non può scriminare, essendo il dipendente costantemente onerato di verificare la conformità a legge del proprio agire".  La delibera incriminata, poi, si colora di ulteriori connotati di illegittimità con riguardo al rimborso di spese legale sostenute anche da amministratori (e non solo da dipendenti comunali). In particolare: "a) il riconosciuto rimborso delle spese legali, per complessivi € 168.653,32, in favore degli amministratori locali Agostinacchio, Benvenuto e Ciliberti (...) assolti giusta sentenze (...) non essendo costoro dipendenti comunali; b) al parimenti riconosciuto rimborso di spese legali, per un complessivo importo di € 539.213,61, ai dipendenti comunali Dragonetti Domenico, Marcellino Giuseppe, Stanchi Antonio, Maffei Vincenzo, Biagini Ferdinando, Ercolino Matteo e Pedretti Raffaele, pure coinvolti nei medesimi procedimenti penali di cui sopra (gli ultimi due nel p.p. n. 13460/06 e i restanti nel p.p. n. 1451/01), nonostante la palese sussistenza di un conflitto di interessi, siccome chiaramente desumibile dalla formula assolutoria - <> - adottata in loro favore nelle precitate sentenza, in relazione alle plurime illegittimità procedimentali riscontrate dal giudice; c) all’altrettanto riconosciuta liquidazione della somma di € 68.522,84, sempre al medesimo titolo, in favore dei dipendente Marcellino, assolto con la medesima formula, nonostante le numerose illegittimità procedimentali emerse nel corso dell’istruttoria penale e commesse da costui a titolo quantomeno colposo".

"Il danno erariale contestato dal requirente può eziologicamente ascriversi senz’altro alla condotta del convenuto Puzio, in qualità di funzionario non solo firmatario del parere di regolarità tecnica sulla delibera consiliare in questione - scrive la Corte - ma altresì e soprattutto dell’ulteriore specifico parere, recante prot. n. 78230 del 28.7.2011, reso su richiesta di chiarimenti dell’organo consiliare e nella quale costui:  sostiene che la mancata concertazione preventiva del difensore non rende di per sé illegittimo il rimborso in parola; dà per scontata la rimborsabilità delle spese legali anche agli amministratori, senza in alcun modo argomentare in proposito; esclude, in radice e genericamente, nonostante le numerose e variegate situazioni da istruirsi e analizzarsi, la sussistenza di un qualunque conflitto di interessi in ogni vicenda sottoposta alla sua attenzione. La condotta in questione appare, dunque, sorretta quantomeno dalla colpa grave". Puzio non avrebbe poi dato corso neanche al controllo del dimezzamento dei rimborsi, previsto per legge, macchiandosi di una "inescusabile superficialità". "Ciò che conta, ai fini del riconoscimento della responsabilità amministrativa, è che egli abbia sottoscritto i pareri e che essi siano stati causa determinante dell’indebito esborso" sentenzia la Corte, condannandolo. Per Dicesare, invece, "l’eventuale versamento diretto dei compensi non sembra comportare - al più - che una mera irregolarità non idonea a determinare un concreto pregiudizio erariale" , ma non vi sarebbe "colpa grave" bensì un "comportamento lievemente colposo"

In conclusione, si legge, "Del danno subito dal comune di Foggia – depurato della parte relativa ai rimborsi attualmente ancora non liquidati al dipendente Ercolino (per complessivi € 11.530,00) - dovrà, dunque, rispondere il solo Puzio. L’importo contestato, pari a € 714..170,93, andrà, però, considerevolmente abbattuto, in misura pari al 50% (...) in relazione alle seguenti circostanze da valutarsi in favore del condannato: a) esistenza di una inveterata prassi conforme; b) particolarità della condizione ambientali in cui è venuto a trovarsi il convenuto (impossibilità di interloquire col proprio superiore dirigente in ragione dell’astensione di costui; necessità di esprimere in tempi brevi un parere concernente casi complessi; eccezionalità dell’incarico ricevuto, non rientrante tra gli usuali compiti cui era preposto); c) esistenza di indirizzi giurisprudenziali non del tutto uniformi in materia; d) sussistenza di una condotta agevolatrice da parte dell’assessore al ramo (il titolare della delega dell'epoca, l'avv. Nando Frattulino).

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