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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Troia

Omicidio Federica Ventura, chiesto l'ergastolo per il marito. Carella si difende: "Non sono un padre-padrone"

La sentenza del processo con rito abbreviato è attesa il prossimo 22 novembre. L'uomo respinge le accuse di maltrattamenti: "Voglio pagare per ciò che ho fatto, non per quello che non ho fatto"

E’ attesa per il prossimo giovedì, 22 novembre, la sentenza del processo a carico di Ferdinando Carella, il muratore 48enne, di Troia, accusato dell’omicidio della moglie Federica Ventura, uccisa con 9 coltellate lo scorso 16 febbraio, tra le mura della loro villetta, in via Kennedy.

L’uomo, descritto come un padre-padrone, è accusato anche di maltrattamenti in famiglia, circostanza respinta con forza dall’uomo e dal suo legale difensore, l’avvocato Potito Marucci. “Sono pentito e voglio pagare per quello che ho fatto, ma non per quello che non ho fatto”, ha dichiarato più volte Carella, che ha anche chiesto e ottenuto la parola nel corso dell’udienza, svolta a porte chiuse. Per l’uomo, attualmente detenuto in carcere, il pm Francesco Diliso ha chiesto il carcere a vita, mentre l’avvocato Marucci ha chiesto per il suo assistito l’assoluzione dall’accusa di maltrattamenti e la condanna al minimo della pena per uxoricidio, respingendo l’aggravante dell’omicidio per motivi “abietti e futili” e chiedendo, invece, il riconoscimento di attenuanti generiche, oltre a beneficiare dello sconto di un terzo della pena derivante dalla scelta del rito abbreviato.

VIDEO | "Più vive che mai", Foggia ricorda Federica Carella

L’udienza si è protratta fino a pomeriggio inoltrato, per essere poi aggiornata al prossimo giovedì. Il fatto, lo ricordiamo, avvenne nel cuore della notte, nell’abitazione della coppia, dinanzi ai figli entrambi minorenni. Carella, al culmine dell’ennesimo litigio, colpì la moglie (che voleva la separazione) con 9 coltellate ferendola mortalmente al cuore e al polmone; dopo il fatto, rivolse la lama verso sé stesso. Sul caso di uxoricio, la Regione Puglia e due Centri Anti-Violenza si sono costituiti parte civile. Dal carcere, l’uomo ha inviato lettere di scuse e pentimento nei confronti dei figli e del familiari della donna. Parole che, però, non potranno cancellare quanto accaduto.

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