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Mercoledì, 6 Dicembre 2023
Cronaca

'Mazzette' per favorire i boss, arrestati giudice e avvocato: sequestrati tre zaini con 1 milione e 200 mila euro

Il denaro è stato sequestrato dai carabinieri nell'abitazione del figlio (anche lui indagato) dell'avvocato Giancarlo Chiariello, arrestato questa mattina insieme al giudice Giuseppe De Benedictis. Tra i soggetti favoriti, anche esponenti della mafia foggiana e garganica

Circa 1 milione e 200 mila euro in contanti sono stati recuperati dai carabinieri durante le perquisizioni disposte nell'ambito dell'operazione che, questa mattina, ha portato all'arresto del giudice Giuseppe De Benedictis, magistrato dell’Ufficio GIP di Bari e dell’avvocato Giancarlo Chiariello. I due sono accusati di corruzione.

Il denaro, fanno sapere in una nota i militari di Bari, era nascosto nell’abitazione del figlio dell’avvocato Chiariello, anche lui indagato, diviso in tre zaini nascosti all’interno di un divano e di un armadio. Sono in corso accertamenti per verificare la provenienza del denaro.

Provvedimenti favorevoli ai boss in cambio di soldi. Scoperto accordo tra magistrato e avvocato: "Le mazzette consegnate al bar" 

Per la Dda di Lecce, il giudice e l’avvocato avevano da tempo stretto un accordo corruttivo in base al quale in cambio di somme di denaro in contante  - consegnate presso l’abitazione e lo studio del legale, o anche all’ingresso di un bar sito nelle vicinanze del nuovo Palazzo di Giustizia di Bari - il magistrato emetteva provvedimenti “de libertate” favorevoli agli assistiti dell’avvocato Chiariello. 

I soggetti beneficiati, in gran parte appartenenti a famiglie mafiose o legate alla criminalità organizzata barese, foggiana e garganica, potendo contare sullo sperimentato accordo corruttivo tra il giudice e l’avvocato (circostanza peraltro nota da tempo nell’ambiente criminale per come riferito dai collaboratori di giustizia), in cambio della corresponsione di somme di denaro, riuscivano ad ottenere provvedimenti di concessione di arresti domiciliari o remissione in libertà, pur essendo sottoposti a misura cautelare in carcere per reati anche associativi di estrema gravità, che gli consentivano di rientrare nel circuito criminale, con indubbio vantaggio proprio, del difensore e delle stesse organizzazioni criminali.

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