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Cronaca

Sequestrato l’oro di Gema e dei sette indagati per 17,5 milioni di euro

Tributi di 44 comuni sarebbero stati utilizzati per scopi strettamente privati. Artifici contabili per falsificare i documenti di bilancio

Al termini delle indagini svolte dalla Guardia di Finanza di Foggia e coordinate dalla locale Procura della Repubblica nei confronti della società di riscossione tributi GEMA S.p.a., il Giudice per le indagini preliminari, la dott.ssa Rita Curci, ha disposto il sequestro preventivo, per equivalente, di disponibilità bancarie, quote societarie, immobili e beni mobili registrati, per un valore fino alla concorrenza dell’importo di 17,5 milioni di euro, nei confronti delle persone indagate (quote di partecipazione di 4 società e quote di proprietà di 4 immobili) e 5 immobili della società responsabile, ai sensi del d.lgs. 231/2001.

Nel luglio dello scorso anno, il presidente del Consiglio di amministrazione e l’amministratore delegato della GEMA S.p.a. - Tavasci Lanfranco e Corriero Giuseppe - furono arrestati con l'accusa di essersi appropriati di oltre 22 milioni di euro relativi a tributi locali che la stessa società aveva l’obbligo di riversare ai 44 comuni pugliesi, per conto dei quali svolgeva l’attività di riscossione.

Gli accertamenti svolti dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria del capoluogo sulla contabilità aziendale e sui flussi finanziari - allo scopo di ricostruire l’intricata rete di operazioni e di passaggi di danaro – hanno fatto emergere ripetute condotte di peculato, perpetrate, dal 2006 al 2012, attraverso l’appropriazione delle somme possedute per conto degli enti pubblici convenzionati ed il loro successivo utilizzo per scopi strettamente privati (acquisto orologi di lusso, noleggio auto di lusso, trasferimenti su conti personali per importi mensili di oltre € 25.000, ristrutturazioni edilizie di beni immobili propri, manutenzione e gestione di imbarcazioni di lusso, crociere, pagamento stipendi dei dipendenti assunti per il tempo libero).

Le indagini hanno, altresì, consentito di scoprire artifici contabili posti in essere dagli indagati per falsificare i documenti di bilancio, attraverso: la simulazione di crediti per oltre 29 milioni di euro, fittiziamente vantati nei confronti dei Comuni, al fine di trarre in inganno gli stessi enti territoriali in ordine alle somme effettivamente dovute: mascherare - “pareggiando” la posizione debitoria verso gli enti convenzionati -  una situazione di dissesto patrimoniale e finanziario, in modo da scongiurare le conseguenze negative sul piano degli affidamenti bancari, nonché la inevitabile cancellazione dall’albo ministeriale dei soggetti abilitati all’attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi, per la perdita dei requisiti previsti dalla legge; l’adeguamento fittizio del capitale sociale della GEMA spa alla soglia minima dei 10 mln di euro prevista dalla legge.

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