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Cronaca Manfredonia

Norma "marchia a vita" gli amministratori sciolti per mafia di Manfredonia: puniti per la "politica inerte" e "l'omesso controllo e vigilanza"

La Corte d'Appello riforma la sentenza di primo grado solo ribaltando il giudizio sull'ex consigliere Antonio Conoscitore: ora è incandidabile anche lui insieme all'ex sindaco Riccardi (pronta ad arrivare fino alla Corte di Giustizia Europea) e al suo vice Zingariello

Il "reiterato venir meno ai doveri di vigilanza e controllo da parte del sindaco ma anche del vicesindaco ha di fatto consegnato integralmente la gestione di alcuni dei più importanti e delicati settori dell’amministrazione pubblica nelle mani di gruppi mafiosi", e ne discende "un’immagine dell’amministrazione del Comune di Manfredonia completamente asservita alla mafia garganica".

La Corte di Appello di Bari rincara la dose e smonta le argomentazioni difensive degli avvocati di Angelo Riccardi e Salvatore Zingariello che avevano impugnato il decreto di incandidabilità del Tribunale di Foggia. 

Gli elementi informativi ricavati dalla relazione del Prefetto di Foggia sulle risultanze della Commissione d'accesso al Comune di Manfredonia, "fotografano una oggettiva situazione di cattiva gestione della cosa pubblica esposta ad ingerenze esterne nonché asservita alle pressioni inquinanti delle associazioni criminali operanti sul territorio. Situazione, questa, riconducibile ad una politica di omesso controllo e vigilanza in settori delicatissimi, nevralgici per il buon funzionamento dell’amministrazione".

Con queste motivazioni, la prima Sezione Civile presieduta da Salvatore Grillo, quasi un anno dopo la sentenza di primo grado, sceglie di applicare la misura interdittiva della incandidabilità anche al consigliere di maggioranza Antonio Conoscitore, ribaltando solo nel suo caso il pronunciamento del Tribunale di Foggia che aveva rigettato l'istanza.

I magistrati confermano, invece, il pronunciamento sull'incandidabilità dell’ex sindaco di Manfredonia Riccardi Angelo e dell’ex vice sindaco e assessore ai Lavori Pubblici Salvatore Zingariello per i due turni elettorali successivi al decreto del presidente della Repubblica del 22 ottobre 2019 con cui il Comune è stato affidato ad una commissione straordinaria a seguito dell'accertamento di forme di ingerenza della criminalità organizzata, intervenuto dopo lo scioglimento anticipato del Consiglio comunale per le dimissioni del sindaco.

Il dispositivo ricalca le motivazioni del Tribunale di Foggia nella parte in cui respinge i ricorsi dell'ex sindaco e del suo vice.

I magistrati seguono la giurisprudenza della Cassazione: è sufficiente a integrare i presupposti per l'applicazione dell'incandidabilità che l'amministratore sia venuto meno agli obblighi di vigilanza, indirizzo e controllo. "La finalità perseguita dalla norma - evidenzia la Corte d'Appello - è proprio quella di evitare il rischio che quanti abbiano cagionato il grave dissesto dell'amministrazione comunale, rendendo possibili ingerenze al suo interno delle associazioni criminali, possano aspirare a ricoprire cariche identiche o simili a quelle già rivestite e, in tal modo, potenzialmente perpetuare l'ingerenza inquinante nella vita delle amministrazioni democratiche locali".

Secondo la Corte d'Appello, le fattispecie addebitate al sindaco rivelano "una politica inerte" laddove era, invece, istituzionalmente chiamato ad esercitare il potere/dovere di vigilare e sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti; di indirizzare e controllare l'operato dei soggetti a cui era affidato il compito di dare attuazione alle scelte deliberate dall'amministrazione; più in generale, di sovrintendere alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico.

Un anno fa la sentenza del Tribunale di Foggia

Il Tribunale di Foggia, per adottare la sua decisione con decreto del 29 luglio 2020, si era concentrata su una serie di elementi segnalati nella relazione prefettizia che provavano il "rapporto di stretta frequentazione" ed amicizia tra Salvatore Zingariello e Giovanni Caterino, ritenuto uno degli autori della strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017.

Agli occhi dei magistrati, risultavano probanti le foto che li immortalavano insieme nel corso di un festeggiamento per ringraziare l’elettorato e mentre assistevano ad una partita di basket; la documentazione relativa a un soggiorno a Metaponto, con le rispettive famiglie, nel 2018, e lo stralcio di una captazione ambientale dell'agosto dello stesso anno (“Stanno le indagini pure sul Sindaco…Zingariello. Mo glielo devo dire a Salvatore. La Dda porta un’indagine sopra a…sopra il Sindaco. Non so per che cosa. Quelli là hanno sentito le conversazioni pure con salvatore. Hai capito?”, diceva al suo interlocutore Giovanni Caterino, subito dopo essere stato sentito dagli inquirenti).

È soprattutto il frequente ricorso all'autocertificazione in sostituzione della richiesta di specifica informativa antimafia a inchiodare, invece, l'ex sindaco Riccardi, al quale si contesta "la sistematica disapplicazione del protocollo di intesa sottoscritto con la Prefettura di Foggia" nel 2017. È stato riscontrato tanto per le concessioni demaniali marittime per impianti di acquacoltura quanto per la realizzazione di stabilimenti balneari.

Sotto la lente di ingrandimento era finita anche la proroga fino al 2018 del contratto di servizio con la società mista Gestione Tributi spa scaduto a dicembre del 2016, nonostante i pareri espressi dal segretario comunale e dall'Anac, orientati all'indizione di una gara di evidenza pubblica. La relazione prefettizia, peraltro, segnalava "gli stretti legami familiari tra presidente, amministratore delegato e dipendenti della Gestione Tributi spa e le fazioni mafiose radicate nel territorio garganico".

Era stato attenzionato anche l'affidamento del servizio di trasporto cimiteriale all’impresa Onoranze Funebri Sant’Andrea di Grazia Romito (sorella del defunto Mario Luciano Romito), poi colpita da interdittiva antimafia ma su iniziativa del Comune di Mattinata - rilevavano i giudici - e non di Manfredonia.

Quanto alla posizione dell'ex consigliere Antonio Conoscitore, ministero dell'Interno e Prefettura di Foggia hanno impugnato il decreto perché consideravano contraddittoria la motivazione del Tribunale che "pur avendo ravvisato la sussistenza di elementi concreti, univoci e rilevanti sul collegamento di Antonio Conoscitore con la criminalità organizzata di tipo mafioso di Manfredonia non aveva ritenuto raggiunta la prova che il predetto collegamento fosse in grado di incidere, alterandola, sull’attività amministrativa".

L'ex consigliere era titolare del 30% delle quote della società Biessemme srl il cui amministratore unico e socio di maggioranza è Francesco Romito, figlio di Michele Antonio Romito dell’omonimo clan. La società è proprietaria dello stabilimento balneare “Bagni Bonobo" e in occasione della presentazione di Scia "era stata solo tardivamente destinataria di richiesta di informativa antimafia da parte del Comune".

Il Tribunale, però, non aveva rilevato alcuna responsabilità in capo ad Antonio Conoscitore, "in quanto mero consigliere comunale sprovvisto di poteri di indirizzo e controllo dell’apparato burocratico dell’ente".

La pensa diversamente la Corte d'Appello che considera "atomistica" questa lettura della vicenda. "La vocazione turistica della cittadina di Manfredonia ed il conseguente spiccato interesse della criminalità organizzata per tutte le attività ricreative e ricettive, rimarca la posizione del Conoscitore, consigliere comunale di maggioranza nonché socio in affari del Romito, in un settore di particolare valore economico in ordine al quale, come visto, non è stato regolarmente applicato il protocollo d’intesa sottoscritto dal Comune con la Prefettura di Foggia".

Conoscitore, secondo i giudici, quale consigliere di maggioranza, "aveva il dovere di segnalare o comunque attivarsi ex post per correggere la condotta omissiva del sindaco".

La difesa di Riccardi e Zingariello

I difensori di Angelo Riccardi e Salvatore Zingariello hanno impugnato la sentenza di primo grado censurando la pronuncia nella sua interezza per aver ritenuto provati i fatti rappresentati nella relazione della Prefettura di Foggia e hanno presentato contestualmente querela di falso contestando la rispondenza al vero di quanto riportato nella relazione.

La Corte d'Appello ha giudicato irrilevante la querela perché "i fatti cristallizzati nella relazione non sono il frutto di valutazioni e/o apprezzamenti, bensì di deduzioni logicamente e direttamente derivanti da risultanze documentali cui il Tribunale di Foggia ha aderito ai fini della pronuncia dell’incandidabilità".

La difesa ha ricondotto nel perimetro della millanteria lo stralcio della captazione ambientale del dialogo di Giovanni Caterino, ha sottolineato la "natura meramente episodica" delle frequentazioni tra lui e Zingariello “isolati temporalmente tra loro e inquadrabili in occasionali incontri in luoghi pubblici”, compreso il soggiorno a Metaponto sfumato come gita in pullman insieme a 50 persone.

"Analogamente i rapporti di amicizia e frequentazione tra il fratello del vice Sindaco, Zingariello Girolamo, e la famiglia Caterino, pure evidenziati nella relazione, vengono ricondotti nell’ambito della massima trasparenza".

Secondo la Corte d'Appello "anche a voler prescindere dai legami di vicinanza tra alcuni componenti dei rispettivi nuclei familiari, pure opportunamente evidenziati nella relazione e ripresi dal Tribunale, emerge uno stretto legame tra un esponente della criminalità organizzata garganica ed il vice sindaco nonché assessore ai Lavori Pubblici. Tale legame, che già di per sé svilisce la funzione istituzionale ricoperta dal primo, non rimane un fatto isolato inserendosi, senza soluzione di continuità, nel contesto di una gestione politica 'assente' in ordine ad alcuni settori nevralgici per la vita dell’ente, quali la gestione dei tributi, il rilascio di concessioni demaniali marittime (ad uso impianti di acquacoltura e per la realizzazione di stabilimenti balneari), l’edilizia, il servizio di trasporto cimiteriale".

La Corte d'Appello smonta le deduzioni difensive: "Inconferenti si appalesano le argomentazioni mirate a superare l’omessa attivazione di qualsivoglia iniziativa da parte del Comune di Manfredonia per frenare l’abusivismo edilizio tra cui una villa ed un Kartodromo riconducibili ad esponenti della criminalità organizzata ed ubicati in area Polder. Ed infatti, la asserita adozione, da parte del Comune di centinaia di ordinanze di demolizione non eseguite per mancanza di fondi e di personale integra un’argomentazione generica, non dimostrata e comunque non calzante al caso di specie in cui alcun ordine di demolizione è stato mai adottato. Non è condivisibile la rilettura del servizio di trasporto cimiteriale atteso che all’impresa di onoranze funebri di Romito Grazia non è stata richiesta né l’informativa antimafia ma neanche la comunicazione antimafia. La ditta è stata concessionaria di incarichi fino a che la Prefettura non ha adottato l’interdittiva antimafia ma a richiesta del diverso comune di Mattinata. Irrilevanti sono, infine, tutti gli atti di contrasto alla criminalità organizzata che sarebbero stati adottati dall’amministrazione comunale riguardando il diverso procedimento relativo allo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose, di competenza del giudice amministrativo".

Lo stigma dello scioglimento per mafia

L'ex sindaco di Manfredonia Angelo Riccardi se l'aspettava, in virtù di un orientamento che definisce "sistematico" che considera "gli amministratori di un comune sciolto per presunte infiltrazioni responsabili a prescindere, e costretti quindi ad essere marchiati a vita dallo Stato come mafiosi".

Si sente ingabbiato in una strada senza uscita, "non essendoci fatti e accuse puntuali" nei suoi confronti e "non avendo alcuna possibilità di difesa reale". Si vede "additato come mafioso pur non avendo fatto nulla", umiliato insieme ai propri cari, "senza aver commesso alcun reato".

In una provincia "ultima in Italia dove la mafia continua nei suoi affari e con la sua feroce bestialità" lamenta come vengano messi alla gogna "gli amministratori e non i delinquenti".

Ha sempre contestato il sistema sancito dalla norma per lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose. Non ha alcuna intenzione di arrendersi, ed è pronto ad arrivare fino alla Corte di Giustizia Europea: "Farò ricorso in Cassazione, consapevole che non ho molte speranze di difendermi in Italia e che sarà necessario andare dinanzi alla Corte di Giustizia Europea per mettere fine a questa triste vicenda tutta italiana".

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