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Mercoledì, 6 Dicembre 2023
Cronaca

Scioglimento per mafia: la fine dei commissari prima della proroga, febbraio 2023 la deadline

A febbraio 2023 termina il mandato di 18 mesi dei commissari. I foggiani vogliono tornare alle urne. Vaccaro boccia la città. E' lontana la proroga di sei mesi.

I foggiani sono in trepida attesa di sapere se la gestione del Comune, affidata a una commissione straordinaria dal 6 agosto 2021, subirà una proroga di altri sei mesi rispetto all'anno e mezzo previsto. Le dichiarazioni di Ludovico Vaccaro sulle evidenti condizioni in cui versa la città e le lamentele dei foggiani sull'operato della commissione straordinaria targata Magno-Grandolfo-Giangrande, potrebbero far ritenere che 18 mesi siano sufficienti. La deadline è febbraio 2023. Già nel maggio 2022 il numero uno della Procura di Foggia aveva sottolineato come qualsiasi scioglimento fosse "demolitivo, poco costruttivo", evidenziando per di più l'incapacità di reagire da parte della società civile.

Tuttavia, in vista del ritorno alle urne, in città andrebbe avanti lo scambio di opinioni tra esponenti di associazioni importanti, raggruppamenti che sarebbero intenzionati a scendere direttamente in campo, come 'cortina' che tenga prima di ogni altra cosa lontano da Palazzo di Città criminali e malintenzionati, dal tentativo di infiltrasi e di condizionare l'attività amministrativa. Sono chiamati a dare una mano personalità di spicco, dai valori forti, dell'antimafia e dei diritti.  Tre mesi fa a Foggiatoday Daniela Marcone era stata chiarissima: "Questa volta c'è bisogno che tutti si occupino di politica” (leggi l'intervista).

Non è sfuggito ai più avveduti l'elenco dei comuni attualmente sciolti per infiltrazioni mafiose, ma soprattutto quello dei decreti di proroga della gestione commissariale stabiliti per gli enti di Partinico, Cutro, Sant'Eufemia d'Aspromonte, Pratola Serra, Tortorici, Squinzano, Carovigno e Barrafranca.

In 30 anni, dal 1991 al 2021,su 365 decreti di scioglimento hanno subito una proroga 243 enti. Ne sono stati annullati invece 23 (pari al 6,3% del totale). L'ultima pronuncia di annullamento risale alla sentenza del Consiglio di Stato sul Comune di Joppoli, in provincia di Vibo Valentia sciolto l'11 febbraio del 2014.

Con Monte Sant'Angelo, Mattinata, Cerignola e Manfredonia, il capoluogo dauno è stato il quinto comune della Capitanata raggiunto dalla drastica misura, il secondo capoluogo di provincia d'Italia dopo Reggio Calabria. Sono 71 le amministrazioni sciolte in più di una occasione, una per ben quattro volte, 275 in una sola occasione. Nel 2022 il provvedimento ha riguardato sette comuni, tra cui Trinitapoli nella Bat e Neviano nel Leccese. In Puglia, l'anno scorso, oltre a Foggia, sono stati sciolti Squinzano, Carovigno e Brindisi.

Gli otto incandidabili di Foggia

Il caso Foggia

La relazione dell'ex Prefetto di Foggia aveva evidenziato che le indagini erano state avviate in seguito all'elevato numero di interdittive antimafia emesse dai prefetti dal 2016 al 2021, ben 85. E dagli esposti in cui si denunciavano forme di contiguità degli amministratori locali con esponenti delle consorterie mafiose.  L’accesso al Comune era  iniziato nel marzo 2021.

Conseguentemente, il sindaco Franco Landella aveva rassegnato le sue dimissioni determinando lo scioglimento del Consiglio Comunale. Ciò non aveva impedito, comunque, di concludere l’accesso e procedere all’applicazione dell’art. 143 Tuel, avendo riscontrato collegamenti diretti e indiretti fra gli amministratori e i clan.

Nel dossier 'Le mani sulla città', Avviso pubblico aveva dedicato un capitolo al 'Caso Foggia', evidenziando in premessa come il contesto fosse caratterizzato dalla presenza radicata sul territorio di diversi clan o 'batterie', tra i quali intercorrono rapporti di collaborazione pur in assenza di un unico organismo che li ricomprenda tutti.

La mafia foggiana, detta anche “quarta mafia”, in crescita ed espansione negli ultimi anni, si caratterizza sia per il compimento di fatti criminosi eclatanti sia per la sistematica attività di contaminazione dell’economia legale.

In questo senso, segnala la Commissione d’accesso, un ruolo centrale è svolto dalla corruzione, definita quale “cavallo di troia” per il condizionamento dell’attività amministrativa e l’aggiudicazione di appalti pubblici. "Non stupisce, pertanto, che alcuni elementi riscontrati rispetto agli amministratori consistano proprio in indagini su episodi di corruzione o concussione" si legge.

Gli amministratori di cui la Relazione prende in esame le condotte, ritenendole rilevanti ai fini dello scioglimento, sono ben 13: il sindaco e altri 12 consiglieri comunali. "Si va, appunto, dal coinvolgimento in inchieste (relative a corruzione, concussione, indebita induzione etc), con la presenza di soggetti criminali, fino alle frequentazioni e parentele con appartenenti ai clan (o contigui a questi) e alle cointeressenze economiche con imprese in odore di mafia". 

Anche le condotte di cinque dipendenti comunali sono state prese in esame nella relazione prefettizia e nel decreto di scioglimento. "Alla luce dell’analisi approfondita dell’attività svolta negli anni, la Commissione prefettizia ha riscontrato diversi elementi problematici, a partire dalla colpevole disattenzione mostrata dal Comune rispetto ai controlli antimafia, soprattutto in ambiti sensibili, e dalle ingerenze degli organi politici rispetto alle scelte burocratiche, a tutto vantaggio dei clan o di soggetti a questi vicini, favoriti grazie a procedure illegittime (ad esempio, ampio ricorso a deroghe e proroghe, artificioso frazionamento degli appalti, assenza di verifiche antimafia, ecc) nell’aggiudicazione dei servizi gestiti dal Comune".

Avviso Pubblico fa l'elenco dei settori posti sotto la lente d’ingrandimento risultati inquinati da interessi e presenze mafiose: il ervizio di installazione e manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti semaforici e segnaletica stradale; la gestione e manutenzione del servizio di video sorveglianza cittadino; il servizio di accertamento e di riscossione delle entrate tributarie; la gestione dei servizi cimiteriali; il servizio di pulizia e guardiania dei bagni pubblici; la manutenzione del verde pubblico; il servizio dei bidelli nelle scuole comunali per l’infanzia; la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.

Lo scioglimento per mafia

Lo scioglimento delle amministrazioni locali conseguente a fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso, introdotto nel nostro ordinamento nel 1991 (decreto-legge n. 164, interamente abrogato), in uno dei momenti più difficili della lotta tra Stato e Mafia, ed oggetto di numerose modifiche nel corso degli anni, è o disciplinato dal Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali o Tuel (artt. 143-146 del decreto legislativo n. 267 del 2000). Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti da dodici a diciotto mesi, prorogabili a ventiquattro in casi eccezionali. 

La misura non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, ma preventivo di carattere straordinario. Attraverso lo scioglimento degli organi elettivi si interrompe il rapporto di connivenza, ovvero di soggezione, dell’amministrazione locale nei confronti dei clan mafiosi, in grado di condizionarne le scelte attraverso il ricorso al metodo corruttivo o per il mezzo di pressioni e atti intimidatori.

In base all’art. 143 del Tuel, lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, al termine di un complesso procedimento di accertamento effettuato dal prefetto competente per territorio, attraverso un’apposita commissione di indagine. Un passaggio, quest'ultimo, che può anche non essere necessario nei casi in cui emergano elementi certi nel corso delle indagini dell’autorità giudiziaria, come era già avvenuto per i comuni di Scalea, Nardodipace e Delianuova.

Condizione dello scioglimento è l’esistenza di elementi "concreti, univoci e rilevanti" su collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso degli amministratori locali (sindaci,  anche metropolitani, presidenti delle province, consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, presidenti, consiglieri e assessori delle comunità montane, etc.) o su "forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali», incidendo negativamente sulla funzionalità dei servizi a queste affidati, oppure in grado di originare un «grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica" (art. 143, co. 1).

Si tratta di un atto di alta amministrazione, caratterizzato da un’ampia discrezionalità. Per giungere allo scioglimento non è necessario che siano stati commessi reati perseguibili penalmente oppure che possano essere disposte misure di prevenzione, essendo sufficiente che emerga una possibile soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata.

Gli indizi raccolti devono essere documentati, concordanti tra loro e davvero indicativi dell’influenza del crimine organizzato sull’amministrazione (valutazioni realizzabili attraverso una puntuale analisi della legittimità degli atti adottati dall’ente locale), potendosi prescindere dalla prova rigorosa dell’accertata volontà degli amministratori di assecondare le richieste della criminalità. L’attività di indagine può avere ad oggetto anche il comportamento dell’apparato amministrativo (segretario comunale, dirigenti, dipendenti), in ragione delle rilevanti responsabilità e competenze attribuite alla burocrazia locale dalla legislazione vigente.

Con il decreto di scioglimento è nominata una commissione straordinaria per la gestione dell’ente, composta di tre membri scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza. L’ente locale sciolto per infiltrazioni della criminalità organizzata deve acquisire, nei cinque anni successivi allo scioglimento, l’informazione antimafia in relazione alla stipula, approvazione o autorizzazione di qualsiasi contratto, ovvero in occasione del rilascio di qualsiasi concessione o erogazione di cui all’art. 67, indipendentemente dal valore economico degli stessi (art. 100)

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