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È tornato a casa Vincenzo, il bidello ferito dopo una sparatoria: "Mi sento un miracolato"

L'inviato de Le Iene Giulio Golia è tornato a San Severo, per incontrare il bidello 63enne che lo scorso 22 ottobre fu fu colpito alla nuca dall'ex custode della scuola 'Petrarca'

"Dopo cinque mesi sono di nuovo qua". Sorride commosso Vincenzo Fanelli, mentre accoglie in casa Giulio Golia. L'inviato de Le Iene è tornato a San Severo, a casa del bidello della scuola di primo grado 'Petrarca' di San Severo, rimasto tra la vita e la morte per 5 mesi a causa di un colpo di pistola alla nuca sparatogli lo scorso 22 ottobre da Carmine Clemente, l'ex custode che viveva abusivamente all'interno della scuola. Lo scorso dicembre, Golia aveva ricostruito la vicenda, intervistando la madre e il fratello del bidello, disperati e increduli per l'accaduto, nonché la preside dell'istituto. 

Ora Vincenzo è tornato a casa, dove vive insieme alla madre, e sta pian piano recuperando le forze. All'inviato della trasmissione di Mediaset, il 63enne ha ricostruito ciò che accadde quel giorno di fine ottobre: "Mi ricordo tutto. Avevo finito di lavorare ed ero andato a salutare la preside. Mentre stavo recandomi al parcheggio, mi venne incontro il vecchio custode per dirmi che dei ragazzi erano entrati nella scuola. Allora mi sono recato nel retro dello stabile per controllare".

Dopo aver appurato che non ci fosse nessuno, Vincenzo si è trovato una pistola puntata al volto: "Mi disse 'Questa ce l'ho sempre con me'. A quel punto, per lo spavento, ho preso subito il telefono". Probabilmente, il gesto di voltarsi per prendere il telefono gli ha salvato la vita. Il colpo di pistola lo colpì alla nuca per poi fuoriuscire dalla guancia. "Dopo, ho avuto la forza di chiamare la preside e di chiedere aiuto". 

"Non sentivo niente - ha aggiunto -, solo qualcosa che mi colava sulla gola. Mentre ero a terra ho visto che c'erano due carabinieri che cercavano di tranquillizzarmi e che mi chiedevano come mi chiamassi". Racconta anche di essere stato interrogato dai carabinieri, dopo il risveglio: "Mi hanno perché mi abbia sparato. Vorrei saperlo anch'io". 

Fatica a trattenere le lacrime di commozione: "Adesso dovrei essere chiuso in una bara. Invece, posso festeggiare la Pasqua e il compeanno (due giorni fa ha compiuto gli anni, ndr)". 

"Non avremmo mai pensato che qualcuno potesse avergli sparato. Zio è la persona più buona al mondo. Quando mi sono avvicinato ho notato il buco alla nuca. Era in una pozza di sangue con la faccia gonfia. Non lo dimenticherò mai", racconta suo nipote, il primo a raggiungere Vincenzo dopo il ferimento. Non lo rivedrà più fino all'incontro con i parenti a casa: "Non sono riuscito ad andare in ospedale. È stata una botta, non ho dormito per giorni". 

Poi è il momento dei festeggiamenti. Tutti i parenti raggiungono a casa Vincenzo. C'è anche l'ultima arrivata, una nipotina nata nel periodo in cui il bidello era in coma. Commovente l'abbraccio con il nipote: "Ho saputo che hai rischiato pure tu", gli dice Vincenzo. Raggiante sua mamma, che ha finalmente tolto le immaginette votive che aveva sistemato sul letto del figlio. 

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