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Cronaca

Comuni sciolti per mafia, bocciati i commissariamenti: cosa resta dopo la gestione straordinaria degli enti

La relazione sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza nei Comuni sciolti per mafia di Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali

E’ Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, a tagliare corto sullo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose. Il 26 aprile scorso il senatore ha presentato la relazione sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza nei comuni sciolti per mafia, che ha tenuto conto dei dati e degli elementi relativi all’anno 2020, al fine di indagare lo ‘stato di salute’ sotto il profilo della trasparenza e della prevenzione della corruzione dei comuni affidati ad una gestione commissariale, compresi quelli di Manfredonia, Cerignola e Mattinata. Lo studio non analizza il lavoro della commissione straordinaria di Foggia, giunta a metà strada del suo operato.

Già in apertura di documento emerge l’inappagamento sul lavoro delle commissioni straordinarie. Numerose e complesse sono state le difficoltà denunciate, le carenze e inadeguatezze individuate nella concreta operatività degli organi deputati a gestire le amministrazioni sciolte fino a nuove elezioni. “Si è avuta contezza delle significative criticità che caratterizzano l’istituto dello scioglimento degli enti locali, previsto dall’ordinamento per far fronte al diffuso fenomeno delle infiltrazioni e del condizionamento di tipo mafioso” si legge.

Non sarebbe sufficiente, secondo Nicola Morra, il solo compito di governare gli enti al fine di ‘epurarli’ dalle infiltrazioni mafiose. “La ratio delle norme dettate per il funzionamento delle commissioni straordinarie è anche e, forse, soprattutto quella di consentire una futura azione amministrativa libera dai condizionamenti della criminalità organizzata, creando, all’interno delle amministrazioni destinatarie della drastica misura prevista dal Tuel ‘anticorpi’ in grado di evitare che quelle infiltrazioni e quei condizionamenti possano riproporsi”.

In sostanza, i commissari non avrebbero soltanto il compito di porre in essere quanto necessario a ricondurre alla legalità l’azione amministrativa, ma dovrebbero anche far fronte alle annose criticità: dal ciclo dei rifiuti al contrasto all’abusivismo, dalla realizzazione delle opere pubbliche deliberate come indifferibili e rimaste incompiute alla ricognizione del patrimonio immobiliare con definizione delle condizioni d’uso e del recupero dei canoni, dal contenzione irrisolto alle situazioni di squilibrio finanziario e del contrasto all’evasione tributaria. “La maggior parte delle commissioni deve inoltre adottare disposizioni regolamentari per colmare lacune in settori “sensibili”, ove il disordine amministrativo e la mancanza di trasparenza nelle procedure hanno favorito la permeabilità dell’ente alle ingerenze delle consorterie criminali”.

Il lavoro avviato nel 2020, che illustra i risultati dell’attività di approfondimento, “ha messo in luce le criticità rilevate in quegli enti erano stati retti da una commissione straordinaria”. Dall'analisi dei dati emerge che le gestioni commissariali “non prestano la dovuta attenzione o, comunque, non riescono ad affrontare in maniera adeguata gli aspetti della trasparenza e della prevenzione della corruzione, che appaiono invece essenziali per consentire un graduale ritorno verso la legalità dei comuni che, sciolti in quanto inquinati dal condizionamento della criminalità organizzata, sono affidati alla loro amministrazione”, sottolinea Morra nella relazione in cui sono contenute alcune osservazioni generali sui risultati della tornata elettorale dell’autunno dell’anno 2020 che ha riguardato 17 comuni giunti al termine della gestione commissariale. “Si è avuta in più casi la riconferma di sindaci eletti prima che avvenisse lo scioglimento; si è registrata una rilevante presenza di liste civiche in luogo dei partiti tradizionali e, talvolta, si è riscontrata una scarsa effettiva competizione”. Per Nicola Morra “può certamente affermarsi che gli aspetti che il legislatore ha inteso valorizzare e disciplinare, risultano alquanto trascurati dalle gestioni commissariali e ciò nonostante fossero state stigmatizzate in parecchi decreti di scioglimento le omissioni e carenze delle cessate amministrazioni proprio con riguardo a tali profili”.

Pertanto, dalla ricognizione dei contenuti che dovrebbero essere presenti nella pagina della trasparenza dei siti internet istituzionali degli enti sciolti oggetto di analisi, sarebbero emerse gravi carenze. Inoltre, “benché i comuni sciolti per mafia versino spesso in condizioni deficitarie, con squilibri strutturali di bilancio che possono condurre al pre-dissesto o al dissesto finanziario, dallo studio effettuato è emerso come nel corso delle gestioni commissariali, spesso, il ciclo di programmazione dei bilanci non sia rispettato e il piano dei conti integrato non sia prodotto o pubblicato (ben 15 sui 53 esaminati, sono i comuni che nel 2020 versavano in gravi condizioni finanziarie, con una percentuale del 28%, all’evidenza nettamente superiore alla media nazionale, che è al di sotto del 5%.).

Un’altra criticità evidenziata riguarda “la mancanza di stabilità e continuità nell’incarico del Responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza (Rpct)”, al quale è affidato anche il compito di redigere il Piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza, rispetto al quale, in alcuni comuni ‘commissariati’, sono stati registrati ritardi in ordine a tale adempimento. “Ancor più – sottolinea Morra - nei comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, sarebbe auspicabile che le commissioni straordinarie operassero una accurata attività di vigilanza e di impulso rispetto all'operato del Rpct, sostituendolo o avocandone le funzioni in caso di inadeguatezza”.

Secondo Nicola Morra meriterebbe quantomeno una riflessione “la pressoché totale mancanza, nelle relazioni annuali redatte nei comuni sciolti per mafia, di segnalazioni relative a fenomeni corruttivi”, se è vero, come evidenzia il presidente, che “nel 78% delle relazioni esaminate non è stato evidenziato alcun evento corruttivo durante il 2019”.

Analoga carenza è stata rilevata per i procedimenti disciplinari nei confronti del personale per fatti penalmente rilevanti, così come per reati di natura corruttiva. “Infine, uno dei più significativi elementi di problematicità emersi dallo studio compiuto è la totale assenza nei comuni osservati di segnalazioni di illecito da parte di dipendenti (cosiddetti whistleblowing), nel periodo 2016-2019, anche perché sono pochissime le amministrazioni che hanno predisposto un sistema che consenta l’anonimato del segnalante”.

In un passaggio della relazione viene evidenziato come il Piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza 2020-2022 sia stato pubblicato da 45 dei 53 comuni sciolti per mafia”, mentre quattro - tra cui Manfredonia - sono fermi al piano 2019-2021. “In sei degli otto casi di inadempienza, la commissione straordinaria era già insediata al 31 gennaio 2020 (data entro la quale andava approvato il Ptpct 2020-2022) e nei rimanenti due la stessa commissione avrebbe avuto, successivamente, tutto il tempo necessario per rimediare alla mancanza”.

Sulla trasparenza nei comuni sciolti per mafia, rispetto ai dati aggiornati al 7 settembre 2020 con riguardo ai 17 comuni per i quali si è concluso il commissariamento durante l’anno 2020 e ai dati aggiornati sino alla metà del mese di febbraio 2021 con riguardo ai restanti 36 comuni ancora commissariati alla fine dell’anno 2020, gli esiti dell’approfondimento “rendono evidente come, purtroppo, l’adempimento degli obblighi di trasparenza nei 53 comuni sciolti per mafia oggetto di analisi (quelli, cioè, che nel corso del 2020, o in una parte di esso, sono stati gestiti da una commissione straordinaria) risulti ben poco soddisfacente”.

Secondo Morra, quindi, “pur risultando evidente che le problematicità riscontrate sono da ricondurre alla fase antecedente allo scioglimento degli organi eletti, è tuttavia necessaria una riflessione sulle ragioni per le quali le commissioni straordinarie non siano state in grado di sanarle”.

Sono molteplici le relazioni del Rcpt, il responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, in cui si mette in rilievo la mancanza di risorse umane e finanziarie e la resistenza al cambiamento da parte del personale per il quale gli adempimenti in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza sono considerati eccessivi e di ostacolo alle attività ordinarie. In più relazioni si evidenzia, addirittura, come la mancanza di collaborazione sia tale da determinare l’impossibilità di dare applicazione al Ptpc e si giunge al punto di invocare sanzioni per i responsabili inadempienti.

A Mattinata, “i fattori che hanno ostacolato l'azione di impulso e di coordinamento del Rpc rispetto all'attuazione del Ptpc sono rappresentati principalmente dalla percezione, da parte dei responsabili, di molte misure intese come adempimenti formali e non prioritari rispetto all'ordinarietà dell'azione amministrativa. Rilevante è, altresì, è la carenza di risorse umane a supporto dell'attività. Sarebbe auspicabile anche un controllo esterno, di supporto al segretario generale al fine di garantire la piena attuazione delle misure di cui al Ptpc oppure individuare un organismo collegiale di controllo composto da segretari comunali presso le prefetture”.

A Cerignola “i fattori che hanno ostacolato l'attuazione del Ptpct sono da ricondurre alla mancata informatizzazione a tappeto del flusso per alimentare la pubblicazione dei dati nella sezione ‘Amministrazione trasparente’. Altre difficoltà sono state riscontrate nel coordinamento della normativa a tutela della privacy con l'assolvimento degli obblighi di trasparenza”.

Per quanto riguarda le misure anticorruzione, per il presidente della Commissione Antimafia, “appare singolare il fatto che nella gran parte dei comuni sciolti per mafia (il 78%) non è stato riportato alcun evento corruttivo”.

E ancora, scrive, “poco più della metà dei comuni sciolti per mafia ha attuato nel 2019 misure specifiche aggiuntive rispetto a quelle obbligatorie, per ridurre il rischio di corruzione. In 11 comuni è stata introdotta una procedura per la raccolta di segnalazioni da parte della società civile in merito a eventuali fatti corruttivi che coinvolgono dipendenti nonché soggetti che intrattengono rapporti con l’amministrazione, ma nessuna segnalazione è stata inoltrata. Solamente 19 comuni hanno investito nell'automatizzazione dei processi quali protocollo, rilevazione delle presenze, tracciabilità dell'iter, dematerializzazione degli atti amministrativi (tra cui determinazioni dirigenziali, rilascio della Cie, pratiche edilizie) e e-procurement; solo 6 comuni hanno effettuato un'attività di vigilanza nei confronti di enti e società partecipate e/o controllate, con riguardo all'adozione del Piano triennale di prevenzione della corruzione”.

Le previsioni normative e le misure apprestate dall’ordinamento per prevenire i fenomeni corruttivi, sarebbero state “ampiamente trascurate se non addirittura obliterate, non soltanto prima dello scioglimento ma anche successivamente nel corso del periodo di gestione straordinaria”.

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