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Cronaca San Marco in Lamis

Ragazza punta da una zecca nei boschi del Gargano. Docente dell'UniFg: "Non sottovalutate la loro presenza"

Il caso raccontato da Annunziata Giangaspero, docente di Parassitologia e Malattie parassitarie, Dipartimento di Scienze agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente, Università degli Studi di Foggia

Una delle primavere più calde degli ultimi decenni. Un’estate caratterizzata dalla voglia di stare all’aperto dopo mesi di clausura forzata. Le alte temperature, il tasso di umidità crescente, insomma i vari mutamenti climatici in atto: gli ingredienti necessari per incontri sempre più ravvicinati con gli artropodi fastidiosi anche quest’anno ci sono tutti.

Se gli attacchi all’uomo causati dalla zanzara tigre sono ormai un tema noto ai più, ancora sottovalutato è il problema della puntura da parte delle zecche. Ultimo caso “fresco di puntura”, a me noto: a ferragosto, una giovane studentessa universitaria torna a casa dopo una scampagnata in una area boschiva di San Marco in Lamis e si ritrova sul braccio un artropode che vagamente le ricorda una zecca. Presa dall’inevitabile disagio di vedere il “corpo estraneo” impiantato nella sua pelle, la rimuove e non ci pensa più.

Qualche giorno dopo compare intorno alla puntura un alone assai caratteristico che le ricorda la manifestazione di una infezione che non le era sconosciuta: aveva infatti appreso della sua esistenza durante il mio Corso di Parassitologia di Scienze e Tecnologie Agrarie dell’Università di Foggia.

Corre al Pronto Soccorso e lei stessa anticipa la diagnosi al medico che la sta visitando: ritiene infatti di essersi presa la Malattie di Lyme! Il medico dapprima perplesso, conferma il sospetto della ragazza e le prescrive un antibiotico, immediatamente, e, giustamente ad elevata concentrazione, considerate le conseguenze (sintomi neurologici, dolori articolari, muscolari, ecc.) se non trattata.

Racconto questa storia non tanto per la soddisfazione di aver evidentemente trasmesso nozioni di Parassitologia (Animali e Salute pubblica) agli studenti di Agraria, utili anche nella vita normale loro e dei loro familiari, ma soprattutto per invitare a non sottovalutare la presenza delle zecche.

Se è vero che la loro puntura generalmente non causa gravi conseguenze, non è raro che possano trasmettere delle malattie. Nel caso appena citato, infatti, la zecca (Ixodes ricinus), detta anche “zecca dei boschi” (in foto), ha inoculato un batterio (Borrelia burgdorferi). Una malattia prima confinata nelle regioni del Nord di Italia ma ora frequente anche al Sud.

Può rappresentare una consolazione sapere che questa malattia, negli Stati Uniti, ha dato filo da torcere alla top model Bella Hadid e ad attori come Richard Gere e Ben Stiller? Non credo.

E allora cosa fare? Dobbiamo rinunciare a piacevoli passeggiate in campagna o nel bosco? Nient’affatto. L’allarmismo è il peggiore dei rimedi. La soluzione sta nell’informazione della popolazione, nella prevenzione e nella consapevolezza di come comportarsi in tali occasioni.

Si fa presto a dire zecca: le specie sono numerose (oltre 600 nel mondo di cui una quarantina presenti in Italia) ognuna con un loro habitat, ma solo alcune specie attaccano l’uomo. (La protagonista della nostra storia è tra le specie più diffuse, ma ovviamente non la sola).

Gli ospiti preferiti in ambienti naturali sono gli animali selvatici (lepri, volpi, caprioli, cervi ecc.) ma anche animali domestici al pascolo (bovini, pecore, cavalli). Le zecche non saltano e non volano sulle loro vittime, ma si appostano all'estremità delle piante aspettando il passaggio dell’ospite, attratti dall'anidride carbonica emessa e dal calore dell’organismo. Qualche volta, appunto, gli ospiti possono essere gli uomini sui quali, con movimenti impercettibili, compie, come sugli animali, un pasto di sangue. E talvolta, ahinoi, trasmettere agenti patogeni.

Semplici precauzioni ci mettono al sicuro da queste eventualità. Se si soggiorna in una area naturale con molta vegetazione (spesso incolta) è sempre bene infilarsi i pantaloni nelle calze (possibilmente bianche) e (ancora meglio) spruzzarsi sulle estremità i comuni prodotti repellenti. Una volta a casa conviene darsi una buona controllata, tenendo conto che le zecche si vedono a occhio nudo e tendono a localizzarsi preferibilmente sulla testa, sul collo, nell’incavo del braccio, delle ginocchia, generalmente laddove la cute è più sottile.

Quando si scorge la zecca, innanzitutto non bisogna spaventarsi (c’è molto di peggio nella vita!) e non si deve cospargerla di liquidi strani (olio, alcool, benzina, ecc.), non va né bruciata né schiacciata.

Si deve invece afferrare la zecca con la punta dei polpastrelli o con una pinzetta (le mani devono essere protette con guanti o con un fazzoletto morbido) nel punto più vicino alla cute ed estrarre molto delicatamente il rostro. Disinfettare la cute con prodotti non colorati ma soprattutto, non buttare via la zecca! Il Laboratorio di Parassitologia del Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Foggia sarà felice di identificare la specie, lo stadio di sviluppo e soprattutto comunicarvi se la zecca può aver trasmesso agenti patogeni.

Anche la zecca vi sarà grata

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