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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca San Severo

Femminicidio Perillo, il penultimo teste su D'Angelo: "Mi fu chiesto aiuto per portarlo in una comunità di recupero"

Il processo è in corso in Corte D'Assise, a Foggia (presidente Mario Talani). Entro fine mese dopodiché si potrà chiudere l’istruttoria dibattimentale e sarà fissata l’udienza di discussione. La sentenza potrebbe arrivare entro la prossima estate

“Quando ho conosciuto Francesco D’Angelo era giovanissimo: condivideva l’attivismo civico del padre Antonio, lo seguiva ovunque. Si impegnava moltissimo. Poi, col passare del tempo, ho iniziato a notare una radicalità morbosa nel seguire le attività dell’organizzazione, nel suo impegno: Art Village era diventata per lui una sorta di famiglia allargata, e quando l’attività andò in crisi, per fattori esterni, lui perse la bussola”.

A parlare, rispondendo alle domande dell’avvocato Michele Curtotti, legale della difesa, è Antonio Gaudioso, ascoltato in aula nell’ambito del processo a carico di Francesco D’Angelo, imputato nel femminicidio della sanseverese Roberta Perillo, avvenuto l’11 luglio 2019, nell’abitazione della donna. L’imputato, reo-confesso, è accusato dell’omicidio volontario aggravato dell’ex fidanzata Roberta Perillo. Il processo è in corso in Corte D’Assise, a Foggia (presidente Mario Talani).

Gaudioso, che fino al marzo scorso ha ricoperto la carica di segretario nazionale di Cittadinanza Attiva, è il penultimo teste richiesto dalla difesa. Il suo percorso da attivista ha incrociato più volte quello dei D’Angelo: “Ho incontrato loro in occasione di eventi o manifestazioni organizzate dell’organizzazione in Puglia” spiega, precisando che l’ultimo contatto con Francesco risale al 2018: “Da allora non l’ho più visto né sentito”.

Proprio nel 2018, Gaudioso ricevette una sorta di S.O.S. da padre e figlio: “Mi fu chiesto un sostegno per portare Francesco in una comunità di recupero, possibilmente lontano, all’estero, affinché riuscisse a staccare dal contesto in cui viveva”, ricorda il teste. Questa richiesta derivava “dall’esternazione di un profondo disagio personale per il quale sentiva il bisogno di allontanarsi. Attraverso i Forum dell’agricoltura sociale trovammo una disponibilità all’estero, in Irlanda”.

Il progetto però non si concretizzò. Gaudioso ha quindi risposto alle domande della pm Rosa Pensa e a quelle degli avvocati di parte civile, Guido e Roberto De Rossi e Consiglia Sponsano, puntualizzando alcuni passaggi. Si tratta del penultimo teste della difesa; l’ultimo, neurologo presso l’istituto ‘Besta’ di Milano, invece, verrà ascoltato in aula a fine mese dopodiché si potrà chiudere l’istruttoria dibattimentale e sarà fissata l’udienza di discussione. La sentenza potrebbe arrivare entro la prossima estate.

L’intero procedimento poggia sulla stima della capacità, o meno, di intendere e volere dell’uomo. Sul punto, infatti, si sono espressi diversi periti, giungendo a risultati a volte opposti: per il professore Alessandro Meluzzi, noto psicologo e criminologo, nominato consulente dei familiari di Roberta Perillo, rappresentanti dagli avvocati Guido e Roberto De Rossi e Consiglia Sponsano, D’Angelo era capace di intendere e volere.

Di diverso avviso, invece, il dottor Angelo Righetti, consulente tecnico della difesa che, ascoltato a lungo durante la scorsa udienza, ha concluso per la totale incapacità di intendere e di volere dell’uomo al momento del fatto. Nel mezzo, si pone la relazione del consulente della procura, prof. Roberto Catanesi (parziale vizio di mente). Il ‘nodo’, quindi, è ancora da sciogliere.

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