E' arrivata l'ora della verità sulla morte di Positano: otto commilitoni a giudizio, "per un processo ci sono voluti 11 anni"
Durante il processo dinanzi al giudice del Tribunale di Roma, competente per i reati commessi in ambito internazionale, è stata accolta l’istanza di costituzione parte civile presentata Luca Marco Comellini, segretario politico del Partito per la tutela dei diritti dei militari. Si era già costituito parte civile l’Esercito italiano
E’ cominciato questa mattina a Roma il processo per la morte in Afghanistan del caporal maggiore di Foggia Francesco Saverio Positano che vede imputati 8 commilitoni del soldato che perse la vita schiacciato da un blindato a pochi chilometri da Herat. Era il 23 giugno 2010.
Da quel giorno sono passati più di 11 anni. In questi anni i familiari del giovane militare si sono strenuamente battuti per perseguire la verità, senza mai arrendersi all'idea che Francesco fosse morto in seguito ad una caduta - accidentale o conseguente ad un malore - da un mezzo militare Buffalo.
Due degli otto militari sono accusati di cooperazione nel delitto colposo e di omicidio colposo, gli altri per falsa informazione a Pubblico Ministero o al procuratore della corte penale internazionale. Durante il processo dinanzi al giudice del Tribunale di Roma, competente per i reati commessi in ambito internazionale, è stata accolta l’istanza di costituzione parte civile presentata Luca Marco Comellini, segretario politico del Partito per la tutela dei diritti dei militari. Si era già costituito parte civile l’Esercito italiano.
La causa più plausibile è l'investimento, seppur accidentale, del militare. E a corroborare la tesi sono giunte, nel tempo, anche le immagini scattate sul luogo della tragedia e le risultanze degli esami dei Ris che smentiscono quanto dichiarato per anni dai testimoni: Francesco non cadde dal mezzo, battendo fatalmente la testa al suolo, questa la tesi da smentire; con molta probabilità, fu investito dal mezzo militare e, con precisione, dalla ruota anteriore destra, che fu immediatamente ripulita.
Immediatamente dopo il tragico evento il parlamentare radicale Maurizio Turco presentò alla Camera dei deputati alcuni atti di sindacato ispettivo e uni di indirizzo, quest’ultimo accolto dal Governo, affinché fosse fatta luce sulle cause della morte del militare.
“Ci sono voluti oltre undici anni per arrivare alla celebrazione di un processo che se non fosse stato per la tenacia della signora Rosa Papagna, madre di Francesco, e del suo avvocato Lucia Frazzano, forse non si sarebbe mai tenuto o sarebbe comunque arrivato troppo tardi come purtroppo accade per altri che riguardano i casi di militari deceduti in situazioni non chiare” ha spiegato Comellini in una nota.