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Cronaca

Appalti, al Comune di Foggia funzionavano anche così: “Chiamata diretta e somma urgenza”

Belgioioso ha revocato una serie di determine ravvisandone la "non conformità al codice degli appalti". Nella procedura utilizzata da Biagini mancherebbero i criteri della trasparenza e dell'evidenza pubblica

Inizierà domani il processo per Fernando Biagini, l'ex  dirigente del servizio dei Lavori Pubblici e del Suap del comune di Foggia accusato di concussione e tentata concussione perché - la tesi dell'accusa - con la complicità dell'ex consigliere comunale Massimo Laccetti e dell'imprenditore Adriano Bruno, avrebbe chiesto e ricevuto denaro da costruttori foggiani per sbloccare alcuni appalti in città. Casus belli, che condusse nell'aprile scorso all'arresto dei tre, è il contratto di locazione del nuovo Palazzo di Giustizia in Piazza Padre Pio: secondo la magistratura l'imprenditore Zammarano avrebbe sborsato 80mila euro perché il contratto – milionario - andasse a buon fine.

Ma l'inchiesta ha fatto immediatamente il paio con un'altra, successiva, relativa ad altri presunti abusi nel settore lavori pubblici tali da profilare - secondo il Procuratore De Castris - l'esistenza di un vero e proprio "sistema Foggia": "tangenti sistematiche nel settore Lavori Pubblici", se non altro in "tempi recenti". Fatti e dichiarazioni che hanno sollevato non pochi dubbi sull'operato di Biagini, imponendo al sostituto, l'ingegnere Potito Belgioiso, di passare al setaccio tutti gli atti dell'ex dirigente, per cautelarsi.

Accade così che nelle settimane successive al suo arrivo, Belgioioso revochi una serie di determine ravvisandone la "non conformità al codice degli appalti". Tre in particolare, tutte risalenti al gennaio di quest'anno e gravitanti in orbita giustizia. La n.68 del 21 gennaio 2014 riguardante la messa in sicurezza degli archivi posti nei locali interrati di Palazzo di Giustizia, e le n.1 e 2 relative alla locazione di immobili (capannoni) da destinare a deposito di arredi e suppellettili di strutture giudiziarie.

La prima, in particolare, assegnava la somma di quasi 500mila euro ad una ditta col metodo della "chiamata diretta" spiega Belgioioso, modalità che elude l'obbligo dell'evidenza pubblica e consentita solo per le somme urgenze che, evidentemente, l'attuale dirigente non avrebbe ravvisato nel caso di specie, annullando l'atto.

La ditta in questione è la Aleasya srl dei fratelli Nicola e Adriano Bruno, quest'ultimo coinvolto proprio nella vicenda giudiziaria con Biagini. Similari le altre, ditte interessate la Cospes del Gruppo Ramundo Calcestruzzi e la Satel di Francesco Domenico Sannella che, sempre secondo Belgioiso, avrebbero dovuto seguire le regole della manifestazione di interesse trattandosi di locazioni. Anche qui, revoca in autotutela

"Atti non conformi al codice degli appalti" e "non conformi alla normativa vigente" le motivazioni vergate negli atti di revoca.  In pratica nella procedura utilizzata da Biagini mancherebbero i criteri della trasparenza e dell'evidenza pubblica. Anche se, è bene chiarirlo, si tratta di questioni che nulla hanno a che vedere con l'inchiesta giudiziaria in corso.

Peraltro è lo stesso Belgioioso a rifiutare nettamente l'equazione revoca-illegittimità degli atti. "Ne ho annullate diverse - fa sapere a FoggiaToday - semplicemente perché ogni dirigente ha una sua interpretazione delle norme. E la mia, evidentemente, differisce da quella di Biagini".

A porre un freno alle "interpretazioni", però, ci avrebbe pensato il segretario generale, Maurizio Guadagno, responsabile dell'Anticorruzione, che avrebbe trasmesso una dura nota agli uffici per ricordare ai dirigenti la norma: la somma urgenza si usa solo nei casi in cui è a rischio la sicurezza pubblica. Per tutto il resto si impone l'evidenza pubblica. 

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