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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca San Giovanni Rotondo

“Prendete un’ambulanza, papà sta male”. Bimbe di 7 e 4 anni chiedono aiuto e salvano il padre

La storia di Pio, 45enne bancario di San Giovanni Rotondo, e delle sue bambine di 7 e 4 anni che hanno allertato subito i soccorsi

Il padre ha un grave malore in casa e si accascia dinanzi alle sue bambine, le uniche ad essere presenti in casa in quel momento. Loro, benché piccoline, non si perdono d’animo: con rapidità e grande determinazione riescono ad attivare i soccorsi. E’ successo a San Giovanni Rotondo, dove le piccole Matilde e Sofia, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono riuscite prontamente a chiedere aiuto. Il loro alert è stato determinante: “Prendete un’ambulanza, papà è caduto, sta molto male”, hanno detto al telefono. E in questo modo, hanno contribuito, di fatto, a salvargli la vita.

A quattro mesi dall’accaduto, papà Pio - 45enne bancario di San Giovanni Rotondo, colpito da un grave shock emorragico - può tirare un sospiro di sollievo e raccontare a mente fredda l’accaduto: “Ricordo benissimo la sensazione di quella sera. Come un pugno fortissimo all’addome mentre rientravo in casa dopo aver messo fuori il bidoncino della differenziata. Ricordo di essere caduto a terra, ho cercato di rialzarmi e ho chiesto aiuto alle mie figlie, Matilde e Sofia”. Poi il vuoto: “Non riuscivo a restare vigile, ricordo solo la voce delle bambine che, parlando con qualcuno al telefono, dicevano: Aiutateci, prendete una ambulanza e venite”.

Le piccole, che erano sole in casa col papà, si sono fatte coraggio e si sono subito attivate: Matilde ha preso il cellulare e ha iniziato a frugare nella cronologia per cercare qualche nome familiare; Sofia, invece, cercava a modo suo di contribuire rimanendo lucida e stando vicino al papà. Contattano i nonni e la mamma, viene allertata l’ambulanza e inizia la corsa verso Casa Sollievo della Sofferenza, mentre il padre è in preda a crampi addominali fortissimi. I primi esami non sono buoni: dalle lastre si evidenzia una massa di 23 cm non meglio identificata. Da lì la situazione precipita in un susseguirsi rapido di esami sempre più approfonditi. Il sospetto, poi confermato, era di uno severo shock emorragico da sanguinamento dell'arteria pancreatica duodenale inferiore.

Bisognava intervenire subito in sala operatoria per bloccare l’emorragia. “Il primo grosso intervento in sala operatoria della Chirurgia addominale in piena notte, poi di corsa in Radiologia interventistica. Di nuovo in sala operatoria e nuovamente in Radiologia interventistica”, racconta Pio. Alle 17 del pomeriggio, dopo l’ultimo tentativo tra sala operatoria dell’Addominale e la Radiologia interventistica, i medici riferiscono a sua moglie di aver fatto tutto il possibile: a quel punto bisognava solo aspettare, sperare e pregare. E in famiglia hanno pregato tanto. Dopo 12 giorni di ricovero in Rianimazione 1, il 45enne si risveglia: “Ricordo di aver aperto gli occhi con nella testa la voce di mia figlia e di mio suocero la notte in cui mi portarono in ospedale”, racconta.

Il ricovero è proseguito in Chirurgia addominale per diversi giorni ancora, fino alle dimissioni del 3 maggio, ad un mese esatto dal ricovero. “Può sembrare scontato ma per me è importante: volevo ringraziare tutti coloro che si sono presi cura di me e della mia famiglia. Ho avuto molta paura, soprattutto di lasciare le mie bambine. In ospedale sono stati tutti molto rapidi e puntigliosi. Tutti hanno lavorato di gruppo consultandosi spesso e collaborando per il miglior risultato possibile. Ringrazio ognuno di loro, sono uomini e donne che porterò sempre nel mio cuore e non smetterò mai di ringraziare per il loro impegno”.

Oggi, a quattro mesi dall’emorragia che ha messo in pericolo la sua vita, ci sono ancora diversi controlli periodici da fare ma il peggio sembra essere passato. E in uno di questi controlli Pio è riuscito ad incontrare una piccola rappresentanza dell’ospedale per un breve saluto. L’emozione più grande è stata rientrare a casa e riabbracciare le sue piccole: “Mia moglie Silvia ha fatto loro una sorpresa, invitandole a prendere il telefonino per una videochiamata”, racconta.

“Compongono il numero e il telefono era lì nella mia tasca che squillava nella loro stessa stanza, mentre ero nascosto dietro la tenda e facevo fatica a reggermi in piedi dopo un mese di ricovero. Dopo il loro stupore nel sentire la suoneria, sono venuto fuori dal mio nascondiglio e ho abbracciato le mie figlie. Erano incredule. Abbiamo pianto un po’ tutti. Da quel giorno è iniziata nuovamente la mia vita. E in parte lo devo anche a loro, le mie due bambine, le prime ad attivarsi per aiutarmi”.

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