rotate-mobile
Cronaca Manfredonia

Sanità, Gentile e Manfrini rassicurano: “L’ospedale di Manfredonia non chiuderà”

L'assessore alla Salute e il direttore Asl: "Nei limiti delle condizioni date, la struttura verrà ulteriormente potenziata". Riccardi: "A Manfredonia non si può più nascere, chissà se riusciremo almeno a non morire"

Si è svolta ieri mattina l’annunciata conferenza stampa, presso il Consultorio di Manfredonia in via Barletta, convocata dall’assessore regionale alla Salute, Elena Gentile, con il direttore generale dell’A.S.L. Foggia, Attilio Manfrini, in risposta al tavolo istituzionale invocato dall’amministrazione comunale con la sortita di venerdì tra le corsie dell’ospedale San Camillo de Lellis. C’erano giornalisti accanto a medici, infermieri, personale sanitario. C’erano il sindaco Riccardi, il consigliere regionale Ognissanti e gli assessori comunali Angelillis, Gallifuoco, Palumbo, Rinaldi, Zingariello. Ma c’erano anche tanti cittadini manfredoniani preoccupati del futuro del nosocomio sipontino

L’ospedale “San Camillo De Lellis” non chiuderà. Lo hanno affermato l’assessora regionale alle Politiche della Salute Elena Gentile e il direttore generale della ASL della provincia di Foggia Attilio Manfrini nel corso di una conferenza stampa tenutasi stamani a Manfredonia.

L’incontro, a cui hanno preso parte anche il sindaco del comune sipontino Angelo Riccardi e parte della giunta comunale, si è presto trasformato in un dibattito pubblico a cui non si sono sottratti l’assessore Gentile e il manager Manfrini, consapevoli della rilevanza dell’argomento e desiderosi di chiarire definitivamente le scelte di Regione e ASL in merito all’ospedale cittadino. “Abbiamo dovuto chiudere oltre 20 ospedali – ha chiarito l’assessora Gentile - Chiuderanno tutti i punti nascita indicati negli atti deliberativi regionali per scelte che la Regione ha subìto, e probabilmente saremo costretti a chiuderne altri l’anno prossimo. Il nostro tentativo è sotto gli occhi di tutti: ripensare le strutture ospedaliere, che abbiamo dovuto dismettere, come luoghi dove la medicina del territorio incontri la cultura ospedaliera, dove è possibile attrezzare un livello di presa in carico dei bisogni che corrisponda per davvero alla stragrande maggioranza della domanda di salute che i cittadini pongono”.

Evitando la mera elencazione dei progetti realizzati a Manfredonia, oggi sotto gli occhi di tutti, a chiara dimostrazione della volontà di mantenere in attività l’ospedale cittadino, Manfrini ha chiarito entro quali limiti Regione e ASL possono muoversi. “Tutto quello che facciamo deve essere fatto all’interno di regole, nel rispetto delle programmazioni nazionali e regionali. Se non facessimo così, resteremmo sempre in piano di rientro, situazione che ci costringe a queste difficoltà. Ci sono vincoli per la spesa del personale: centinaia di dipendenti andati in pensione in questi anni non sono stati sostituiti a causa del blocco del tour over. Questa ASL infatti avrebbe bisogno di altri 500 dipendenti, ma non è possibile oggi impegnarci in una ulteriore spesa del personale. Queste sono le risorse che abbiamo. In altre ASL si stanno chiudendo i reparti per mancanza di personale. Dobbiamo muoverci all’interno di regole precise.

La struttura di Manfredonia è individuata come Ospedale di Base, atto ad assicurare i livelli essenziali di assistenza e non possiamo pretendere di farla funzionare come un policlinico. Comunque siamo riusciti, dove possibile, a migliorare la situazione prestabilita. La Cardiologia, per esempio, con regolamento regionale del 2012, era individuata come “Cardiologia senza UTIC”. La dotazione prevista per tale struttura era di sei unità mediche. Con l’impegno di tutti si è riusciti a prevedere un’area critica che potesse supportare meglio le emergenze. Così abbiamo inserito altre due unità. Credo che stiamo facendo il nostro dovere, ci stiamo adoperando al massimo perché i reparti, nel limite delle risorse a nostra disposizione, possano funzionare”.

Tutto questo, ha concluso Elena Gentile, richiede lo sforzo generale. “La sfida appartiene a tutti. Accentuare la disaffezione dei cittadini alle strutture ospedaliere non aiuta a superare questa fase di difficoltà, a restituire fiducia ai cittadini e a conservare quello che faticosamente cerchiamo di mantenere. In questa partita ci siamo tutti: politici, amministratori locali, istituzioni, professionisti, medici, infermieri, operatori.

Ribadisco l’impegno della Regione a mantenere in piedi questo presidio. Un impegno sottoscritto e confermato negli ultimi mesi. Voglio ribadire anche che nessuna differenza di trattamento è stata fatta tra i presidi della provincia: alla base delle nostre decisioni vi è una classificazione rispetto alla quale ci siamo attivati. Ora bisogna lavorare, con la speranza e l’auspicio che da oggi si ricostituisca un clima di serena collaborazione tra chi ha la responsabilità di governo, di gestione e chi opera per assicurare i livelli essenziali di assistenza. Questo è il momento di fare sistema: di raccontare ai manfredoniani che questo ospedale non chiuderà, ma che anzi, nei limiti delle condizioni date, verrà ulteriormente potenziato”.

ANGELO RICCARDI E L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE | “Ci auguriamo che sia permesso dire “nostro” ospedale, e se non fosse così, lo vogliamo dire lo stesso. Il nostro ospedale. Non per spirito polemico nei confronti di chi contesta, con toni un po’ sopra le righe, il diritto alla salute che non è una concessione benevola. Il San Camillo de Lellis è il nostro ospedale. L’ospedale di tutti i manfredoniani e di tanti ma davvero tanti cittadini di comuni limitrofi, dei turisti che affollano la città d’estate e gremiscono la Riviera Sud.  

Si chiede di fare rete, di fare squadra, di remare tutti nella stessa direzione. Bei propositi, anche nobili e perfettamente condivisibili. Camminare fianco a fianco, in un periodo storico che è difficile per tutti, è l’unico modo per fronteggiare le secche in cui gli enti navigano. E’ scritto nero su bianco, condivisibile o meno che possa essere, cosa deve essere potenziato e quali invece sono i costi che non possono essere più sostenuti.

C’è da tagliare il punto nascita a Manfredonia? Zac! In un batter d’occhi ci si è attenuti a quanto prevede il Piano di Riordino. Diciamo che è ineccepibile, anche se non lo è in considerazione del fatto che il dato di Manfredonia è fortemente inficiato dalla chiusura del reparto, nel 2009, per quattro lunghi mesi. Chiusura non voluta dalle pazienti, chiusura non voluta dagli operatori tutti, chiusura dovuta alla mancanza di personale.

C’è da tagliare a Ostuni, Canosa, Gallipoli? La risposta è “Lo faremo”. Come gli altri “lo faremo” per tante altre urgenze e carenze che rischiano di portare inesorabilmente alla chiusura del nostro ospedale.  E’ triste, ma vera la considerazione di Angelo Riccardi, a cui è stata concessa “obtorto collo” la parola ed al quale sono state negate risposte a domande ben precise e documentate. “A Manfredonia non si può più nascere, chissà se riusciremo almeno a non morire”.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Sanità, Gentile e Manfrini rassicurano: “L’ospedale di Manfredonia non chiuderà”

FoggiaToday è in caricamento