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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

"Qui stiamo a Foggia", il pestaggio choc e la morte di Monopoli. Il gup: "Hanno agito per punire"

Le motivazioni della sentenza di primo grado emessa dalla gup Bencivenga sul caso Monopoli. Le difese di Stallone e Verderosa, intanto, stanno predisponendo il ricorso in appello

Francesco Stallone e Michele Verderosa "non agirono per uccidere" il giovane Donato Monopoli. "Ma pur di perseguire il fine ultimo di ‘punire’ chi si era permesso di ‘invadere il loro territorio’ hanno accettato la possibilità che l’aggressione efferata, posta in essere da due professionisti che praticavano a livello agonistico pugilato e arti marziali, avrebbe potuto cagionare un evento infausto”.

E’ quanto si legge nelle conclusioni della Gup Marialuisa Bencivenga che, lo scorso 27 giugno, ha condanno in primo grado, per omicidio volontario (con dolo eventuale), gli imputati Stallone e Verderosa a rispettivi 15 anni e 6 mesi e 11 anni e 4 mesi di reclusione. La fattispecie del dolo eventuale, si puntualizza nelle carte, si realizza quando “la volontà dell'agente non si dirige direttamente verso l'evento, ma l'agente lo accetta come conseguenza eventuale ed accessoria della propria condotta. Sicché pur non intendendo realizzarlo, o addirittura, sperando che non si realizzi, tuttavia ne accetta il verificarsi”.

La sentenza viene motivata in oltre 40 pagine, nelle quali si passano in rassegna non solo le fasi del processo, celebrato nelle forme del rito abbreviato (che ha consentito agli imputati di ottenere lo sconto di un terzo della pena), ma soprattutto si indaga il nesso di causa tra l’aggressione subita da Monopoli nella notte del 6 ottobre e l’evento morte, sopraggiunto 7 mesi dopo, per la rottura di un vaso cerebrale. Per approfondire questo aspetto, in particolare, la gup ha aveva richiesto una perizia super-partes, affidata a consulenti piemontesi, per fugare ogni dubbio in merito

“Ma voi sapete dove stiamo qui?” | Il fatto, lo ricordiamo, risale alla notte del 6 ottobre del 2018 quando il cerignolano Donato Monopoli rimase vittima di una violenta aggressione avvenuta sulla pista della discoteca ‘Le Stelle’, alla periferia di Foggia. A cause delle conseguenze dei colpi ricevuti, Monopoli morì a ‘Casa Sollievo della Sofferenza’, dopo 7 mesi di agonia. Alla base dello scontro futili motivi, segnati dalla frase, pronunciata da uno dei foggiani, “Ma voi sapete dove stiamo qui? Qui stiamo a Foggia”. A quel punto è scattata la violenza, “pugni e calci, proseguendo nell'aggressione anche dopo essere stati letteralmente atterrati”.

Secondo le testimonianze rese da un testimone, amico di Donato, “i pugni venivano sferrati tutti all'indirizzo della faccia. Monopoli cercava di proteggersi il viso con i pugni alzati a copertura dello stesso, fino all'altezza del naso”. Il testimone rimarca “l'accanimento di Stallone che proseguiva (o quantomeno tentava di proseguire) nell'aggressione anche dopo che Donato Monopoli era stato atterrato". Lo stesso ha poi cercato di allontanare il ragazzo dal suo aggressore, ma  quest’ultimo non riusciva a rialzarsi: “Cercava di alzarsi facendo forza sulle gambe, ma non vi riusciva perchè quando ancora aveva le ginocchia piegate, barcollando cadeva a terra all'indietro. Ricordo di aver sentito un tonfo sordo tale da farmi immaginare di aver battuto la testa”.

Cocktail versato o avance sgradite: le cause del litigio" |  Secondo quanto riferito da due ragazze chiamate in aula dalla difesa, ad innescare la lite sarebbe stato un tentativo di approccio fatto da parte di due ragazzi, facenti parte di un gruppo di cinque ragazzi di Cerignola. Ma, la vera causa scatenante, sarebbe stato un cocktail che, uno tra Verderosa e Stallone, avrebbe inavvertitamente rovesciato addosso ad uno dei cerignolani. Ne è scaturito un alterco, in cui però subito si passava alle vie di fatto. “In sostanza - scrive la gup Bencivenga - qualsiasi sia stato l'incipit dell'aggressione (tentativo d approccio, che abbia infastidito le ragazze foggiane, cocktail versato inavvertitamente o meno), una cosa è certa: ossia che per motivi futili i due imputati dapprima 'marcavano il territorio', ricordando ai cerignolani 'di trovarsi a Foggia', come a dire 'qui comandiamo noi!', quindi, verosimilmente, passavano alle vie di fatto con tutta l'aggressività di cui erano capaci, disposti ad ogni conseguenza pur di 'punire' coloro che non si erano piegati al loro avvertimento”.

Il nesso tra l’aggressione e la morte | I periti coinvolti nel procedimento (qui i dettagli) sono stati chiamati a rispondere sulla relazione causale tra il traumatismo contusivo subito la sera dell’aggressione e la massiva emorragia sub-aracnoidea. Le risultanze delle perizie possono sintetizzarsi in due differenti scenari, entrambi plausibili. Secondo la prima ipotesi, “in occasione della colluttazione avvenuta il 6 ottobre vi è stata una lesione traumatica della parete dell'arteria cerebellare postero-inferiore che imme diatamente ha determinato un sanguinamento sub-aracnoideo, nei giorni successivi ha portato alla formazione dell'aneurisma evidenziato dagli esami neuroradiologici del 15 ottobre". L’altro scenario, invece, presuppone che “all'origine della pica (vaso cerebrale, ndr) di sinistra era presente un aneurisma, ovviamente misconosciuto, che durante la colluttazione si è rotto determinando la osservata emorragia la cui estensione ha impedito di visualizzarlo nell'AngioTC eseguita subito dopo il ricovero, mentre è stato successivamente rilevato dagli esami neuro-radiologici eseguiti il 15 ottobre”.

Sul punto, la gup si è così espressa: “Riteniamo che entrambe le ipotesi siano proponibili, con elementi che possono essere avanzati a favore di entrambe, ma che non riteniamo decisivi per privilegiare l'una rispetto all'altra. Tale incertezza a nostro avviso non può modificare la risposta a quello che forse è il quesito più importante al quale dare una risposta: ossia l'esistenza di un rapporto causale tra l'aggressione subita ed il sanguinamento endocranico”. In  conclusione, seppure il caso proposto sia di difficile interpretazione, riteniamo che si possa affermare l'esistenza di un nesso di causalità tra la colluttazione e la morte del Monopoli, “quantomeno in termini di elevatissima probabilità”. Sotto il profilo giuridico, “la questione deve essere ricondotta nell'alveo dei principi dell'equivalenza delle cause”. Le difese di Stallone e Verderosa, come anticipato a FoggiaToday, stanno predisponendo il ricorso in appello. Il caso Monopoli passerà quindi al vaglio del secondo grado di giudizio.

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