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Cronaca

Quattro vite spezzate, tre lottano tra la vita e la morte: è l'ennesima tragedia sul lavoro

L'incidente stradale è avvenuto nel Foggiano sulla provinciale 105 al bivio tra Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri. I commenti di Daniele Calamita e Paolo Campo della Flai Cgil

Quattro vite spezzate, tutti giovanissimi braccianti agricoli africani, e altri gravemente feriti che stanno lottando tra la vita e la morte: è questo il bilancio del drammatico incidente stradale avvenuto ieri pomeriggio sulla strada provinciale 105, al bivio tra Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri, in seguito a un terribile scontro tra un camion che trasportava un carico di pomodori e un furgone a bordo del quale viaggiavano le povere vittime, che tornavano nei loro alloggi dopo una lunga e faticosa giornata di lavoro proprio tra i campi dell'oro rosso di Capitanata. Uno dei feriti non è in pericolo di vita. 

Le immagini sul luogo della tragedia

Il commento di Daniele Iacovelli (Flai Cgil)

La verità di quanto accaduto non si esaurisce nella dinamica dell’incidente, ma ha radici ben più profonde - e ormai tristemente note - fatte di marginalità sociale estrema, di ignobile sfruttamento dello stato di bisogno di ragazzi soli e senza diritti, costretti alla sopravvivenza tra le baracche dei ghetti, in un contesto sociale che sempre più li rende preda unicamente di sentimenti di rabbia e di insofferenza. I ragazzi stavano tornando a “casa” dopo una lunga giornata chini sotto il sole per la raccolta del pomodoro, che da ieri deve annoverare tra i suoi costi altre quattro vite umane, la cui fine è testimoniata in maniera quasi sarcastica dalle tracce lasciate da quei quintali di pomodori riversi dopo lo scontro e che hanno tinto di rosso la strada. Non è, infatti, un incidente stradale come tanti pure tristemente se ne contano, noi lo consideriamo, invece, un “evento - limite

Un evento dopo il quale non è più possibile immaginare che le cose continuino a scorrere come hanno sempre fatto, perché denuncia, senza tema di smentita e con una potenza mai sperimentata prima, per il numero delle vittime e per le circostanze che lo hanno generato, l’esistenza di una realtà sommersa, radicata, eppure da tutti conosciuta, che vede negati, a migliaia di persone, i più semplici diritti legati alla percezione di un giusto salario e al rispetto delle condizioni contrattuali, specie di quelle legate al numero di ore massime lavorabili; ma, prima ancora, ciò che colpisce e ferisce è la completa assenza di considerazione umana verso chi, sotto la luce accecante del sole eppure “nell’ombra”, lavora nelle nostre campagne i prodotti che finiscono sulle nostre tavole. E’ un evento che ci interroga e chiama tutti a rispondere su quali siano realmente le ragioni che sinora non hanno consentito a questo territorio di concertare soluzioni che risolvessero problemi, come quello del trasporto, spesso in mano ai caporali, la cui diversa gestione avrebbe probabilmente evitato o ridotto il numero di vittime, nonostante proprio qui, a Foggia, sia stata istituita la prima sezione territoriale della Rete del lavoro agricolo di qualità.

Continua Iacovelli: “È un evento limite anche all’invisibilità e all’abitudine di considerare quasi normale e inevitabile il fatto che ogni giorno le vie di Capitanata siano attraversate da camioncini come quello oggetto dell’incidente, che vanno verso le aziende agricole e dove sono letteralmente ammassati i lavoratori senza alcun presidio di sicurezza. Ieri questi ragazzi hanno probabilmente dovuto fare i conti con la stanchezza di un’interminabile giornata di lavoro sotto il sole cocente di agosto, poi finita in tragedia.

Il sindacalista della Flai Cgil conclude: “Lo consideriamo l’evento “limite”, oltre il quale, se nulla dovesse cambiare per tutti i lavoratori che vivono nelle medesime condizioni, potremo dire di aver smarrito completamente il senso delle fondamenta civili e culturali su cui, faticosamente e dopo un percorso di diversi secoli, sono stati edificati la nostra società e il nostro Paese. La vita di questi giovanissimi lavoratori, dalla strada su cui è rimasta, ci chiama tutti a rispondere delle nostre responsabilità e ci interroga prepotentemente su quale vogliamo sia il futuro dei nostri valori e quindi della nostra stessa identità”

Il commento di Paolo Campo

Quattro uomini. Quattro lavoratori. Quattro morti. Non conta la nazionalità o la provenienza. Non conta il porto di partenza o il porto di sbarco. Non conta se sono arrivati a bordo di una nave della Marina o di una ONG. Sono morti al termine di una durissima giornata di lavoro. Probabilmente sottopagati. Probabilmente per 10 ore a riempire cassoni. E chissà se ingaggiati da un caporale. Sono morti in Italia, nel sud dell’Italia, in Puglia, in provincia di Foggia.

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