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Cronaca San Severo

"Questa non è una terra di selvaggi". Il vescovo di San Severo dopo il 'caso Brumotti': "Il crimine fa notizia, le cose buone no"

Il vescovo di San Severo: "Cultura della legalità e autodeterminazione vanno promosse e non si possono lasciare alla buona volontà”. Nel caso del San Bernardino ci sono istituzioni che “lavorano tanto. C’è un bene sommerso ma poco conosciuto perché il crimine fa notizia, le cose buone no"

“Non mi piace la narrazione parziale di un territorio e non condivido quel modo di fare giornalismo”. Il vescovo di San Severo, mons. Giovanni Checchinato, non fa giri di parole e, a freddo, commenta il ‘caso Brumotti’, l’inviato del tg satirico ‘Striscia la Notizia’ aggredito con la sua troupe al quartiere San Bernardino.

“E’ stato un episodio da condannare, così come va condannata qualunque forma di violenza”, tiene a precisare il prelato. “Ho vissuto male la narrazione di quei momenti, così come tutte le volte che succede qualcosa a San Severo, o nel resto della Capitanata, e il territorio viene descritto come un luogo inospitale e popolato da selvaggi. Io non sono di San Severo e posso dire che qui ho trovato una città accogliente, gente perbene e grandi lavoratori”.

“La sensazione che ho avuto, come accade spesso quando si parla di questa città, è che c’è una narrazione molto parziale, che sovrappone le persone con alcuni problemi, che pure ci sono, ma che non devono essere totalizzanti. Sono problemi di alcuni e non di tutti. Quindi, leggo sempre con disappunto queste narrazioni che - ahimè - fanno alcuni giornalisti”.

Sul caso di specie è chiaro: “Io sono per la pace e ogni episodio di violenza va stigmatizzato. Ma dico anche che dobbiamo stare attenti a stigmatizzare solamente le punte di questi iceberg, perché ci tante violenze che vengono perpetrate continuamente e non ce ne rendiamo conto (o non vogliamo rendercene conto): c’è la violenza delle parole, c’è la violenza di una informazione che a volte è miope e legge i fatti solo in maniera parziale”.

“C’è, ancora, la violenza di chi si assume competenze che non ha, perché - mi pare - la salvaguardia della legge, che in parte spetta a tutti, preveda realtà operative preposte. E ad essere sincero trovo violento anche questo stile di fare giornalismo”. Certo è che quella trasmessa lo scorso 5 ottobre non è stata una bella pagina per la città. E l’obiettivo, oltre alla condanna estemporanea, deve essere il risanamento di quella fetta di città oggi sotto i riflettori.

“E’ un discorso di cultura della legalità e di autodeterminazione, che vanno promosse e non si possono lasciare alla buona volontà”, spiega. Nel caso del San Bernardino ci sono istituzioni che funzionano, “lavorano tanto e anche bene, e non mi sentirei di sollecitarle ulteriormente”, precisa. Il riferimento è alle parrocchie, all’unica scuola cattolica rimasta in città e situata nell’arcinoto quartiere. “Di quello che fanno le parrocchie di San Bernardino, San Giuseppe Artigiano e Divina Provvidenza chi ne parla?”, chiede il vescovo. “C’è un bene sommerso che è poco sottolineato perché il crimine fa notizia, le cose buone no. Certo si può fare di più, qui come altrove”.

La città di San Severo sta vivendo una stagione difficile. Questo racconta la cronaca e, al di là di ogni narrazione, sono i numeri di omicidi, agguati e reati di sorta a confermarlo. “Mi sono espresso duramente dopo le uccisioni di quest’estate. Ma da qui a fare l’equazione e sostenere che è tutto negativo non ci sto, non è vero. C’è una parte della città che non lo merita e che non deve abbattersi. Il bene, fatto bene, fa bene ed è bello. Ed è quello di cui abbiamo bisogno oggi. Il male, invece, è sempre brutto e fa male. Questo dobbiamo tenere a mente e praticare. Punto”.

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