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Cronaca

"Troppo odio e paura tra la gente", l'allarme di mons. Pelvi: "La politica non crei disuguaglianza e discriminazione"

Il monito dell'Arcivescovo in occasione della Processione dell'Iconavetere, patrona della città di Foggia

“A livello nazionale e internazionale stiamo regredendo su valori e princìpi di umanità, conquistati con lacrime e sangue e che donano dignità, speranza e futuro. La passione per l’umano è in grave difficoltà. Basti notare le relazioni familiari e quelle della convivenza sociale profondamente logorate".

Un allarme e un monito quello lanciato dall'arcivescovo metropoilita di Foggia-Bovino Mons. Vincenzo Pelvi, in occasione della Processione dell’Iconavetere. "La diffidenza tra singoli e popoli si nutre di una smodata ricerca del proprio interesse e di una competizione esasperata. Respiriamo quell’anticultura dell’indifferenza nutrita dalla prepotenza del potere e del successo.

L’idolatria del denaro e l’ideologia del consumo selezionano quotidianamente i bisogni e manipolano i nostri sogni. Senza volerlo avvertiamo, così, l’avvilimento della paura che tentiamo di annientare attraverso una cieca corsa al godimento materiale, con risultati di frustrazione e distruzione.

Purtroppo stiamo rimpiccolendo la storia nostra e quella degli altri. C’è un ripiegamento della vita pubblica verso particolarismi e corporativismi, un ritorno a scelte istintive, linguaggi aggressivi intrisi di violenza. Rischiamo di creare uno scontro tra sentimenti e princìpi di umanesimo con la perdita di riferimenti ai valori collettivi. Rimpiccolire la storia è regredire, proclamando la supremazia di una Nazione sull’altra, rifiutando il principio dello stare insieme che ha unito popoli e nazioni per tanto tempo.

Noi non vogliamo un mondo piccolo, dove gli uni cacciano gli altri, dimostrando di non avere alcuna strategia, né cuore, né intelligenza e saggezza.

Ne consegue l’appello a lavorare uniti per il bene comune. Tutti, giovani e adulti, siamo cittadini e abbiamo una vocazione al servizio del bene comune. Orizzonte e fine di questa vocazione è la buona politica, amica delle persone, inclusiva e non in guerra con il corpo sociale, che non lascia ai margini nessuno, ma tiene il timone fisso nella direzione del bene di tutti.

Purtroppo sentimenti di paura e persino odio hanno preso forma tra la nostra gente e si esprimono nei social network, inquinando il senso etico del nostro popolo. La malattia spirituale più evidente è il sentirsi minacciati nei legami sociali, con la perdita del senso di fraternità e solidarietà. Sembra che non si abbia più fiducia di nessuno: medici, docenti, politici, intellettuali, giornalisti. Nasce, perciò, l’esigenza di costruire legami per favorire quell’amicizia per un futuro comune da costruire insieme, curando le ferite di legami spezzati e della fiducia tradita.

Ogni offerta politica non può identificare nemici da guardare come ostili. Abbiamo bisogno di uno spazio libero da parole cattive e dalla tecnica della chiusura e della derisione dell’avversario. L’impegno concreto e responsabile in politica non è potere, ma servizio di chi non si lascia corrompere e che accetta quasi un martirio quotidiano per cucire reti d’incontro e solidarietà.

Torniamo alla politica della verità. Anche perché la politica non è un incontro tra uguali, ma la convivenza e la comprensione tra persone diverse, che possono raggiungere obiettivi comuni.

La differenza non è fonte di discordia, ma di reciproco arricchimento e cooperazione. A riguardo, penso alla democrazia come il migliore dei sistemi possibili, sempre che i nostri rappresentanti politici ricerchino prima di tutto il bene comune dei cittadini, specie i più vulnerabili e bisognosi. I problemi si risolvono evitando la via dello scontro, senza cedere, però, alla tentazione di soluzioni magiche a problemi complessi. La politica non può essere fatta da perenni liti, attenta più alla spettacolarizzazione che al rigore istituzionale, non costruita appositamente per il solito ceto politico, non fabbricata a freddo nei laboratori dei social media, che trasformano i riti della democrazia e la liturgia dei partiti con il rumore della non verità. Essa, invece, va intessuta di esperienze vere, vissuto quotidiano, esistenza reale dei cittadini. Una politica, direi, che si costruisce dal basso senza fretta e con pazienza. Perché ciò si realizzi facciamo crescere la cultura dell’incontro, capace di ricamare la trama troppo sfilacciata della società. Ricamare e dare rappresentanza, rispettando le identità di ciascuno, quelle individuali, associative e sociali, trovando la mediazione di una politica più ragionata e meno urlata, che non deve accontentare tutti, ma rappresentare tutti.

Una buona politica deve sapere indicare la strada del futuro, cercando di governare senza creare disuguaglianza e discriminazione. Ciò implica che gli stessi politici siano capaci di governare se stessi, le proprie debolezze, le proprie ambizioni, così da acquisire autorevolezza e ottenere quella virtù che si chiama coerenza. Stasera invochiamo l’intercessione di Maria, nostra Sorella e Madre, perché ci metta nell’animo una certezza da coltivare. I sogni e gli ideali sono più grandi dell’egoismo e con il tempo hanno sempre prevalso e guidato la storia dell’umanità.

Pensare in grande: è il sogno e l’augurio di questa sera di mezza estate”.

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