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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Foggiana, garganica e cerignolana: le tre mafie di Capitanata tra tradizione e modernità

Le tre mafie analizzate nella delibera della sesta commissione consiliare del Consiglio Superiore della Magistratura che ha analizzato i fenomeni criminali mafiosi in provincia di Foggia

Nella seduta del 18 ottobre 2017 il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, nelle materie di competenza della VI commissione, ha approvato una risoluzione che analizza la situazione degli uffici giudiziari di Foggia e Bari. La delibera si colloca nell’ambito dell’azione consiliare in materia di criminalità organizzata e fa seguito alla missione della sesta commissione che dopo i gravi episodi criminali verificatisi ad agosto sul Gargano si è recata a Bari e a Foggia per acquisire i dati necessari per un intervento consiliare di supporto agli uffici giudiziari. Nello specifico la risoluzione analizza compiutamente i fenomeni criminali che caratterizzano la provincia di Foggia, sia con riferimento alle tipologie delittuose “tipiche” delle diverse aree, sia con riguardo alle numerose associazioni delittuose che vi operano.

Le tre mafie: foggiana, garganica e cerignolana

Nella relazione del Procuratore di Foggia è stato evidenziato come in Capitanata operano gruppi criminali ovvero mafie, distinte in almeno tre organizzazioni, la cui esistenza risulta giudizialmente accertata: la mafia foggiana, la mafia garganica (operante nei territori di San Nicandro Garganico e Apricena, Manfredonia e Monte Sant’Angelo; Vieste e Peschici) e la mafia cerignolana (operante in Cerignola, Trinitapoli, San Ferdinando di Puglia). Le indagini svolte dalla Procura di Foggia - soprattutto in materia di armi, stupefacenti, reati contro il patrimonio con uso di violenza e riciclaggio - hanno in più occasioni permesso di accertare l’esistenza di “legami di affari” fra le varie organizzazioni criminali, che però non ne toccano la struttura e l’autonomia. La mafia foggiana nasce a metà degli anni Ottanta con la denominazione di ‘Società Foggiana’, ma il primo riconoscimento definitivo in sede giudiziaria si ha solo nel 1994, con la sentenza ‘Panunzio’. La mafia cerignolana nasce negli anni Novanta e la sentenza che ne sancisce l’esistenza è quella relativa al processo ‘Cartagine’, divenuta definitiva nel 1997. La mafia garganica, pur operativa dalla fine degli anni Settanta, verrà riconosciuta solo nel 2006, con la sentenza ‘Iscaro-Saburo’, confermata dalla Corte di Cassazione.

Le organizzazioni criminali tra tradizione e modernità

Dalla relazione svolta dal Procuratore e dal sostituto della DDA di Bari è risultato che l’elemento distintivo di tutte queste organizzazioni criminali è costituito dalla capacità di coniugare tradizione e modernità. La tradizione è quella del “familismo mafioso” tipico della ‘Ndrangheta e della ferocia spietata della Camorra cutoliana; la modernità, invece, è la vocazione agli affari, la capacità di infiltrazione nel tessuto economico-sociale, la scelta strategica di colpire i centri nevralgici del sistema economico della provincia, e cioè, l’agricoltura, l’edilizia e il turismo.


La mafia si tramanda di padre in figlio

Nel Foggiano non esistono le affiliazioni, l’appartenenza al gruppo non si acquisisce mediante un “battesimo”, ma si tramanda di padre in figlio. Il rito di affiliazione serve ad introdurre il ‘picciotto’ nella famiglia mafiosa, per segnare un passaggio, qui non necessario, di appartenenza dalla famiglia “biologica” alla famiglia del clan. E, d’altra parte, l’eredità maggiore, il bene più importante, che un boss si preoccupa di lasciare a suo figlio, è il titolo di capo e la reggenza del clan (come accertato dalle sentenze emesse nel processo ‘Cronos’).

La mafia garganica

La mafia garganica è particolarmente cruenta e non si accontenta di uccidere, cancella anche la memoria della vita soppressa. I cadaveri infatti sono spesso bruciati o buttati nelle grave, veri e propri cimiteri di mafia. Il fenomeno mafioso è, quindi, nell’insieme, compatto, feroce, profondamente radicato sul territorio, su cui esercita un vero e proprio controllo militare. Due i fattori che incidono in questo modus operandi. La morfologia del territorio, con zone montuose, impervie, in parte ricoperte dalla fitta boscaglia della foresta Umbra, con la presenza di grotte e cave, e che, per questo, si presta ad imboscate, nascondigli e occultamenti di materiale illecito, come con droga e armi. Le coste frastagliate, con insenature nascoste, non facilmente accessibili, rivolte direttamente verso l’Albania (paese che quanto a produzione ed esportazione di droghe leggere si attesta ai vertici del panorama mondiale), rendono oggettivamente le zone garganiche un luogo di approdo privilegiato delle imbarcazioni che trasportano carichi di droga provenienti dall’Albania, essendo difficile il controllo e l’intervento delle forze dell’ordine.  Il secondo fattore è di ordine sociologico. In taluni contesti del Foggiano il radicamento socio-culturale del sistema mafioso è così forte da produrre una generalizzata e assoluta omertà che, talvolta, trasmoda nella connivenza se non addirittura nel consenso. A riprova di questo deve evidenziarsi che, dal 2007, non si hanno collaboratori di giustizia interni ai circuiti associativi.

L’80% degli omicidi irrisolti

Dall’inizio degli anni 80 ad oggi, su circa 300 delitti di sangue ascrivibili al contesto mafioso foggiano, l’80% degli omicidi sono ancora irrisolti. Le denunce sono pressoché inesistenti e i pochi cittadini che le presentano quasi sempre in sede processuale ritrattano. Gli imprenditori, nel corso degli anni, sono passati da un assoggettamento estorsivo di tipo violento, ad una atteggiamento di volontaria sottomissione al sistema mafioso: spesso, infatti, è lo stesso imprenditore che si reca autonomamente dal mafioso per pagare il pizzo, anticipandone in tal modo la richiesta.  E all’origine di tali iniziative degli imprenditori non vi è la finalità di lucrare vantaggi, ma la consapevolezza che l’agibilità del percorso esistenziale, economico, sociale e familiare non può affrancarsi dalla protezione mafiosa.

Le alleanza tra le mafie

La mafia di Capitanata è costituita da organizzazioni che, pur autonome tra loro, sanno stabilire alleanze interne (così tra la mafia foggiana e la mafia garganica: vedi sentenza ‘Blauer’ ), nonché con le mafie e le organizzazioni transnazionali albanesi per l’importazione dal Paese balcanico di tonnellate di marijuana e hashish, che vengono puntualmente sversate sulle coste garganiche (vedi operazioni ‘Red Eagle’ e ‘Coast to Coast’). La mafia foggiana ha saputo, inoltre, creare join venture con i Casalesi sia sul versante della contraffazione di milioni di euro di carta filigranata originale sottratta dalle cartiere di Fabriano (vedi sentenza ‘Filigrana’), sia per gestire il traffico dei rifiuti dalla Campania alle cave del foggiano (vedi operazioni ‘Black Land’ e ‘In Daunia venenum’).

Il salto di qualità della mafia foggiana

Un ulteriore salto di qualità importante è stato poi compiuto negli ultimi tempi proprio dalla ‘Società Foggiana’, così come ribadito da Legnini nel corso della sua visita nel capoluogo dauno. Recenti inchieste hanno dato conto della capacità di infiltrarsi nella pubblica amministrazione, in particolare nel settore legato a servizio pubblico di raccolta dei rifiuti e nei settori delle energie alternative, come il fotovoltaico (vedi operazioni ‘Piazza Pulita’ e ‘Remake’); di riciclare i propri capitali illeciti, investendoli in operazioni fraudolente riguardanti un settore strategico dell’economia locale, come quello vitivinicolo, interloquendo, a tal fine, con una importante azienda vitivinicola del ravennate (vedi operazione ‘Bacchus’); di infiltrarsi in ambiti imprenditoriali operanti nell’indotto legato alla lavorazione del grano e del pomodoro (vedi operazioni ‘Rodolfo’ e ‘Saturno’).

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