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Giovedì, 25 Aprile 2024

Il passato si fa evidente tra le spighe di grano, così l'archeologia aerea rivela tesori ancora nascosti

Il punto del foggiano Luca d'Altilia, archeologo e ricercatore nonchè pilota professionista di droni: "Segnaliamo e documentiamo queste tracce, affinché il passato non si perda e il futuro possa creare l’occasione per riportarlo alla luce”

Le tracce del passato fanno capolino tra le spighe ancora verdi del grano. I segni di antiche costruzioni - il ‘pieno’ di strutture ancora interrate o il ‘vuoto’ di fossati, tecnicamente cropmarks positivi e negativi - si fanno evidenti tra la vegetazione e, viste dall’alto, tratteggiano il paesaggio del tempo che fu.

E’ il fascino dell’archeologia aerea, una disciplina sviluppata a partire dalla seconda guerra mondiale, quando molte foto scattate in volo a scopo militare si rivelarono utili per individuare siti archeologici sepolti in varie aree della penisola. Una pratica che oggi è stata notevolmente implementata grazie all’ausilio di droni. Lo sa bene il foggiano Luca D’Altilia (nella foto in basso), archeologo 37enne e pilota professionista di droni. D’Altilia, già dottore di ricerca in storia e archeologia globale dei paesaggi e assegnista di ricerca presso l’ateneo dauno, ha recentemente partecipato al convegno internazionale di Archeologia aerea tenutosi a Lecce, nell’ambito del quale ha presentato alcuni studi condotti insieme ad UniFg, nel territorio di Casalvecchio di Puglia, nel Foggiano.

Le immagini scattate dall’alto rivelano, nitidamente, le tracce di una villa romana situate a breve distanza da quelle di un monastero di epoca medievale. Il sito sorge in località Scurgola, e lo studio - che porta le firme dei docenti UniFg Pasquale Favia (Archeologia medievale) e Maria Luisa Marchi (Topografia antica) - è stato accolto con grande interesse dal consesso. “Si tratta di due importanti evidenze archeologiche che sorgono a breve distanza, forse meno di 100 metri l’una dall’altra”, spiega D’Altilia, che dal 2017 ha iniziato a ‘mappare’ il territorio acquisendo nuove immagini e fotografie così da crearsi una banca dati personale, sempre aggiornata. “Mi sono concentrato in maniera specifica sulla zona in cui risiedo - il Tavoliere - area in cui questo tipo di ricerca è molto fruttuosa”, spiega. “In questa vasta pianura, i cosiddetti cropmark, si fanno evidenti fotografando dall’alto le coltivazioni di grano o altri cereali, soprattutto nella tarda primavera (il periodo più adatto va metà maggio a inizio giugno)”, spiega.

Questi segni sono indicativi di eventuali evidenze archeologiche ancora sepolte: “Da queste tracce possiamo discernere se, al di sotto del suolo, ci sono ancora strutture murarie o fossati/fosse”, spiega il giovane archeologo aereo. “Infatti, se le piante incontrano resistenza a livello delle radici per via di strutture presenti, queste avranno una colorazione più chiara e cresceranno più basse; se, invece, è presente un fossato, questa vegetazione crescerà in maniera più scura e più rigogliosa”. Questi segni, impercettibili da terra, diventano un meraviglioso disegno se visti dall’alto. “E’ un tipo di attività molto gratificante ed emozionante”, spiega il pilota di droni. “Restituisce la sensazione di camminare letteralmente sul passato e rivela il legame tra l’attuale paesaggio e quello dei secoli passati, che non era affatto uno scenario povero, fatto di insediamenti slegati tra loro, ma era una realtà fitta, vivace e viva come testimonia l’affollamento di tracce giunto fino ai nostri giorni”.

luca d altilia archeologo droni

Nel caso specifico di Sculgola, le indagini hanno permesso di indentificare “diverse aree di frequentazione, per le quali è possibile riconoscere una continuità insediativa dall’età imperiale al medioevo”, si legge nello studio. Nello specifico, l’analisi delle tracce da aerofotointerpretazione, su centinaia di immagini acquisite da drone e messe a sistema, “ha rivelato nell’area attigua ai ruderi del ‘Convento diruto’, evidenze di un insieme di strutture esteso su un’area di poco più di un ettaro, tra le quali è possibile riconoscere gli ambienti di una estesa villa imperiale e tardoantica. A circa 90 metri, in direzione ovest, l’analisi delle tracce permette di riconoscere la pianta dell’Abbazia di Sculgola, complesso monastico sito nella Diocesi di Dragonara e principale dipendenza del monastero di Santa Maria del Gualdo, fondato nel XII secolo ed ulteriormente sviluppatosi nel XIII. Completano il quadro insediativo ulteriori tracce, meno evidenti, osservate a sud e sud-est del monastero, possibilmente riconducili ad uno sviluppo insediativo di XIII secolo, forse identificabile nella formazione di un casale”.

La ricerca da drone si muove su una scala diversa, molto più ampia, rispetto allo scavo archeologico tradizionale. Ma non per questo risulta meno affascinante: “Questo tipo di indagine si ricollega all’archeologia dei paesaggi”, puntualizza D’Altilia. “Si utilizza la fotografia aerea proprio per allargare l’orizzonte e capire come degli insediamenti - siano essi preistorici, romani o medievali - si sono sviluppati, come si sono relazionati gli uni con gli altri e qual è stata la loro evoluzione. Cambia il concetto di scala: dall’analisi del singolo sito o reperto, si passa a quella di un intero paesaggio e di tutto il contesto che entrava in gioco”. Questo tipo di ricerca è oggi molto più accessibile grazie all’impiego di droni: “La fotografia aerea viene utilizzata da decenni ma era un’attività molto impegnativa e costosa. Oggi invece è stato possibile allargare la platea dei professionisti che possono dedicare a questa tipologia di indagine, che diventa molto utile sia ai fini della ricerca pura, ma anche nell’ambito dell’archeologia preventiva in caso di lavori di pubblica utilità (cantieri per parchi eolici o elettrodotti, scavi per metropolitane”.

Resta però l’incognita sulle prospettive future: “Molti di questi terreni sono privati, quindi la palla passa alla Soprintendenza per avviare, eventualmente, le pratiche - non semplici - per permettere la prosecuzione delle ricerche sul campo. Poi ci si scontra con l’atavico problema della mancanza di fondi. Per il momento, quello che possiamo fare è segnalare e documentare queste tracce, affinché il passato non si perda e il futuro possa creare l’occasione per riportarlo alla luce”.

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