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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Stornara

Gemelli picchiati a Stornara, indagati ammettono l'aggressione. I periti: "Ragazzo in coma dopo la caduta in ospedale"

Per i due, l'accusa è di lesioni personali aggravate dai futili motivi perché “non è stato accertato in maniera inequivocabile se le condizioni di una delle due vittime siano peggiorate per altre concause o il tutto sia stato causato esclusivamente dalle percosse ricevute”

Sono comparsi ieri mattina, dinanzi al giudice per le indagini preliminari, Margherita Grippo, i due ragazzi di Stornara, accusati di aver aggredito, per futili motivi, due fratelli gemelli di Orta Nova. I due, rispettivamente di 20 e 23 anni, difesi dall’avvocato Umberto Bulso del Foro di Foggia, hanno risposto alle domande del gip ammettendo le loro responsabilità in ordine all’aggressione, ma hanno puntualizzato alcuni passaggi in ordine alla ricostruzione dell’accaduto.

Il fatto, lo ricordiamo, risale alla sera del 2 ottobre: in seguito ad un banale diverbio, è scattata la violenza in danno dei gemelli: di questi, uno ha riportato ferite giudicate guaribili in una manciata di giorni, l’altro ha incassato una prima prognosi di un mese (trauma facciale con ferita lacero-contusa del labbro superiore e frattura della ossa del naso) ma è tuttora ricoverato in ospedale, in stato di coma.

Le indagini, dirette dalla Procura di Foggia e condotte dai carabinieri di Cerignola e di Stornara, hanno permesso di acquisire gravi indizi di colpevolezza a carico di due giovani del piccolo centro dei Cinque Reali Siti, destinatari della misura dell’obbligo di dimora e contestuale divieto di avvicinamento nei confronti delle vittime. L'accusa è di lesioni personali aggravate dai futili motivi (e non lesioni gravissime, né la più grave omicidio preterintenzionale) perché “non è stato accertato in maniera inequivocabile se le condizioni di una delle due vittime siano peggiorate per altre concause o il tutto sia stato causato esclusivamente dalle percosse ricevute”, hanno precisato in una nota i militari.

La questione viene esplicitata negli atti: il giorno seguente il ricovero in ospedale, il 32enne - in attesa di essere sottoposto all'intervento chirurgico per la riduzione della frattura al naso - “è caduto battendo la testa sul pavimento”. Il personale del reparto (al quale non è imputata responsabilità alcuna) ha trovato il ragazzo “riverso sul pavimento in stato di incoscienza, con una evidente ferita a livello del capo e con una copiosa fuoriuscita di sangue”. Il giovane è stato quindi sottoposto ad un intervento neurochirurgico e ricoverato nel reparto di rianimazione, sedato e intubato, in prognosi riservata.

Per fare luce sulla concatenazione degli eventi, il pm ha disposto una consulenza tecnica incaricando un medico-legale e uno specialista in radiodiagnostica e neurologia, la cui relazione conferma che in seguito all’aggressione subita lo scorso ottobre, il 32enne ha riportato “la  frattura delle ossa del naso e una ferita lacero-contusa del labbro” e si evince “che a seguito della caduta occorsagli il giorno successivo, lo stesso ha subito un trauma cranico ed il conseguente coma (condizione clinica scarsamente soggetta a miglioramento)”. Secondo i consulenti del  pm, la caduta “fu dovuta, probabilmente, ad un episodio sincopale”.

“I miei assistiti sono stati molto collaborativi e dettagliati nel ripercorrere gli eventi”, spiega l’avvocato Bulso. “L’imputazione formulata è quella di lesioni personali aggravate dai futili motivi perché lo stato comatoso di una delle vittime non è stata ricondotta direttamente all’aggressione, ma ad una caduta avvenuta in ospedale il giorno seguente. Uno dei due, in particolare - continua il legale - ha confessato di aver sferrato il pugno ma entrambi hanno puntualizzato alcuni passaggi della ricostruzione: il primo ha dichiarato (e l’altro ha confermato) di non aver mai praticato arti marziali in vita sua, a differenza di quanto sostenuto dalla persona offesa agli inquirenti e riportato in ordinanza cautelare. Inoltre, gli stessi hanno più volte sostenuto in interrogatorio di essere stati provocati e presi di mira, sin dall'inizio dell'episodio”.

Smentita, infine, la circostanza, emersa nell’immediatezza dei fatti, secondo la quale gli aggressori fossero ‘armati’ di tirapugni, così come la dichiarazione relativa alla presenza di “anelli metallici sulle mani”. All'autorità giudiziaria il compito di fare luce sulla vicenda.

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