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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

L'orrore sui pazienti del 'Don Uva' "blindato" svelato dalle telecamere: "Vittime incapaci di riferire violenze"

Le indagini sono partite da una conversazione carpita nell'ambito di un altro procedimento penale. Colpo il segnale di allarme, la Procura ha aperto un fascicolo di indagine dedicato sfociato nell'operazione 'New Life'

Maltrattamenti aggravati e reiterati nel tempo in danno di 25 pazienti psichiatrici, soggetti fragilissimi in residenza presso la struttura ‘Don Uva’ di Foggia. L’operazione ‘New Life’ dei carabinieri del Comando provinciale di Foggia e del Gruppo Tutela della Salute di Napoli, coordinata e diretta dalla Procura di Foggia, ha permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico di 30 dipendenti della struttura accusati, a vario titolo e per differenti profili di responsabilità, dei reati di maltrattamenti aggravati, sequestro di persona, violenza sessuale e favoreggiamento personale.

Si tratta di otto infermieri, sedici operatori socio-sanitari e due educatrici professionali dipendenti di Universo Salute, tre operatori sanitari assunti tramite agenzia interinale e un addetto alle pulizia della ditta appaltatrice del servizio. Di queste, sette persone sono state trasferite in carcere, per otto di loro è scattata la misura dei domiciliari. Applicati tredici divieti di dimora con contestuale divieto di avvicinamento alle persone offese e due diveti di dimora.

“E’ stata una indagine complessa e gravosa che ha coinvolto sul piano emotivo i militari operanti”, ha precisato il comandante provinciale dei carabinieri di Foggia, col. Michele Miulli. “I fatti contestati sono ancora più gravi perché compiuti da chi aveva l’obbligo di prendersi cura delle vittime”. Accanto a lui, il colonnello Edoardo Campora, comandante Gruppo Tutela Salute di Napoli, che ha collaborato alle attività.

A dare la stura all’indagine è stata una intercettazione carpita nell’ambito di un altro procedimento penale: nella conversazione captata, si faceva riferimento a quanto accadeva “con metodica sistematica” all’interno della struttura di via Lucera, tanto da indurre i magistrati della Procura dauna ad aprire un fascicolo di indagine dedicato. Le attività si sono basate soprattutto sulle intercettazioni ambientali e sui filmati delle telecamere piazzate nei corridoi e nelle stanze della sezione femminile della struttura (le immagini video).

“Abbiamo operato in un ambiente blindato e inaccessibile”, precisa il procuratore aggiunto Silvio Guarriello, che ha coordinato le indagini, “nel quale le vittime non erano in grado di riferire, nemmeno ai familiari, ciò che subivano sistematicamente. Diversamente tali fatti sarebbero rimasti ignoti”.

Un’indagine osteggiata dagli stessi indagati che, temendo di essere controllati, “hanno avviato una vera e propria caccia artgianale a cimici e microcamere”, ha aggiunto il pm. “In alcuni casi sono riusciti a intercettare e neutralizzare i dispositivi, girando delle telecamere o danneggiandole dopo aver cercato su google come fare”, ha spiegato.

Le violenze sui pazienti: "Ti uccido"

“Il timore di essere indagati”, ha aggiunto il procuratore capo, Ludovico Vaccaro, “ha certamente attenuato, in alcuni casi, le condotte, che però non si sono mai arrestate. Questa operazione, che segue di pochi mesi il caso analogo presso la struttura Stella Maris di Manfredonia, ci obbliga alla massima attenzione verso il problema di gestione dei livelli di assistenza delle persone in stato grave stato di bisogno, fragilità e vulnerabilità”, continua.

La maggior parte degli episodi contestati riguardano il reato di maltrattamento pluriaggravato, perché commesso durante il servizio, con più azioni, talvolta singolarmente, altre volte in gruppo. Di tale fattispecie rispondono a vario titolo 28 dei 30 indagati (gli altri due sono accusati di favoreggiamento). Viene evidenziata anche la componente del omissiva perché “il venir meno ai doveri di assistenza si soggetti fragili e non autosufficienti si configura pure come maltrattamento”, sottolinea Vaccaro.

Maltrattamenti che si concretizzavano, nella maggior parte dei casi, in percosse, schiaffi, pugni, strattonamenti, scuotimenti, insulti, mortificazioni sul piano personale e sessuale e trascinamenti lungo i corridoi della struttura negli spostamenti da un ambiente all’altro. Contestati anche 14 episodi di sequestro di persona, con pazienti chiusi a chiave nelle loro stanze o assicurati a letti e sedie con lenzuola e stringhe di tessuto.

Vigilante: "Fine di una triste vicenda"

Due i casi di abusi sessuali contestati nell’ordinanza: il primo episodio riguarda il palpeggiamento del gluteo di una paziente da parte di uno degli indagati; l’altro riguarda l’incitamento a compiere atti sessuali tra degenti, da parte di un altro operatore che non solo non ha interrotto l’azione, ma ne è stato anche testimone. “Essendo persone impossibilitate ad esprimere libero consenso nelle loro azioni, viene ipotizzato il reato di violenza sessuale”, precisa il procuratore Vaccaro. Nei prossimi giorni gli indagati compariranno dinanzi al gip per l’interrogatorio di garanzia. Il profilo delle società coinvolte, precisano dalla Procura, è in fase di approfondimento.

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