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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Manfredonia

Allarme di Goletta Verde: "La foce del Candelaro a Manfredonia è fortemente inquinata"

Nel mirino della storica campagna di Legambiente ci sono sempre canali e foci che continuano a riversare in mare scarichi non adeguatamente depurati. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli)

Sette campionamenti su ventinove eseguiti lungo le coste pugliesi risultano fuori dai limiti di legge e, di questi, cinque sono “fortemente inquinati”. Nel mirino ci sono sempre canali e foci che continuano a riversare in mare scarichi non adeguatamente depurati come nel caso della foce del torrente Candelaro a Manfredonia, foce Canale Reale a Carovigno, foce canale contrada Posticeddu, sul litorale Apani, a Brindisi, presso il canale di scarico di Marina di Leuca a Castrignano del Capo, e a Marina di Lizzano, alla foce del fiume Ostone, punti risultati fortemente inquinati.

È questo in sintesi l’esito del monitoraggio svolto lungo le coste pugliesi dall’equipe tecnica di Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane (realizzata anche grazie al sostegno del CONOU, Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati, e dei partner Novamont e Ricrea (Consorzio nazionale riciclo e recupero imballaggi acciaio). Il monitoraggio di Goletta Verde (eseguito dalla squadra di tecnici di Legambiente tra 17 e il 20 luglio 2018) prende in considerazione il campionamento dei punti critici che vengono principalmente scelti in base a un “maggior rischio” presunto di inquinamento, individuati non solo dai circoli di Legambiente ma degli stessi cittadini attraverso il servizio SOS Goletta.

Per questo vengono prese in esame le foci dei fiumi, torrenti, gli scarichi e i piccoli canali che spesso troviamo sulle nostre spiagge: queste situazioni sono i veicoli principali di contaminazione batterica dovuta all’insufficiente depurazione dei reflui urbani che attraverso i corsi d’acqua arrivano in mare. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli) considerando come “inquinati” i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli che superano di più del doppio tali valori.

In provincia di Foggia, su quattro punti monitorati, uno è stato giudicato fortemente inquinato, ovvero a Manfredonia, alla foce del torrente Candelaro; entro i limiti i risultati dei prelievi effettuati a Peschici, in località Baia Monte Pucci, presso la spiaggia libera La Calenella; a Lesina, Marina di Lesina, alla spiaggia libera di Tammaricelle; e a Manfredonia, alla spiaggia fronte Castello di Manfredonia.  “La maladepurazione è un’emergenza ambientale che va affrontata con urgenza. Il nostro Paese è stato già condannato a pagare all’Ue una multa da 25 milioni di euro, più ulteriori 30 milioni ogni sei mesi finché non si metterà in regola. Si tratta di un costo che ricade direttamente sulle tasche dei cittadini e che, invece, avrebbe potuto rappresentare una risorsa da spendere più utilmente per aprire nuovi cantieri per la depurazione e realizzare sistemi efficienti e moderni, creando nuovi posti di lavoro”, sottolinea Katiuscia Eroe, portavoce di Goletta Verde. “Il risultato del monitoraggio di Goletta Verde è positivo nel suo complesso - afferma Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia - anche se permangono criticità su tutti i tratti di mare interessati dalle foci di fiumi e canali, che ormai risultano malati cronici. Tuttavia ancora il 17% dei depuratori pugliesi continua a non essere conforme alla direttiva europea sulla depurazione mentre procedono gli interventi di potenziamento/adeguamento, compresi quelli per il contenimento delle emissioni odorigene. Viste, inoltre, le numerose iniziative finalizzate ad affinare le acque reflue depurate, chiediamo alla Regione Puglia di puntare al massimo riutilizzo in agricoltura”. 

Focus regionale sulla depurazione

Sono 185 gli impianti di depurazione a servizio degli agglomerati pugliesi, di cui 182 gestiti da Acquedotto Pugliese e 3 gestiti direttamente dai comuni (Lesina Marina, San Nicandro Garganico-Torre Mileto e Volturara Appula). La scarsa disponibilità idrica superficiale naturale condiziona fortemente la tipologia dei recapiti finali nella nostra regione. Questo comporta che solo il 7% dei recapiti finali dei depuratori è costituito da corpi idrici superficiali, il 75% è costituito da lame e altri corsi d’acqua effimeri/episodici o dal suolo (attraverso trincee drenanti) e il 16% recapita a mare. Gli impianti che continuano a scaricare nel sottosuolo sono 3 (Lesina Marina, Manduria Vecchio e Casamassima Vecchio, la cui dismissione è prevista entro l’anno), 1 in meno di quelli recapitanti nel sottosuolo nel 2017 (presso l’impianto di Martina Franca è stato recentemente attivato il sistema di scarico a mezzo di trincee drenanti).

Dal monitoraggio effettuato dall’Arpa Puglia nel 2017 (2.438 controlli) emerge che sono scesi a 32 gli impianti di depurazione che nel 2017 hanno presentato una non conformità alla Direttiva comunitaria (91/271) sul trattamento delle acque reflue urbane. Di questi: 14 avevano lavori in corso tali da rendere plausibile un decremento dell’efficienza depurativa (Galatone, Cerignola, Molfetta, Ruvo-Terlizzi, Santeramo in Colle, Andria, Bisceglie, Bitonto, Stornara, Lizzano, Faggiano, Lucera 1, Manfredonia, Vieste). Dei restanti 18, su 6 sono stati già programmati interventi di adeguamento/potenziamento (Monte Sant’Angelo B, Ascoli Satriano, Bari Ovest, Gioia del Colle, San Severo, San Ferdinando di Puglia), su 2 è prevista la dismissione (Casamassima Vecchio, Manduria Vecchio) per i restanti 10 (Carmiano, Orsara di Puglia, Apricena, Castelluccio dei Sauri, San Marco la Catola, San Paolo di Civitate, Sant’Agata di Puglia, Serracapriola, Vico del Gargano, Grottaglie-Monteiasi) si provvederà con la manutenzione straordinaria in attesa di definire la copertura finanziaria per gli interventi di adeguamento e/o potenziamento.

Tra i fattori che possono inficiare il processo depurativo degli impianti ci sono anche gli scarichi anomali (arrivi impropri di acque meteoriche, di vegetazione e di natura lattiero-casearia).  In diminuzione il numero degli impianti più frequentemente soggetto a scarichi anomali: dai 35 dello scorso anno si è passati a 30. Nell’ultimo biennio 2016-2017, sono stati investiti complessivamente nel settore della depurazione 140 milioni di euro. L’attuale programmazione prevede 198 interventi infrastrutturali volti al miglioramento complessivo del comparto depurativo tra adeguamento, potenziamento della capacità di trattamento e abbattimento delle emissioni odorigene. Di questi, 47 risultano ultimati, 19 in esecuzione e 132 in fase di progettazione. L’incremento della copertura del servizio di fognatura e depurazione e il contestuale miglioramento dell’efficienza dei depuratori sta comportando un progressivo incremento della produzione dei fanghi di depurazione, che ha subito un forte trend di crescita tra il 2012 (circa 192.000 tonnellate di fango tal quale prodotto) e il 2016 (circa 247.500 tonnellate di fango tal quale prodotto).

Nel 2017, le 246.300 tonnellate di fanghi di depurazione prodotte sono state così conferite: il 10% direttamente in agricoltura, il 47% in impianti di compostaggio o di produzione di gessi di defecazione fuori Regione, il 7% in impianti di compostaggio all’interno del territorio pugliese e il 36% in discarica. In base alle ultime stime, a regime, la produzione di fanghi dovrebbe attestarsi su un valore di circa 380.000 tonnellate/anno. La progressiva riduzione delle superfici disponibili al riutilizzo in agricoltura e la ridotta disponibilità degli impianti di compostaggio regionali ad accettare il fango prodotto dai depuratori, ha indotto Acquedotto Pugliese (dal 2014 in poi) a portare il fango fuori Regione e in discarica. Nell’aggiornamento del Piano Regionale per la gestione dei rifiuti urbani, attualmente in fase di adozione, la Regione Puglia ha previsto la riduzione dei fanghi all’interno degli stessi depuratori, in attesa della realizzazione di nuovi impianti di compostaggio. In particolare, Acquedotto Pugliese entro il 2020 installerà sugli impianti gestiti 60 nuove stazioni di disidratazione dei fanghi di ultima generazione.

Le gigantesche centrifughe, destinate alla disidratazione dei fanghi, consentiranno una sostanziale riduzione degli stessi: a regime circa 35 mila tonnellate all’anno in meno. Il risparmio all’anno, calcolato in termini di minori spese per l’allontanamento dei fanghi dagli impianti di depurazione, sarà di circa 5 milioni di Euro. Il costo relativo allo smaltimento dei fanghi della depurazione è tra le voci più significative del bilancio di Acquedotto Pugliese e, di conseguenza, della bolletta idrica a carico dei cittadini: 29 milioni di euro. Negli ultimi anni, la Regione Puglia ha messo in campo numerose iniziative finalizzate ad incentivare il riuso delle acque reflue in agricoltura, finanziando n.25 interventi di adeguamento degli impianti depurativi al rispetto del DM 185/2003 e del R.R. n. 8 del 18.04.2012 e di risanamento/realizzazione di sistemi di distribuzione irrigua: Carovigno, San Pancrazio Salentino, Acquaviva, Cassano delle Murge,  Fasano, Sammichele di Bari,  Gioia del Colle, Barletta, Castellaneta, Castellana Grotte, Santa Cesarea Terme, Trani, Bisceglie, Pulsano, Faggiano, Conversano, Corato, Tricase, Zapponeta, Corsano, Ugento, San Donaci, Gravina di Puglia, Martina Franca e Molfetta-Ruvo-Terlizzi.

In Puglia, nel 2017, è stata riutilizzata l’acqua affinata presso gli impianti di Corsano (volume riutilizzato 2017 in agricoltura 148.160 mc/anno), Gallipoli (volume riutilizzato 2017 in agricoltura 122.074 mc/anno), Ostuni (volume riutilizzato 2017 in agricoltura 131.558 mc/anno), Casarano (volume riutilizzato 2017 in agricoltura 500 mc/anno) e Fasano. Dai primi mesi del 2017, il Lago Milecchia viene alimentato con le acque affinate a Noci (volume affinato nel 2017 351.689 mc/anno), mentre il sistema integrato di affinamento e riuso di Acquaviva delle Fonti è partito a maggio 2017. A S. Pancrazio Salentino e a Trinitapoli, l’acqua, seppur affinata, non viene ancora distribuita in attesa dell’esecuzione dei lavori sulla rete irrigua, di competenza dei Consorzi di bonifica.

Dei 27 agglomerati originariamente interessati dalla procedura di infrazione n. 2014/2059 ai danni dell’Italia per il mancato rispetto della direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane (91/271/CEE), 21 risultano conformi e per gli stessi, congiuntamente al Ministero dell’Ambiente, sono in corso le procedure per l’esclusione dall’infrazione. Per i restanti 6, che ad oggi non sono ancora conformi o perché sottodimensionati o per superamento dei limiti allo scarico (Andria, Ascoli Satriano, Bari, Castrignano del Capo, San Severo e Volturino), sono previsti interventi di adeguamento che consentiranno di conseguire la conformità alla direttiva 91/271/CEE secondo la seguente scansione temporale: Andria e Bari nel 2019; Volturino e Castrignano del Capo nel 2020; Ascoli Satriano e San Severo nel 2022. Con riferimento alla precedente procedura n.2004/2034, i n. 3 agglomerati oggetto di condanne della Corte di Giustizia Europea in materia di collettamento, fognatura e depurazione delle acque reflue sono Casamassima, Porto Cesareo e Taviano. Allo stato attuale le prime due criticità saranno definitivamente risolte entro l’anno solare, quella di Taviano è subordinata al dissequestro dell’area di cantiere a cura dell’Amministrazione Comunale.

Anche quest’anno il Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati è main partner della campagna estiva di Legambiente. Attivo dal 1984 anni, il CONOU garantisce la raccolta e l’avvio a riciclo degli oli lubrificanti usati su tutto il territorio nazionale: lo scorso anno in Puglia il Consorzio ha recuperato 8.635 tonnellate di questo rifiuto pericoloso per la salute e per l’ambiente. L’olio usato - che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli - è un rifiuto che deve essere smaltito correttamente: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in acqua inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche. Ma l'olio usato è anche un’importante risorsa perché può essere rigenerato tornando a nuova vita in un’ottica di economia circolare: il 98% dell’olio raccolto viene classificato come idoneo alla rigenerazione per la produzione di nuove basi lubrificanti, un dato che fa dell’Italia il Paese leader in Europa. “La difesa dell’ambiente e in particolare del mare e dei laghi - spiega il presidente del CONOU, Paolo Tomasi - rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione. L’operato del Consorzio non solo evita una potenziale dispersione nell’ambiente di un rifiuto pericoloso, ma lo trasforma in una preziosa risorsa per l’economia del Paese”. 

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