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Aria d'antimafia, la guerra ai "quaquaraqua" e l'appello agli studenti: "Basta scorciatoie per trovare lavoro, ditelo ai vostri genitori"

A pochi giorni dall’inaugurazione della Sezione Dia a Foggia, il generale Governale torna in città per incontrare gli studenti nell’ambito delle iniziative per la legalità promosse dall’Università di Foggia

“La mafia lasciatela combattere alle forze dell’ordine, ma voi siate protagonisti del vostro ambiente e agite pretendendo quello che è vostro diritto. Deve finire questa canzone che dopo la laurea non si trova un posto di lavoro!”

La chiosa del generale Giuseppe Governale, Direttore della DIA - Direzione Investigativa Antimafia, questa mattina ospite dell’Università di Foggia, strappa un applauso a scena aperta tra gli studenti, toccati nella loro paura più grande: il futuro. Una incognita fortemente condizionata dalla pressione criminale e mafiosa. Agli studenti, numerosi e attenti, affida un compito: “L’idea di dover chiedere ciò che ci è dovuto, di cercare la scorciatoia, è una mentalità che dovete riuscire a cancellare dalla testa dei vostri genitori. La conoscenza è la chiave di risoluzione dei problemi”, spiega.

A pochi giorni dall’inaugurazione della Sezione Dia a Foggia, il generale Governale torna in città per incontrare gli studenti nell’ambito delle iniziative per la legalità promosse dall’Università di Foggia. “Sono venuto solo per voi”, confessa alla platea. “Per mettere a posto la mia coscienza, consapevole che venire in una università è come profanare un luogo sacro, dove si persegue la cultura mentre loro, gli ‘uomini d’onore’, vivono sfruttando l’ignoranza, le tradizioni e le superstizioni piegate e contorte sulle loro regole”.

Governale ha illustrato le origini e le evoluzioni di Cosa Nostra mostrando come, a tutt’oggi, sia una fenomenologia particolarmente rilevante e in costante espansione. E ha evidenziato preoccupanti punti di contatto con la mafia foggiana, la ‘Società Foggiana’. In questo modo, il lungo e accorato intervento di Governale diventa una lezione di storia applicata alla realtà, una lente per decodificare i mali dell’oggi. “Qualcosa è andato storto a livello storico e culturale. Tanti hanno scritto di mafia, ma c’era gente che non voleva ascoltare”.

“È un problema serio, maledettamente complesso eppure anche semplice. Questi uomini del dis-onore quando vedono lo scalino che diventa alto si fermano. La storia ce lo dice. Alcuni di loro sono solo dei quaquaraquà che sfruttano la capacità di esprimere la loro ‘escalation dominance’ (ovvero la minaccia) perché lo Stato è stato assente”, accusa. E qui si originano i binari paralleli di Stato e Mafia: dove uno perde di autorità, l’altra crea consenso; dove uno cancella le tradizioni, l’altro è devoto delle proprie radici. La mafia fa squadra, lo Stato non sempre ci è riuscito. “Lo Stato non è stato capace di declinare la sua prima caratteristica: il monopolio dell’autorità”, tuona. Infine, un passaggio sulla realtà foggiana, recentemente dotata di nuove ‘armi’ per combattere questa guerra: “Se ci sono i riflettori nazionali poggiati sull’andamento città può fare solo bene. Ci saranno difficoltà, ma se non si affronta questo problema una volta per tutte non si risolverà mai” | VIDEO

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