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Cronaca

"Preparatevi al peggio". Il calvario di Severino e la vittoria sul Covid: "Mi hanno letteralmente strappato alla morte"

Un calvario durato quasi un mese: dai primi problemi fisici al ricovero dopo il tampone positivo, fino al trasporto in terapia intensiva dove è rimasto intubato per sei infiniti giorni. Poi, il lento miglioramento

"Il Covid-19 non esiste? Non è pericoloso? Tanto non lo prendo… io sto sempre attento. Sì io, ma gli altri? Era il 10 dicembre quando notavo che nel mio corpo qualcosa non andava. Un paio di giorni e poi l’inizio di un incubo. Uno di quegli incubi che grazie ai medici, agli infermieri dei reparti di reumatologia Covid, rianimazione ed ex cardiologia ho vissuto con la consapevolezza di potercela fare. Sì, perché in quei reparti mi hanno curato come se fossi un loro figlio. Mi hanno letteralmente strappato alla morte”.

Chi parla è Severino Rendinella, 70enne titolare, con il figlio, della concessionaria ‘Punto blu’ di via Lucera. Lavoratore instancabile da 50 anni, apprezzato e voluto bene da tutti. Lui è una di quelle persone che può dire di avercela fatta, dopo essere stato a pochi passi da quel burrone che il Covid scava nelle vite di chi entra in contatto con il virus. “Siamo fortunati, perché ora ne possiamo parlare, ma è stato un calvario”, racconta a Foggiatoday il figlio Paolo.

Un calvario durato quasi un mese, da quel senso di debolezza che Severino ha cominciato ad avvertire i primi giorni di dicembre, a cui hanno fatto seguito una intensa sudorazione e la necessità di recarsi al bagno un numero sconsiderato di volte. “Sudava a tal punto da bagnare le coperte. Più passava il tempo più si disidratava, per questo venerdì 11 dicembre abbiamo deciso di portarlo al pronto soccorso”. Ma i sintomi non erano riconducibili al Covid, semmai associabili alla (seppur lieve) forma di diabete di Severino. E infatti, gli operatori, a parte le varie analisi, non ritennero necessario sottoporlo a tampone. Una volta dimesso, però, le condizioni di Severino hanno cominciato a peggiorare. “Dopo aver visto che papà non migliorava, ma stava sempre peggio, ho deciso di riportarlo al pronto soccorso. Un giovane medico, consultando le analisi confermò l’assenza di sintomatologia da Covid, ma notò una leggera infezione e per questo decise di sottoporre papà a tampone, per avere un quadro completo della situazione”. Nella notte tra sabato e domenica arriva il responso: positivo al test per l’infezione da Covid. Il 13 dicembre Severino viene ricoverato in un reparto Covid per essere sottoposto alle cure del caso. “La prima settimana è andata relativamente bene. Ci sentivamo spesso, papà aveva anche la forza di scherzare al telefono”, racconta Paolo. Ma il virus ormai lo si conosce. Infido, imprevedibile. Non sai mai come e quando può colpire, ma è sempre in agguato. E infatti, dal 21 l’incubo ha cominciato a materializzarsi. Prima la febbre, poi le fibrillazioni. Le lastre che confermano un quadro clinico preoccupante: polmonite interstiziale acuta. Severino viene trasferito in terapia intensiva la Vigilia di Natale. Il giorno dopo, a causa di un ulteriore peggioramento, viene intubato e sottoposto a coma farmacologico. “Vi lascio immaginare il nostro stato d’animo”, evidenzia Paolo. Da quel momento ogni secondo, ogni singolo istante contiene chili e chili di angoscia nei familiari che attendono un responso, pregando affinché la telefonata che prima o poi arriverà porti notizie liete e non qualcos’altro. “Abbiamo pensato al peggio, anche perché i medici in queste situazioni non si sbilanciano, ma proferiscono quelle classiche frasi che una persona non vorrebbe mai ascoltare”.

“Stiamo facendo il possibile”, “preparatevi al peggio”, frasi che spesso si ascoltano nei film e serie tv, ma questa è la realtà che il Covid ci sbatte in faccia da un anno. “Se ci penso ho ancora i brividi – confessa Paolo – perché con papà io ho un rapporto fortissimo, quasi morboso. Stiamo insieme da sempre, anche a lavoro. È da sempre il mio punto di riferimento". 

Per la famiglia di Severino non è stato un Natale come tutti gli altri, ma un periodo di lacrime e speranza, di preghiere e disperazione. Fino al 28 dicembre, quando una dottoressa amica di famiglia riesce a fornire degli aggiornamenti. Le condizioni di Severino sono in miglioramento. Nel giro di due giorni i medici provano a estubarlo, le risposte sono sempre più incoraggianti. I parametri si stabilizzano progressivamente fino a quando il 4 gennaio non viene dimesso dalla terapia intensiva e riportato in un reparto Covid. È l’alba di un nuovo inizio.

Adesso Severino, finalmente è a casa: “Sta facendo passi in avanti notevoli. Deve recuperare le funzionalità motorie, avendo perso tono muscolare a causa del mese trascorso su un letto di ospedale, ma sta meglio. È qui con noi e ce lo godiamo. Presto torneremo alla vita normale”, racconta Paolo con un tono che trasuda gioia e sollievo.

Se non si trattasse di un’espressione piuttosto inflazionata da queste parti – e per motivazioni tutt’altro che nobili –, si potrebbe dire “Non è una barzelletta”. No, il Covid non lo è affatto, e l’esperienza di Severino è la più plastica delle dimostrazioni. “Noi siamo sempre stati attenti, sono ormai 10 mesi che con la mia famiglia non andiamo a pranzo dai miei genitori, eppure anche io e la mia famiglia siamo stati colpiti. Papà non aveva grosse patologie, al di là di una lieve forma di diabete. Ma conosco tante persone che non ce l’hanno fatta”, fa sapere Paolo, che assieme a papà Severino non lesina nell'ammonire chi continua a sottovalutare il problema: “Dispiace molto vedere tutta questa gente che continua ad andare in giro, ad assembrarsi, a comportarsi come tutto questo non esista. Non abbiamo parole quando sentiamo chi addirittura non crede all’esistenza del virus”.

L’invito finale è rivolto soprattutto ai giovani: “Noi siamo fortunati, perché possiamo raccontare quello che ci è accaduto. Mettiamo da parte l’ignoranza e gli atteggiamenti irresponsabili. Un ragazzino che contrae il virus ha molte probabilità di uscirne senza problemi, ma quando viene colpita una persona anziana cambia tutto”.

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