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Cronaca Faeto

Animalisti contro feste e sagre del maiale: "Condanniamo spettacolarizzazioni di violenza e sadismo"

Il grido degli animalisti Odv Liberazione Animale e dall'Aps LunaCometa contro il doppio appuntamento previsto nel Foggiano (a Faeto e a San Nicandro) che intende 'celebrare' il maiale in macabro modo. "E' diseducativo"

“La prima domenica di febbraio si macchia del sangue di creature innocenti”. L’accusa – diretta, che non lascia spazio alle interpretazioni – arriva direttamente dai gruppi Odv Liberazione Animale e dall’Aps LunaCometa e fa riferimento a due eventi in programma, nel Foggiano, durante i quali il maiale verrà ‘celebrato’ in macabro modo.

Il riferimento è alla ‘Festa del maiale’ presso l’azienda agricola e Masseria Didattica ‘Don Nunzio e Cavallo’, a San Nicandro Garganico (“in cui tra musiche popolari e spiegazioni di esperti macellai su come dissezionare e preparare il maiale, il pubblico pagante potrà gustare una lunga serie di portate a base di crudeltà”, spiegano) e la consueta ‘Féte de lu cajùnne’ di Faeto, in cui, dopo aver ripercorso le fasi della mattanza, si procederà con la tristemente nota depilazione del maiale in piazza.

“In questi ultimi anni si è registrato un considerevole aumento di persone che hanno gradualmente acquisito una maggiore sensibilità e consapevolezza nel rapporto uomo–animale, quest’ultimo non più visto e considerato come mero fornitore di cibo e servizi, ma quale essere senziente, con individualità e sentimenti propri e specifici”, spiegano gli attivisti. “Ad esempio, il maiale, tristemente protagonista degli eventi di cui sopra, è un animale intelligente e socievole tanto quanto il cane, con l’unica differenza che, per sua sfortuna, tradizionalmente e culturalmente è stato sempre considerato animale da reddito e non d’affezione”.

Proprio la tradizione è, infatti, la principale motivazione adottata per giustificare questo tipo di eventi. “Tradizione - spiegano - è ciò che viene trasmesso, come un’eredità. Con la tradizione l’uomo cerca di trasmettere la propria cultura, facendola così sopravvivere a sé stesso. In una società come la nostra, in cui troppo spesso si registrano comportamenti violenti, ci chiediamo quale sia il senso di promuovere una tradizione che la violenza spettacolarizza ed esalta quale momento di aggregazione sociale”.

“La normalizzazione della violenza e della cultura della sopraffazione del diverso, del più debole, umano o animale che sia, è sempre sbagliata e, come purtroppo la storia ci insegna, suscettibile di derive decisamente pericolose. Anche per questo ci lascia negativamente colpiti il fatto che la stessa azienda agricola che si prepara a “festeggiare” il maiale operi anche come masseria didattica, importante occasione di formazione pedagogica ed educativa, che dovrebbe essere finalizzata alla conoscenza dell’ambiente e degli animali nella prospettiva dello sviluppo del rispetto reciproco”.

“Ma che idea di rispetto per l’altro si dà ai più piccoli, quando quegli stessi animali che imparano a conoscere e ad amare durante le attività ludiche sono destinati a trasformarsi da “compagni di giochi” in “cose” da mangiare, passando per una morte violenta? Del resto – continuano - un altro aspetto da non sottovalutare, considerato che alla tradizionale depilazione del maiale in piazza a Faeto assistono anche bambini e adolescenti, sono le motivate preoccupazioni espresse da numerosi psicologi circa le conseguenze negative sul piano pedagogico, formativo e psicologico della partecipazione di soggetti in fase evolutiva ad eventi che promuovono sfruttamento o violenza a danno degli animali”.

“Assistere ad uno spettacolo brutale e crudele quale l’accanimento sul corpo di un animale ucciso - perché di fatto questo è ciò che si cela dietro parole rassicuranti e conviviali quali “festa” e “sagra”- è una forma di esposizione alla violenza che può rappresentare un primo gradino verso comportamenti antisociali, sopraffattori e aggressivi, nonché verso una visione distorta dei rapporti con gli altri, umani e non, in seguito alla desensibilizzazione e all’assuefazione nei riguardi della violenza stessa”.

“Simili contesti veicolano un’educazione al non rispetto per i viventi, inducendo al disconoscimento della sofferenza ed ostacolando lo sviluppo dell’empatia, in quanto suscitano una risposta sociale incongrua, divertita e allegra, al dolore inflitto ad una creatura più debole. Nessuna manifestazione culturale dovrebbe prescindere dal rispetto dei diritti e della dignità di ogni essere senziente, umano o animale che sia, e per questo condanniamo senza appello simili spettacolarizzazioni di violenza e sadismo. Il primo passo verso un mondo migliore ed una società più civile, etica e solidale sta nel riconoscere e ripudiare la crudeltà celata nel nostro quotidiano, anche quando si ammanta dell’aura di rassicurante positività che trasmette la parola tradizione”.

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