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Cronaca

Cubomeduse, tracine, anemoni, scorfani e razze: ecco le insidie di mare nelle acque del Gargano

Dalla ricerca 'Animali marini velenosi nel Mediterraneo’ della dott.ssa Anna Lepore e del dott. Leonardo Pennisi del centro antiveleni degli Ospedali Riuniti di Foggia

Le meduse

Cosa sono

Come immaginavamo, l’incubo dei bagnanti è rappresentato principalmente dalle meduse, animali planctonici appartenenti al Phylum dei Celenterati, anche detti cnidari, che hanno la forma di un polipo rovesciato. L’animale marino presenta una parte superiore detta ‘esombrella’ ed una inferiore, ‘subombrella, ovvero quella dei tentacoli, dove sono presenti gli cnidociti, cellule che svolgono una funzione difensivo-offensiva.

La puntura

Essi si attivano grazie ad un meccanocettore, lo cnidociglio, ed estroflettono filamenti urticanti, le nematocisti, collegate ad appositi organuli, gli cnidoblasti, che contengono un liquido urticante. Lo cnidocita si attiva non solo per semplice contatto, ma anche in seguito ad un segnale di natura chimica. Lo cnidocita attivato apre lo cnidoblasto, dal quale fuoriesce la nematocisti che ad altissima velocità penetra nel corpo del malcapitato, aprendo un foro nell’epidermide e rilasciando le sostanze tossiche.

I dolori

Dopo essere venuti a contatto con i tentacoli delle meduse, la prima sensazione avvertita è di intenso bruciore, simile a quello causato dal contatto con le ortiche. Le lesioni cutanee sono pruriginose, eritematose ed edemato-vescicolose. A livello oculare possono verificarsi congiuntiviti, ulcerazioni della cornea, chemosi ed edema palpebrale.

I sintomi

In seguito possono comparire sintomi generali quali: nausea, vomito, vertigini, dolori, addominali, cardiopalmo, crampi muscolari, parestesie, reazioni anafilattoidi, aritmia, ipotensione e nei casi gravi convulsioni, coma e arresto cardiocircolatorio. Nei casi più severi è consigliabile l’ospedalizzazione.

Cosa fare

La tecnica di decontaminazione da attuare immediatamente è quella di rimanere in acqua e passare delicatamente la mano sulla zona interessata, allontanando cosi le nematocisti. Sarebbe però consigliabile l’utilizzo di un guanto in lattice così da evitare che le nematocisti si aprano sulla mano. È possibile applicare acido acetico in soluzione al 5% oppure della schiuma da barba, che verrà rimossa dopo qualche minuto con la parte non tagliente della lama di un coltello o con una comunissima carta di credito. Altro metodo è spremere polpa di papaya (Carica Papaya L.) sulla zona interessata. La Carica Papaya contiene enzimi ad azione proteolitica, tra i quali la papaina che degrada facilmente le sostanze tossiche. Altra tecnica molto accreditata è quella dell’utilizzo di un gel al 5% di cloruro di alluminio esaidrato sia come preparazione galenica che come prodotto commerciale. Il cloruro di alluminio esaidrato, AlCl3-6H2O, è molto utilizzato poiché ha una spiccata azione astringente, quindi se si applica velocemente ridurrà l’azione tossica delle nematocisti.

P.S. È stato dimostrato che l’acqua dolce e l’alcool vanno evitati, poiché causano l’apertura delle nematocisti presenti sulla pelle. La stessa acqua dolce causa una differente pressione osmotica che potrebbe causare l’apertura delle nematocisti.

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