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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

"Non è mutato". Il Coronavirus in Puglia sotto la lente di Lopalco: "Per l'estate scegliamo posti fuori moda"

Il Responsabile coordinamento emergenze epidemiologiche della Regione fa il punto sulla situazione in Puglia: dall'ipotesi seconda ondata (non possiamo prevederla, ma dobbiamo prepararci) all'effetto Movida: "Il virus circola lentamente, ma se molliamo può tornare a correre". Task force per il vaccino antinfluenzale: "Puntiamo a raggiungere la copertura del 75% negli ultra 65enni"

Il Coronavirus in Puglia ha rallentato la sua corsa, ma è ancora vivo e vegeto, seppur la circolazione si sia abbassata sensibilmente. Lo dicono i numeri dei nuovi casi (nel mese di giugno la media giornaliera è scesa a 1,65, ndr), il calo quotidiano dei positivi e dei ricoverati, oltre allo svuotamento della terapia intensiva (zero pazienti dal 22 giugno). Ma festeggiare la dipartita del ‘mostro’ che ha sconvolto il mondo intero e sottratto la vita a oltre 34mila italiani sarebbe un errore esiziale.

Insomma, il livello di guardia resta elevato, malgrado molti settori della Puglia siano già covid-free o a un passo dall’esserlo. Come la provincia di Lecce, dove ieri si è registrato il primo nuovo contagiato a distanza di oltre dieci giorni: “La Asl sta indagando a fondo per capire se si tratti di una vecchia infezione o di una nuova infezione. Ed è su questo che tipo di indagine che si basa la nostra strategia in questo periodo”, dichiara a FoggiaToday il prof. Pierluigi Lopalco.

Ci spieghi un po’

“La strategia si fonda su due punti: in primo luogo, bisogna capire se c’è ancora circolazione locale, ovvero se la circolazione del virus durante la Fase 1 ha mantenuto dei residui tra i residenti. L’altra è quella di bloccare il virus che arriva da fuori. Ci sono già dei casi documentati di persone positive rientrate in Puglia da altre regioni. Si tratta di situazioni a rischio che possono far accendere nuovi focolai, per questo serve massima attenzione”.

Il caso di Lecce che cosa ci suggerisce?

"Il caso di oggi (ieri per chi legge, ndr) lo abbiamo scovato grazie a questa strategia. Stiamo facendo uno screening con tampone a tutte le persone che entrano in ospedale. Questo serve ad assicurarci che il virus non entri in ospedale, ma anche per monitorare il territorio e ciò che accade nella popolazione. La persona che fa ricorso a una visita ambulatoriale o a un day hospital è uno che in questo momento vive nella sua comunità. E abbiamo visto che oggi le misure di protezione personale sono basse, inutile nasconderci".

A proposito di gente che viene da fuori, la Puglia sarà una delle mete più gettonate dell’estate. Un bene per il turismo, ma c’è il rovescio della medaglia del rischio contagi.

“Dipende molto dalle aree da cui arriva un turista. Noi grazie all’ordinanza che obbliga chi entra in Puglia a registrarsi sul sito, facciamo questo tipo di screening, per cui se una persona arriva da un’area in cui la circolazione virale è alta, lo invitiamo a fare il tampone. Lo monitoriamo qualora avvertisse dei sintomi, gli garantiamo la totale disponibilità del servizio sanitario. Fino a ora già qualcuno lo abbiamo intercettato. È un filtro che sembra servire”.

Un aiuto lo può dare anche l’app Immuni?

“È un ulteriore strumento, perché se un turista che è stato in Puglia, poi torna nella sua regione e sviluppa i sintomi, chi in Puglia è entrato in contatto con lui, viene avvisato, anche se il turista è andato via e non rientra più nel nostro schema di sorveglianza, ma viene identificato fuori regione. È uno scudo in più”.

Il virus ha rallentato in Puglia e in altre regioni, ma in alcune regioni il numero di nuovi casi resta alto. Qual è il motivo?

“Nelle regioni come Lombardia e Piemonte il virus ha iniziato a circolare molto prima e lo ha fatto in maniera così intensa che da quell’ondata epidemica scaturiscano ancora delle catene di contagio. Nel resto dell’Italia dove l’epidemia è stata più contenuta e il numero di persone contagiate più basso, nel momento in cui si limitano subito le catene, a un certo punto la trasmissione si spegne”.

Effetto Movida, siamo a fine giugno. Le ipotetiche conseguenze sono state scongiurate?

“Come dissi in quell’occasione, se il virus sta circolando tra i ragazzi ci saremmo accorti degli eventuali effetti non prima di metà giugno. È il principio di circolazione del virus: se esso circola in una popolazione giovane e sana e non dà molto segno di sé, il ragazzo potrebbe essere asintomatico o al massimo avere una febbricola che neppure riferisce, e circolando potrebbe arrivare a contagiare qualche membro più anziano o con patologia. Tutto questo, fino a ora non è accaduto e questo ci fa ben sperare”.

Questo che cosa vuol dire?

“Significa che il livello di circolazione in Puglia è ora molto basso e che la probabilità che uno di questi ragazzi sia positivo è molto bassa. Ciò ci sta proteggendo. Ma attenzione, non fraintendiamo certe dichiarazioni. Il fatto che siamo contenti della circolazione bassa dei virus, non vuol dire che situazione non possa cambiare in futuro, soprattutto nel momento in cui arriveranno persone da fuori e i locali si riempiranno. È evidente che in condizioni di affollamento il virus possa circolare. Per questo bisogna restare previdenti e prudenti".

Insomma, la distanza resta la forma di prevenzione più incisiva.

“C’è una sola regola, non affollare i luoghi ed evitare i locali affollati. La Puglia è così grande, ci sono tante cose belle da fare, luoghi da visitare, spiagge su cui passare il tempo, cerchiamo di non andare tutti nello stesso posto, anche se si tratta di un posto alla moda. Piuttosto, scegliamo i posti fuori moda”.

Bassa circolazione non vuol dire che il virus sia mutato.

“Il virus non è mutato. Ne abbiamo le prove: nel momento in cui il virus è entrato in un centro di riabilitazione a Roma ha provocato delle vittime, e questo è accaduto poche settimane fa. Il virus che circola è sempre lo stesso, ma lo fa a bassa intensità. Dobbiamo esserne felici, ma occorre che l’intensità di circolazione non cambi. Quello che stiamo osservando oggi è solo l’effetto di un’azione di prevenzione, anche se non ce ne rendiamo conto. Ma se molliamo, il virus riprende a correre”.

Secondo una ricerca del ‘The Guardian’ molti paesi sarebbero a rischio seconda ondata. L’Italia non è tra questi. Epperò, sul punto il parere dei virologi è eterogeneo. Ci sarà o no?

“Nessuno può dirlo. Non lo possiamo sapere, e questa è l’affermazione più onesta che possa fare un virologo o un epidemiologo. Sulla base di questa incertezza, l’unica cosa che possiamo fare è prepararci a una eventuale seconda ondata, senza restare fermi. Ce la dobbiamo aspettare. Non sappiamo se capiterà, ma può capitare. Non è il caso di fare previsioni, ma è giusto prepararsi a fronteggiare la previsione peggiore”.

Nell’ipotesi peggiore, quali sono le misure da adottare per scongiurare un nuovo lockdown?

“Credo che gli ospedali siano pronti, non c’è bisogno di fare nulla di più di quello che è già in atto. Gli operatori sanitari hanno i dispositivi di protezione individuale e dovrebbero aver imparato a usarli. Nel momento in cui gli operatori hanno un controllo dell’infezione fatto per bene (dal lavaggio delle mani, alla disinfezione dei luoghi, fino al controllo dei percorsi), anche se entra un caso positivo, lo si argina, senza lasciarlo libero di circolare. Siamo preparati”.

Negli altri paesi i casi sono in crescita, in Italia – eccezioni a parte – la situazione si sta normalizzando. 

“Il sistema sanitario che abbiamo in Italia non ce l’hanno gli altri paesi. In questi giorni abbiamo assistito alla nascita di focolai, ma che si sono spenti subito. E un focolaio non si spegne da solo, ma solo perché sono intervenuti dei medici, degli infermieri, la sanità pubblica. Questa capacità di intervento credo che l’Italia la stia dimostrando”.

L’Italia è ripartita, ma resta il problema delle scuole.

“È un grosso punto interrogativo. Non tanto per i bambini più piccoli il cui rischio contagio è bassissimo, e probabilmente gli stessi bambini non sono in grado di essere dei particolari serbatoi nei confronti di insegnati e operatori. Fino alle elementari il problema è meno urgente".

Ma con i ragazzi più grandi la situazione si complica.

“Oggettivamente, i ragazzi possono infettarsi e infettare gli altri. Nei casi più gravi, seppur rari, un giovane potrebbe anche avere una polmonite. Un rischio da scongiurare. Serve particolare attenzione. La scuola deve ripartire, certo non con gli schermi di plexiglass, ma adeguando le strutture, cercando di svuotare le classi, ed essendo preparata alla possibilità che in autunno uno studente risulti positivo. I protocolli sono urgenti, ma tutto dipende dallo Stato centrale. Aspettiamo di vederli nel dettaglio e ci comporteremo di conseguenza, adattandoli alla nostra Regione”.

Considerando i molti sintomi in comune, che potrebbero complicare l’individuazione dei positivi all’infezione da Covid, quanto sarà importante quest’anno il ricorso al vaccino antinfluenzale?

“Molto. Come task force abbiamo attivato una strategia molto più impegnativa rispetto a quella dello scorso anno. Ci aspettiamo di triplicare il numero di dosi del vaccino. Quest’anno sarà obbligatorio per tutti gli operatori sanitari e cercheremo di raggiungere la copertura del 75% negli ultra 65enni. Oggi la Puglia è appena sopra il 50% come copertura in questa fascia d’età, dobbiamo fare di più. E al di sotto dei 65 anni sarà importante vaccinare tutte le persone che abbiano un minimo rischio di contrarre una forma grave, quindi tutti coloro che abbiano una patologia. Siamo al lavoro già da adesso per stabilire una strategia concordata che metta insieme medici, dipartimenti di prevenzione, farmacie, insomma, tutto il sistema che possa facilitare la vaccinazione”.

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