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Cronaca

Nichi Vendola condannato a 3 anni e mezzo di reclusione: nel processo ex Ilva 20 e 22 anni ai Riva

L'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola è accusato di concussione aggravata in concorso.

L'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola è stato condannato a tre anni e mezzo di reclusione nel processo denominato 'Ambiente Svenduto' sull'inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico dell'Ilva. I pm avevano chiesto una condanna a 5 anni. 

L'ex leader di Sinistra Ecologia e Libertà, Nichi Vendola, è accusato di concussione aggravata in concorso. Secondo la tesi degli inquirenti, "avrebbe esercitato pressioni sull'allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far "ammorbidire" la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall'Ilva"

La replica di Vendola: "Delitto contro verità e storia"

Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell'impianto, sono stati condannati a 22 e 20 anni di reclusione. "Rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro". La pubblica accusa aveva chiesto 28 anni per Fabio Riva e 25 anni per Nicola Riva.

“Nichi Vendola e il prof. Giorgio Assennato hanno passato la vita a difendere il lavoro, la salute e l’ambiente. In settanta anni (70 anni, lo ribadiamo) di attività dell’Ilva di Taranto, nessuno è intervenuto quanto loro sia sul fronte normativo, attraverso leggi e regolamenti, sia sul fronte dei controlli sull’inquinamento prodotto dall’impianto siderurgico, serrati e ripetuti e documentati” Lo afferma la segreteria nazionale di Sinistra Italiana. “Del resto, sono proprio quei controlli - prosegue Sinistra Italiana - ad aver generato la grande mole di dati necessaria a svelare la verità su quanto si consumava (e ancora si consuma) da molti decenni a Taranto. Dati indispensabili persino a imbastire il processo che ha coinvolto Vendola e Assennato, condannati questa mattina, insieme ai gestori nella sentenza di primo grado. Sta anche in questo paradosso la profonda ingiustizia che si è consumata con l’odierna pronuncia la quale, ne siamo certi,   sarà ribaltata nei prossimi gradi di giudizio.”

Così Arturo Scotto su Facebook: "Conosco Nichi Vendola da tanti anni e so che ha governato solo e soltanto nell’interesse della comunità pugliese e tarantina. Un uomo onesto, rigoroso, appassionato. Che ha guidato una stagione di riscatto e di progresso della sua terra. Questa sentenza è molto dura. E fa male. Ovviamente le sentenze non vanno commentate, ma rispettate. Sempre. Credo nella giustizia, ma credo anche in Nichi. E so che ne uscirà a testa alta".

"Si tratta di una sentenza storica per il popolo inquinato di Taranto che certifica che nel capoluogo ionico c'è stato un disastro ambientale, causato dalla proprietà dell’impianto, che la nostra associazione cominciò a denunciare già negli anni ‘80 quando lo stabilimento era ancora pubblico, e che ha procurato tanti malati e morti tra dipendenti e cittadini. Una sentenza così pesante conferma la solidità, da noi sempre evidenziata, delle perizie epidemiologica e chimica disposte dal gip Todisco. Con questa sentenza di primo grado possiamo dire che eco giustizia è fatta e che mai più si deve barattare la vita delle persone con il profitto ottenuto nel totale disprezzo delle leggi”. È questo il commento di Legambiente in una nota congiunta firmata dal presidente nazionale Stefano Ciafani, dal direttore regionale Ruggero Ronzulli e dalla presidente del circolo tarantino Lunetta Franco.

A Legambiente che era tra le parti civili al processo sono state riconosciuti provvisionali di 20mila euro per l’associazione nazionale e 50mila euro per Legambiente Puglia e circolo di Taranto, tra le più alte disposte dai giudici.

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