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Cronaca

Truffa e falso presso le commissioni provinciali tributarie di Foggia e Bari: magistrato firmava sentenze redatte da estranei

Eseguita sospensione dall’esercizio della pubblica funzione di Presidente della Commissione Tributaria di Bari, per la durata massima di dodici mesi, nei confronti di un magistrato ordinario in pensieno

Finanzieri della Sezione anticorruzione del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari hanno eseguito una misura cautelare personale nella notifica della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio della pubblica funzione di Presidente della Commissione Tributaria di Bari, per la durata massima di dodici mesi per tutti i reati contestati (falso e truffa, in concorso), nei confronti di F.B., magistrato ordinario in pensione.

La misura è stata disposta dal GIP presso il Tribunale di Foggia su richiesta della Procura della Repubblica di Foggia, nell’ambito di una complessa indagine svolta dalle Fiamme Gialle baresi in con la collaborazione la Sezione di Polizia Giudiziaria presso la Procura del capoluogo dauno.

L’attività investigativa rappresenta una costola di quella più ampia, denominata “Giustizia Privata” diretta dalla Procura della Repubblica di Foggia, che vide coinvolti numerosi pubblici dipendenti e magistrati (togati e non) delle Commissioni Tributarie Provinciale e Regionale (sezione staccata) di Foggia – indagati per vari reati quali corruzione, falso e truffa, culminate con l’arresto di 13 persone nel novembre 2017.

A stralcio di quell’indagine, fu avviato un secondo filone investigativo che ha visto coinvolti il citato Presidente della Commissione Tributaria Provinciale di Bari, insieme ad altri due indagati già coinvolti nella prima tranche.

In particolare, la vicenda penale che li ha visti coinvolti riguarda la circostanza per cui il Presidente, secondo le prospettazioni dell’accusa, negli anni 2013-2016, in quanto presidente di varie sezioni della Commissione Tributaria Provinciale di Foggia prima e di Bari poi, quale giudice relatore di centinaia di sentenze, sottoscriveva i predetti provvedimenti in realtà redatti materialmente da terzi estranei alla funzione giurisdizionale.

Di conseguenza, limitandosi esclusivamente a sottoscrivere le sentenze redatte da altri, induceva in errore il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Ente erogatore del compenso spettante per la redazione di ciascun provvedimento giurisdizionale), in ordine alla genuinità e alla “paternità” delle stesse.

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