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Cronaca San Marco in Lamis

Cani avvelenati, silenzi assordanti: la mattanza che indigna nella città ‘Gioiello d’Italia’

Cani avvelenati a San Marco in Lamis, aumentano i casi. La città è pronta a scendere in piazza contro l'assassino dei cani, il randagismo e il silenzio assordante delle istituzioni

Vederli soffrire e morire così è straziante, vederli elemosinare una carezza o del cibo è toccante, vederli girovagare nel nulla e abbaiare alla luna è un colpo al cuore. A San Marco in Lamis purtroppo non tutti gli abitanti si rapportano agli ultimi con la stessa sensibilità, tutt’altro. E gli animali, spesso, diventano bersaglio facile di chi evidentemente conduce una battaglia contro la vita, mettendo in cattiva luce una comunità assopita, ma che di fronte alle barbarie fortunatamente si ribella e si indigna.

Da un po’ di giorni c’è un assassino (o più di uno) che va in giro indisturbato e dissemina strade e quartieri di topicidi, polpette e croccantini velenosi. C’è un “mandante”, che tradotto, è il silenzio della politica locale e delle istituzioni. C’è un complice, che può essere il vicino di casa, l’uomo della porta accanto, l’insospettabile, il cattivo con le sembianze del buon cittadino, l’indifferente, il parassita e l’egoista. Tra i vicoli e le vie della cittadina garganica, c’è chi ingaggia quotidianamente una guerriglia contro i randagi, chi rimarca la distinzione tra cani di serie b e serie a, chi occhio non vede cuore non duole. Si chiama intolleranza, a voler esser buoni indifferenza o insofferenza. In alternativa, semplicemente ignoranza.

A San Marco in Lamis evidentemente c’è chi scarica le frustrazioni di una vita contro gli amici a quattro zampe, chi invece, più intelligentemente, ne succhia l’essenza, l’amore che solo quell’animale è capace di donare: eterno, mai domo, fedele. Li vedi accovacciati che ti osservano, correre dietro le auto e in alcuni casi infastidire i passanti. Vero anche questo. Non li vedi ringhiare, raramente mordere (e se lo fanno – sostengono gli esperti - il motivo non è mai banale). Di episodi di cani aizzati, spaventati, investiti, uccisi e presi a sassate, questo paese ne è pieno. Di denunce e segnalazioni pure.

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Per qualcuno – o più di qualcuno - il problema di una città allo sbando sono loro: i più deboli, gli indifesi. Le strade rotte o i quartieri sporchi e degradati, sono normale amministrazione, non danno fastidio. Gli incivili possono stare tra noi, ma i cani no. Probabilmente perché non votano, non parlano, non servono, non producono utili e forse perché sono come gli anziani, una grana per chi dovrebbe occuparsene ma preferisce soprassedere, in barba alle normative, al senso civico e al quieto vivere.

E poi c’è la parte coraggiosa della città, quella che si prende cura di loro, che li assiste, li cura, li difende dagli ignavi e dagli ipocriti; che reagisce a un disagio e a un’emergenza disarmante: il randagismo. A un problema che mette contro, gli uni con gli altri, in una guerra tra poveri, dove non ci sono regole e punti di riferimento. Dove si assiste a uno scaricabarile continuo tra gli enti preposti alla risoluzione del problema; dove nessuno prende seri provvedimenti e l’uccisione di un cane fa meno rumore di una sconfitta in casa della Juventus contro l’Udinese.

Gli ultimi fatti di cronaca sono allarmanti, ci raccontano di una mattanza: cani deceduti per avvelenamento, travolti e uccisi sulle strade urbane ed extraurbane, scomparsi nel nulla. Jack è stato tratto in salvo in extremis, non ce l’ha fatta Nerino e con lui tanti altri trovatelli senza nome. Nemmeno il corpicino senza vita dell’ultimo cane ucciso in ordine di tempo, piazzato all’ingresso di Palazzo Badiale con un cartello che esortava il primo cittadino a intervenire, è riuscito a scuotere le coscienze e a fermare la mano assassina. Nella città del dissesto – civile (e non solo finanziario) – il silenzio assordante delle istituzioni ha messo tutti a tacere, fino alla strage dei poveri animali.  

I cittadini non sono esenti da colpe, poco meno di duecento quelli che finora hanno firmato la petizione che condanna le uccisioni, promuove la costruzione di un rifugio comunale e invita la comunità a prendersi cura degli animali. Sì perché la ‘Città gioiello d’Italia non è dotata di una struttura idonea ad ospitare gli animali a quattro zampe. Però la ‘Città gioiello d’Italia’ – governata da un parlamentare della Repubblica – ha prodotto l’effetto contrario – rispetto alle aspettative e alle buone intenzioni - di una città invisibile, abbandonata, senza cuore e senza orgoglio.

E intanto la mattanza prosegue. Sì, perché mentre vi scrivo il numero dei cani avvelenati, morti e agonizzanti cresce a dismisura. E mentre la città si mobilità per scendere in piazza, sembrano non bastare le parole di Angelo Cera a placare gli animi più sensibili. Sindaco e cittadini, non è mai troppo tardi per riscattarsi!

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