Chiede alloggio popolare, lei ne ha diritto ma il coniuge no: donna di Foggia denunciata ma assolta
La vicenda giudiziaria di una donna foggiana, difesa dall'avvocato Giovanni Diego La Torre, giunge al termine dopo tre anni, con una assoluzione piena ("Il fatto non costituisce reato")
Presenta domanda per un alloggio popolare, lei ne ha diritto ma il coniuge no. Accusata di falsità ideologica e dichiarazioni mendaci, viene denunciata dall’Arca Capitanata, ma viene assolta perché il fatto non costituisce reato.
Co sì è espresso il Tribunale Penale Monocratico di Foggia, nella persona del dott. Pierluigi Minieri, nei confronti di una donna, foggiana, difesa dall’avv. Giovanni Diego La Torre. La donna, ora assolta, è stata rinviata a giudizio perché nell’ottobre del 2017 aveva rilasciato all’Arca Capitanata dichiarazioni mendaci per partecipare alla formazione della graduatoria di 45 alloggi a canone sostenibile nel Comune di Foggia.
Più in particolare, l’imputata avrebbe attestato falsamente “la non titolarità di diritto di proprietà, di usufrutto, di uso o di abitazione nel Comune di Foggia su altro alloggio idoneo alle esigenze del proprio nucleo familiare e, comunque, nell’ambito del territorio nazionale”. Detto requisito (che lei possedeva pienamente) doveva essere condiviso anche dagli altri componenti del suo nucleo familiare. Ma così non era, tanto da rendere la sua una verità parziale.
Nella domanda, infatti, è emerso che il proprio coniuge, componente del suo nucleo familiare, era titolare del diritto di abitazione di un immobile in Foggia di proprietà dei genitori. La donna (in possesso della licenza elementare) ha spiegato che la domanda era stata presentata attraverso una Caf, su invito dell’operatore del centro di assistenza fiscale perché, a parere di questi, ne aveva i requisiti di legge. Pertanto la stessa avrebbe agito in buona fede (e non certo per ingannare il pubblico ufficiale per ottenere l’assegnazione di un alloggio popolare), pur avendone i requisiti di legge (per criteri di reddito e l’invalidità del 70% del proprio coniuge).
La domanda fu poi rigettata perché, da un controllo incrociato con il sistema dell’agenzia delle entrate, è emerso che il coniuge vantasse un diritto di abitazione sull’immobile di proprietà dei genitori. Premesso che, come conferma la giurisprudenza amministrativa, essere titolare della nuda proprietà non significa disporre della casa a fini abitativi immediati, nell’udienza del 23 febbraio, il Tribunale Ordinario di Foggia, Sezione I, ha assolto l’imputata perché per reato a lei ascritto (falsità ideologica e dichiarazioni mendaci) “il fatto non costituisce reato”. Entro 90 giorni verranno depositate le motivazioni della sentenza.