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Cronaca

Lo sfogo di Antonio, dopo l'arresto dell'oncologo Rizzi: "Mio padre maltrattato. Calpestata la sua dignità di uomo e di malato"

Per la vicenda, il medico - già in servizio presso l’Istituto Tumori ‘Giovanni Paolo II’ di Bari - è stato arrestato con l’accusa di concussione aggravata e continuata, in concorso con la compagna. Le indagini sono ancora in corso e nei prossimi giorni ci sarà l’interrogatorio di garanzia.

“Ottavio, ne usciremo vincitori”. Questa frase, pronunciata dal medico oncologo Giuseppe Rizzi, continuava a girare nella testa di Ottavio Gaggiotti, 67enne di Foggia, che appena 20 giorni prima di quella falsa speranza aveva ricevuto una diagnosi infausta. Quella di un carcinoma ‘irreversibile’, con metastasi ossee e infiltrazioni midollari.

I medici che avevano redatto tale diagnosi avevano stimato per lui “una limitata prospettiva di vita”. E mentre gli altri gli prospettavano pochi mesi di vita, l’oncologo barese gli avrebbe promesso - secondo l’accusa - addirittura la guarigione. “Ottavio, ne usciremo vincitori”, gli ripeteva, e questo grazie ad un farmaco, gratuito per il sistema sanitario nazionale, per il quale l’oncologo avrebbe richiesto 1250 euro a somministrazione. Così per oltre 6 mesi, durante i quali il paziente avrebbe consegnato 130mila euro senza vedere concretizzato alcun miracolo della scienza. L’uomo, infatti, è deceduto il 9 febbraio 2020.

Per la vicenda, il medico - già in servizio presso l’Istituto Tumori ‘Giovanni Paolo II’ di Bari - è stato arrestato dai carabinieri di Bari, con l’accusa di concussione aggravata e continuata, in concorso con la compagna, avvocatessa barese, co-indagata nello stesso procedimento penale. Le indagini sono ancora in corso e nei prossimi giorni ci sarà l’interrogatorio di garanzia.

A far partire le indagini, sono stati i familiari del paziente foggiano che, a seguito del decesso, hanno presentato una denuncia-querela alla Procura di Bari, corredata anche da foto, audio e altro materiale a sostegno della loro tesi. A FoggiaToday il racconto del figlio della vittima, Antonio,  che - assistito dagli avvocati Francesca D’Isidoro e Pio Gaudiano - denuncia: “E’ stata calpestata la dignità di mio padre, come uomo e come malato. Vado avanti finchè non avrà pace”.

Antonio, che tipo di rapporto si era creato tra suo padre e l’oncologo Rizzi?

Si era creato sin da subito un rapporto strano, che definirei di totale sottomissione psicologica. Il medico lo aveva rincuorato con la prospettiva di una cura risolutiva che solo lui poteva garantirgli; poi lo ha spaventato minacciando di abbandonarlo nel percorso se avesse parlato con qualcuno.

Come siete arrivati al dottor Rizzi? Da quanto suo padre aveva saputo della malattia?

Ci siamo rivolti al dottor Rizzi su consiglio di un amico. Era il dicembre del 2018 e avevamo la garanzia del centro presso il quale lavorava, uno dei migliori istituti oncologici d’Italia. Mio padre aveva saputo della malattia meno di un mese prima: era profondamente scosso e provato dalla situazione…

Cosa gli era stato prospettato in sede di diagnosi?

Era stato ricoverato in un centro di Cesena, dove gli era stato diagnosticato un carcinoma con metastasi ossee e infiltrazioni midollari. Esito confermato da una biopsia midollare eseguita al ‘Riuniti’ di Foggia. Nel frattempo si era rivolto ad alcuni oncologi dell’ospedale di Foggia e di Chieti, ma tutti gli avevano prospettato un periodo limitato di vita.

Aveva accompagnato suo padre a quegli incontri? Che impressione aveva avuto?

La prima visita è avvenuta all’interno dell’Istituto oncologico di Bari. Quale garanzia più grande potevamo avere? Avevamo ricevuto la notizia che cercavamo, una prospettiva di vita per mio padre, ma col passare del tempo le cose iniziavano a non quadrare. E ho iniziato a raccogliere materiale per tutelare mio padre, che nel frattempo veniva rincuorato: “Stiamo andando bene…”. Così mio padre andava avanti, nonostante le difficoltà economiche: qualunque malato terminale, quando tutti gli dicono che non ha più tempo, si attacca alla speranza.

Come si è giunti alla cifra di 130 mila euro?

Il medico chiedeva 1250 per ogni somministrazione del farmaco, giustificando tale cifra in 900 euro per il costo del medicinale e il resto per la prestazione sanitaria. Le somministrazioni avvenivano inizialmente anche con cadenza giornaliera, poi via via sono scemate. Così come la disponibilità economica. Per far fronte a tale situazione, mio padre ha richiesto prestiti e mutui, indebitandosi con familiari e amici. La situazione debitoria l’abbiamo ricostruita dopo la sua morte e abbiamo ancora un prestito da saldare.

Per quanto tempo è andata avanti questa terapia?

In maniera intensiva fino a giugno 2019. Poi mio padre ha chiesto un colloquio con l’oncologo perché non poteva più far fronte a quelle spese. A quel punto gli sono stati chiesti, a compensazione, lavori di ristrutturazione nella sua villa di Palese. Lavori alla pavimentazione, tinteggiatura, anche l’acquisto di mobili per un bagno. Per molte cose chiedeva aiuto ad amici artigiani che si sono adoperati gratuitamente. Per altre, nonostante la debolezza e il fisico provato dalla malattia, cercava di intervenire da solo.

In questi 6 mesi di terapia, avevate notato un miglioramento?

No, la situazione era sempre la stessa. Certo, io non sono un medico, ma non vedevo cambiamenti a lungo termine. Solo successivamente abbiamo scoperto che, quello utilizzato, era un farmaco che si somministra ai malati oncologici con infiltrazioni midollari per aumentare la produzione dei globuli bianchi, per dare loro un sollievo temporaneo. Ma nulla che andasse ad incidere sulla patologia, men che meno alla guarigione. Il medico invece sosteneva che era grazie a lui se mio padre era ancora vivo: “Altrimenti non stava qui…”, diceva.

Come vi siete organizzati dopo la morte di suo padre?

Elaborato il lutto, come famiglia abbiamo cercato di risolvere prima le situazioni pendenti, comprendere la debitoria lasciata. Poi mi sono affidato ai legali: la mia volontà è quella di ridare dignità a mio padre ed evitare che quello che è successo a lui accada ad altre persone. Mio padre è stato maltrattato,  sono stati calpestati i suoi diritti di persona e di malato. Era una persona splendida e non meritava di finire la sua vita in modo così crudele.

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