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Furti d'auto di lusso con il 'cavallo di ritorno', per riaverle le vittime si rivolgevano ai criminali: 6 arresti

Operazione 'On the road' a San Severo. Ventiquattro indagati e sei arresti

Questa mattina i carabinieri della Compagnia di San Severo, supportati dai militari del comando provinciale di Foggia, della Sio del 10° Reggimento Campania e della Sat dell’11° Rgt cc Puglia, nonché da unità cinofile di Bari, hanno dato esecuzione a una misura cautelare personale a carico di sei persone (tre in carcere e tre agli arresti domiciliari), emessa dal Gip del Tribunale di Foggia su richiesta della locale Procura della Repubblica. L’indagine in questione, convenzionalmente denominata ‘On the road’, ha coinvolto complessivamente 24 persone di San Severo. Nello specifico, secondo le risultanze raccolte a seguito delle indagini preliminari svolte, tutti i soggetti destinatari delle ordinanze, sono ritenuti gravemente indiziati, in concorso tra loro e a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere finalizzata ai furti di autovetture e alle estorsioni.

L'inchiesta è scattata a seguito di un attentato perpetrato la sera del 22 marzo 2021 ai danni di un pregiudicato sanseverese, allorquando ignoti esplodevano almeno due colpi di arma da fuoco all’indirizzo dell'abitazione della vittima. Le intercettazioni, pur non permettendo di far luce sulla vicenda, hanno comunque consentito l'individuazione di un presunto sodalizio criminale con base operativa a San Severo, dedito ai furti di autovetture di grossa cilindrata – del valore di 50mila euro - e motocicli tra il nord della Puglia (prevalentemente l’Alto Tavoliere), il Molise (Termoli, Montenero di Bisaccia), l’Abruzzo ( Pescara, Francavilla a Mare, Vasto, Silvi Marina, Campli) e le Marche (Grottammare).

I furti perpetrati avrebbero avuto una duplice finalità: in primo luogo i mezzi sarebbero stati rivenduti a vari ricettatori per essere poi cannibalizzati in modo da immettere i pezzi di ricambio nel mercato illegale, mentre in secondo luogo sarebbero state formulate richieste estorsive ai danni dei rispettivi proprietari, costretti poi a consegnare ingenti somme di denaro per rientrare in possesso di quanto asportato, il cosiddetto ‘cavallo di ritorno’.

Nonostante le difficoltà riscontrate dagli investigatori a causa del clima di omertà dovuto al terrore delle vittime - che in alcuni casi avrebbero preferito non segnalare alle forze di polizia i furti e i tentativi di estorsione subiti ma si sarebbero rivolti direttamente a personaggi notoriamente inseriti nel contesto criminale per riottenere quanto asportato - le indagini sono comunque proseguite in maniera incessante attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, nonché videoriprese e tradizionali indagini sul territorio.

La velocità di esecuzione dei furti (in taluni casi veniva impiegato meno di un minuto per aprire e mettere in moto il veicolo) ha costretto gli investigatori a riscontri repentini, in taluni casi con gli autori dei furti che hanno ingaggiato vere e proprie fughe spericolate lungo le arterie autostradali. Ciò che ha immediatamente sorpreso è stata sia l’elevata abilità tecnologica nell’aprire le vetture e le capacità alla guida degli indagati, sia il fatto che a commettere i furti fossero, secondo le indagini condotte, prevalentemente minorenni.

Altro dato rilevante, è che il gruppo in questione sapeva già dove occultare i veicoli rubati (individuati all’interno di vecchie strutture abbandonate, aree residenziali ubicate a San Severo, fondi agricoli lontani dal centro abitato oppure le vie del centro abitato, dove gli indagati le parcheggiavano regolarmente tra le auto al fine di eludere i controlli). Tra loro segnalavano anche la presenza delle forze dell’ordine. Il riciclaggio dei pezzi dei veicolo oggetti di furto, i ricavati dalla vendita dei veicoli rubati o dalle estorsioni ai legittimi proprietari, venivano divisi in parti uguali, anche per sostenere i costi per il noleggio dei veicoli usati per la commissione dei reati (come macchine pulite, staffetta), la comunione delle attrezzature utilizzate per forzare i veicoli e per comunicare durante la commissione dei furti.

Il sodalizio avrebbe anche avuto una vera e propria divisione di ruoli, infatti c’era un esperto informatico addetto all’apertura dei veicoli da asportare, mediante l’utilizzo di apparecchiature elettroniche di nuova generazione, in particolar modo Obd (on-board diagnostics), chiavi transponder decodificate, radar ed altri oggetti capaci da bypassare le centraline dei veicolo da asportare.

C’erano anche gli “autisti” dell’associazione, che pare avessero il compito specifico di effettuare il servizio di “staffetta” lungo le vie di fuga e gli “addetti” alla guida dei mezzi rubati al fine di condurli in luoghi prestabiliti di occultamento, di elevate capacità alla guida.

Infine, c’erano soggetti utilizzati per i canali estorsivi, i cosiddetti “cavalli di ritorno”, che con la loro conoscenza del territorio e capacità intimidatoria, avrebbero avvicinato i proprietari dei veicoli rubati, ai quali chiedevano il pagamento di notevoli somme di denaro al fine di riavere i propri mezzi.

La denominazione “On the Road” data all’indagine fa riferimento al dinamismo criminale degli indagati, che avevano coperto un area vastissima dove colpire. Basti pensare ai vari centri cittadini che attraversavano ben quattro regioni dello stivale, sul versante adriatico. Nel corso dell’indagine sono stati altresì accertati 31 episodi di furto di autovetture, del valore di circa 40/50 mila euro cadauna, il deferimento a piede libero di un soggetto per minorenne per furto di autovettura; il rinvenimento di circa 20 autovetture con relativa riconsegna ai legittimi proprietari.

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