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Cronaca San Severo

Rapinavano tabaccherie, ma sognavano il colpo della vita: storia della ‘Banda della Stilo”

Quattro i ragazzi di San Severo fermati, accusati di aver commesso la rapina alla tabaccheria di viale 2 giugno, di aver rubato tre Fiat Stilo e di aver pianificato l'assalto a un portavalori

La Squadra Mobile ed il Reparto Operativo dei Carabinieri di Foggia, il Commissariato di P.S. e la Compagnia Carabinieri di San Severo, hanno dato esecuzione al decreto di fermo di indiziati di delitto emesso dalla Procura della Repubblica di Foggia nei confronti di quattro ragazzi gravemente indiziate dei reati di concorso in rapina aggravata, tentata rapina aggravata, detenzione e porto illegale di arma, lesioni personali volontarie, danneggiamento seguito da incendio e ricettazione. I fermi sono stati eseguiti a carico di: Di Matteo Ernesto Moreno, cl. 1990, Russi Giovanni, cl. 1993, Guerrieri Daniele, cl. 1989 e Bonavenura Raffaele, cl. 1993;

Le indagini di Carabinieri e Polizia, dirette da un pool di magistrati della Procura della Repubblica di Foggia, si sono basate su una complessa attività di intercettazione oltre che su servizi dinamici di osservazione e controllo; sequestri di autovetture e repertamento al loro interno di materiale utilizzato dagli indagati per la commissione dei reati per i quali si procede.

LA RAPINA IN VIALE 2 GIUGNO. L’attività è stata avviata a seguito della rapina consumata il 13 settembre scorso, quando tre persone a volto coperto ed armate di pistola hanno fatto irruzione in una tabaccheria di San Severo, in viale 2 giugno, e sotto la minaccia delle armi si sono fatti consegnare una busta contenente 20mila euro. Nella circostanza i tre rapinatori hanno prelevato l’ulteriore somma di 1000 euro custodita all’interno di cassetti e asportato un cartone con svariate stecche di sigarette.

LA FUGA. Usciti dalla tabaccheria, sono saliti a bordo di una Fiat Stilo di colore verde scuro, alla cui guida c’era un quarto complice, che ha premuto il piede sull’acceleratore guadagnando la fuga in via Apricena. Poco dopo, sulla SP 29, direzione Statale 89 per Apricena, gli agenti del commissariato di San Severo hanno incrociato una Fiat Panda condotta dall’indagato Di Matteo con a bordo altre persone, che si dirigeva a San Severo. Gli investigatori, sospettando che gli stessi potessero essere coinvolti nella rapina, invertivamo immediatamente il senso di marcia e si ponevano all’inseguimento dell’utilitaria, i cui occupanti, tuttavia, accortisi della manovra, si davano a precipitosa fuga riuscendo a far perdere le proprie tracce.

L’AUTO BRUCIATA. A questo punto gli investigatori decidevano di ritornare indietro sulla Provinciale 29, e dopo circa 1 Km dal punto in cui avevano intercettato l’auto con a bordo i malviventi, in una strada sterrata, nei pressi della ferrovia, rinvenivano la Fiat Stilo completamente bruciata. Il veicolo risultava rubato il 12 settembre nello stabilimento della Fiat di Termoli, in danno di un privato.

LE INTERCETTAZIONI. In relazione a tale rapina venivano acquisiti gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati Giovanni Russi ed Ernesto Moreno di Matteo. Fondamentali alcuni dialoghi tra i due captati dalle microspie piazzate da carabinieri e polizia a bordo della loro auto in concomitanza degli eventi. In particolare, Di Matteo ammetteva di aver fatto “il fuggi fuggicon la Panda e di aver incrociato un’auto della Polizia. Anche Russi riferiva al complice di averla fatta franca per un pelo in quanto mentre stava incendiando la Fiat Stilo era passata una pattuglia del 113

IL TENTATIVO DI RAPINA. L’inchiesta ha fatto luce anche su una rapina tentata l’11 ottobre ai danni di un commerciante di San Severo che era solito recarsi presso la banca Credem per il versamento di somme di denaro, accertando la piena responsabilità degli indagati. Le intercettazioni svelavano i qauttro avevano eseguito degli appostamenti” nei confronti della vittima designata fin sotto casa, al fine di studiarne tutti i suoi spostamenti e l’auto utilizzata. Gli stessi ritenevano che la vittima potesse portare al seguito 25mila euro. Le indagini rivelavano ulteriori ed inquietanti particolari circa le modalità che sarebbero state adottate nel corso del colpo, facendo emergere l’utilizzo di una pistola con l’esplosione di alcuni colpi per spaventare la vittima senza esimersi dal ricorrere alla violenza fisica contro il malcapitato ritenendolo in grado di sopportare “le mazzate”.

L’INTERVENTO DELLA POLIZIA. La rapina non era andata a buon fine perché gli investigatori erano riusciti ad intercettare i rapinatori in Via Teano Appulo, ma gli stessi si erano fortunosamente dati alla fuga nelle vie limitrofe facendo perdere le proprie tracce. Gli stessi avevano il volto coperto da passamontagna ed uno di essi impugnava una pistola dalla parte della canna. Contestualmente, il cambio di percorso della vittima aveva mandato in fumo il piano della rapina.

IL PIANO PER UN’ALTRA RAPINA. Raccapriccianti erano i discorsi finalizzati alla pianificazione di alcune rapine da compiere a San Severo. In particolare, la banda aveva pianificato una rapina in danno del titolare di un’altra tabaccheria. La rapina sarebbe stata portata a segno il 14 ottobre. Gli indagati erano sicuri della buona riuscita del colpo mettendo in preventivo che il bottino sarebbe stato ingente. Anche in questo caso avevano eseguito appostamenti nei confronti della vittima designata. La rapina non veniva commessa perché la vittima, individuata preventivamente dal gruppo interforze di investigatori, opportunamente informata, quel giorno non aveva aperto la rivendita di tabacchi.

IL COLPO DELLA VITA. L’impeto criminale degli indagati li portava addirittura a progettare una rapina ad un furgone portavalori che periodicamente si recava presso un esercizio Commerciale di San Severo per ritirare il plico dell’incasso. Dalle intercettazioni emergeva che gli indagati stimavano di ricavare dal colpo “sei-settecentomila euro”. In tale frangente Il 12 ottobre l’auto in uso agli indagati era stata segnalata proprio all’interno dell’area di parcheggio della suddetta attività commerciale.

LE FIAT STILO RUBATE. Il “modus operandi attuato dalla banda portava gli indagati ad utilizzare sempre lo stesso modello di autovettura, ovvero una Fiat Stilo, autovetture in genere rubate nell’area di Termoli. In particolare, nel corso dell’indagine sono state sequestrate: Fiat Stilo rubata a Termoli il 3 maggio e rinvenuta l’8 dopo una rapina ad un centro commerciale a San Severo. Fiat Stilo rubata a Termoli il 12 settembre e rinvenuta il giorno seguente, subito dopo la rapina alla rivendita tabacchi in viale 2 giugno. Fiat Stilo rubata il 21 agosto a Termoli e rinvenuta il 14 ottobre nel corso dell’attività investigativa.

LA BASE OPERATIVA. Altro particolare degno di rilievo emerso nell’indagine è la presenza di una base operativa individuata in una masseria in località “Santo Spirito” utilizzata sia per le riunioni in cui venivano pianificate le azioni criminose, ma soprattutto per nascondere le armi, i passamontagna ed i bottini delle rapine (denaro contante e consistenti quantitativi di oro) nonché le autovetture rubate che sarebbero state successivamente utilizzate per altre sortite delittuose.

RAPINA TABACCHERIA A SAN SEVERO: IL VIDEO

LO SPOSTAMENTO DELL’AUTO RUBATA. Ad un certo punto gli indagati avevano deciso di trasferire in un’altra masseria indicata come Masseria Castello della Principessa, a breve distanza dal quartiere San Berardino, un’autovettura rubata in quanto preoccupati da un possibile intervento delle Forze dell’Ordine. I predetti erano oltremodo preoccupati in quanto nella macchiana conservavano materiale “compromettente” utilizzato per travisarsi durante le rapine. Gli indagati, durante lo spostamento del mezzo, notando in lontananza i fari di un’autovettura, e sospettando che potesse trattarsi di un’auto degli investigatori, commentavano che nel caso si fossero avvicinati gli avrebbero esploso due botte.

LA SPARTIZIONE DELLA MERCE RUBATA. Nel corso dell’inchiesta, altro prezioso riscontro è stato quello relativo alla spartizione dei proventi illeciti che il gruppo provvedeva a suddividersi in parti uguali una volta che aveva portato a termine le incursioni criminali. In particolare è stata intercettata un’animata discussione tra gli indagati, in cui uno di essi manifestava il suo disappunto per non aver ricevuto la sua parte di oro. La banda disponeva anche di bilance di precisione e di attrezzature utili per la “pulizia” dell’oro rubato, operazione necessaria per nasconderne le tracce identificative.

L’ASSALTO AL BLINDATO. La misura del fermo è stata adottata per particolari motivi di tutela sociale a causa della pericolosità della banda che aveva programmato di concludere altri gravi reati tra cui un assalto ad un “blindato” (ndr. furgone portavalori) tra il casello di Lesina e il casello di San Severo essendo altresì concreto il pericolo che gli indagati si dessero alla fuga in quanto, come si è appreso dalle conversazioni monitorate, erano intenzionati a mettere a segno una rapina che potesse fruttare un ingente profitto e rendersi irreperibili andando via da San Severo.

LE DICHIARAZIONI DI FABBROCINI

IL MATERIALE RINVENUTO. Infine, durante la fase esecutiva dei fermi, nel corso della perquisizione presso la citata masseria in località “Santo Spirito” sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro: una Fiat Panda 4x4 rubata il 3 agosto a Campobasso, parrucche, occhiali e capi di abbigliamento da utilizzare per il travisamento, un giubbotto antiproiettile, coltelli, 80 grammi di hashish, e rilevatori di segnali radio per bonificare gli ambienti da microspie.

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