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Cronaca Via San Severo

Baraccopoli dell'orrore a Foggia, pestavano e costringevano minorenni a prostituirsi: aguzzini condannati a 50 anni

Condanne tra i 9 e i 16 anni ai quattro aguzzini che furono arrestati nel dicembre del 2018. L'indagine partì dalla fuga di una sedicenne dal campo il 4 settembre scorso. La ragazza era al settimo mese di gravidanza

Pestavano a sangue delle ragazze minorenni e le costringevano a prostituirsi, anche in gravidanza, in una baraccopoli in via San Severo. Un orrore che portò all'arresto di quattro persone per riduzione e mantenimento in stato di servitù, induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e sequestro di persone. 

A distanza di oltre due anni, la Corte di Assiste di Foggia ha condannato Febronel Costache, Solomon Costache, Chiriac Poenita e Mariana Raluca Iovanut, a pene comprese tra i 9 e i 16 anni di carcere, per un totale di oltre 50 anni di detenzione. 

La Corte di Assiste ha anche riconosciuto il diritto di risarcimento all'associazione Gens Nova Odv, costituitasi parte civile nel processo penale e da sempre al fianco delle vittime. 

L’indagine prese il via dalla fuga di una sedicenne dal campo il 4 settembre scorso. La ragazza era al settimo mese di gravidanza (bambino poi perso e rispetto al quale gli “adulti” ne avrebbero finanche ipotizzato la vendita per 28mila euro), ed era stata selvaggiamente pestata con calci, pugni, schiaffi e cinghiate, sferrati in ogni parte del corpo, sulla faccia, sulla pancia e dietro la schiena, nonché trascinata per i capelli, facendola strisciare per terra, all’interno della baracca nella quale veniva segregata. La ragazza riuscì a chiedere aiuto ad alcune persone che occupavano un vicino accampamento, i quali contattarono il 118 e la Polizia. 

Le indagini della Squadra Mobile, coordinate dalla Procura di Bari, consentirono di accertare l’esistenza di uno schema messo a punto dagli arrestati secondo il quale le minori, tutte appartenenti a nuclei disagiati, una volta condotte nel campo con l’inganno e  l’impiego degli stratagemmi più vari, venivano di fatto segregate all’interno di alcune baracche lì presenti, chiuse dall’esterno con  una catena ed un lucchetto, picchiate continuativamente per più giorni per piegare le loro capacità di reazione e costrette a prostituirsi sotto il diretto controllo dei loro aguzzini.

In particolare, le indagini delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura alla Squadra Mobile di Foggia, Seconda Sezione, consentivano di accertare le ipotesi di reato in contestazione e di fare emergere, attraverso l’ascolto di una delle vittime, nonché tramite i riconoscimenti fotografici degli autori dei fatti delittuosi, oltre che le attività di sopralluogo svolte, gli accertamenti tecnici sui telefoni e l’esame dei social network, “uno spaccato di cui si ignorava l’esistenza nel nostro territorio, di una delle nuove forme di “schiavitù moderna”, costituita dalla riduzione e dal mantenimento in stato di schiavitù di giovani straniere, per lo più sole e non in contatto con la famiglia, tutte minorenni da adibire al mercato della prostituzione, direttamente controllato dagli stessi fermati”.

Si accertò, inoltre, che nessuna delle vittime poteva scappare dal campo, essendo controllata 24 ore al giorno, sia durante la permanenza nel campo attraverso la segregazione nelle baracche, sia durante gli spostamenti dalla baracca, che avvenivano sotto il diretto controllo degli uomini del gruppo criminale e delle donne, fino alla SS 16 (direzione Lucera, posto a circa duecento metri dallo svincolo per Via San Severo), in cui erano costrette a prostituirsi, dopo essere state accompagnate in automobile dagli indagati fermati.

“Gli arrestati – spiegarono gli inquirenti – ponevano in essere le loro condotte non solo con il costante e brutale impiego della violenza e delle minacce, ma anche  approfittando delle condizioni di inferiorità fisica e psichica delle vittime connesse alla loro minore età ed alla loro condizione di cittadine straniere, sole sul territorio italiano e prive di qualcuno che reclamasse la loro scomparsa e per di più senza mezzi ( è stato accertato che i fermati, una volta condotte le minori nel campo, le privavano dei telefoni cellulari e dei documenti)”.

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