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Cronaca

Promettevano lavoro in cambio di denaro: arrestati ex poliziotto e guardie giurate

Gli agenti della Digos hanno scovato una compravendita di promesse di lavoro negli istituti di vigilanza privata al prezzo di 12mila500 euro. A sostegno della tesi degli inquirenti, quattro persone che hanno denunciato il raggiro subìto

Dodicimila cinquecento euro per un lavoro nell’ambito della vigilanza privata. O meglio, per la promessa di lavoro, e non necessariamente attesa. E’ quanto scoperto dagli agenti della Digos della Questura di Foggia che, questa mattina, hanno eseguito tre ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip del Tribunale di Foggia, su richiesta della locale Procura.

I provvedimenti sono stati emessi a carico di tre soggetti, tutti foggiani, che dovranno rispondere, in concorso, dei reati di truffa, estorsione e minaccia grave. Si tratta di Michele Laccetti, responsabile dell’istituto di vigilanza Secur Center, già ispettore capo della polizia di stato in quiescenza, di Luigi La Salvia, guardia giurata particolare in quiescenza, già dipendente dell’istituto Metropol e del genero di quest’ultimo Vincenzo Zippari, guardia giurata particolare in servizio per la Metropol.

L’indagine, partita un anno fa, rappresenta una costola di una più ampia inchiesta ancora aperta; una prima tranche – denominata Rangers – conclusa anche grazie alle denunce di quattro soggetti che non hanno ricevuto il corrispettivo sperato (ovvero, l’atteso posto di lavoro) a fronte della somma versata. “Abbiamo riscontrato una discreta collaborazione, sia da parte dei soggetti raggirati che da parte dei familiari degli stessi”, ha spiegato il dirigente della Digos, Antonio D’Introno. Segno che di questa possibilità, radicata nell’illegalità, erano state informate e coinvolte le famiglie che, in alcuni casi, avevano contratto anche debiti per far fronte al pagamento della somma richiesta.

Le indagini, coordinate dalla locale Procura, hanno evidenziato – oltre alla compravendita dei posti di lavoro – hanno evidenziato anche gravi intimidazioni finalizzate a garantire l’impunità degli indagati. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, quindi, con ruoli diversi ma con unico disegno, La Salvia e Zippari alimentavano certe e rapide aspettative di collocazione lavorativa all’interno dell’’istituto di vigilanza “Metropol” (soggetto passivo dell’inchiesta, “vittima” esso stesso del raggiro), garantendo il buon esito della trattativa grazie all’intermediazione del terzo soggetto coinvolto, Michele Laccetti che - all’epoca dei fatti ancora in servizio attivo di polizia - gestiva interamente l’iter burocratico necessario alle assunzioni: dalla documentazione per l’ottenimento della qualifica di guardia particolare giurata alle forniture delle divise. Tutto ciò grazie ad una intensa attività di pressing sulla dirigenza dell’Istituto in ordine al portfolio di aspiranti da assumere.

I primi due, di fatto calati nel ruolo di esattori, prestavano “assistenza” ai soggetti in cerca di stabile occupazione chiedendo e ritirando il denaro (12.500 euro per ciascuna promessa assunzione); il Laccetti, invece, operava sul doppio fronte, risultando sempre più organico alla dirigenza dell’istituto che riteneva rassicurante il suo contributo di indirizzo nella valutazione di eventuali nuovi assunti. Così fino a quando il meccanismo non si è incrinato: sfumate le prime compravendite di posti, gli interessati sono andati a chiederne conto direttamente alla Metropol – all’oscuro delle macchinazioni così ordite - rappresentando di aver pagato somme importanti per chi non ha un reddito ma, anzi, ne è alla ricerca.

L’unica soluzione possibile, a quel punto, era farsi rimborsare le somme di denaro: dopo aver assicurato in parola la restituzione del denaro, però, all’atto dell’incontro concertato per la transazione di ritorno, i procacciatori si sono presentati con una liberatoria già redatta, nella quale si attestava che “l’affaire” faceva riferimento ad un mero prestito, che si dava atto della restituzione integrale delle somme prestate (ma senza passaggio di danaro) e che ogni eventuale denuncia fatta dalle vittime in questione era da ritenersi ispirata dalla dirigenza di Metropol che voleva, in quel modo, creare i presupposti per prendere le distanze dall’ingerenza dei tre, in ordine alla determinazione delle scelte aziendali di assunzione.

Liberatorie controfirmate sotto minaccia di arma carica – quella in dotazione delle guardie giurate - e scarrellata al momento opportuno. La questione, assicurano dalla Digos, è totalmente estranea al momento di recessione che sta attraversando l’istituto Metropol e riguarda, al momento, i soli tre soggetti coinvolti. Al momento, gli agenti hanno in mano la denuncia di quattro persone ma sono certi che si tratti di un numero destinato a salire. “Ragionando per differenza – spiega ancora D’Introno - ovvero pescando nel bacino di quanti hanno “comprato” una promessa di lavoro, poi disattesa, crediamo possano venire alla luce almeno un’altra ventina di casi”. Per quanti, invece, hanno visto realizzata l’aspettativa di lavoro, non si esclude che possa scattare l’accusa di concorso. I tre soggetti sono stati associati al carcere di Foggia.

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