Sangue in carcere, aggressione choc a un agente: colpito alla testa con un arnese da un detenuto
Due anni fa, il 9 marzo 2020, la maxi evasione dal carcere di Foggia. Oggi un detenuto ha aggredito due agenti, ferendo gravemente uno di loro
A due anni esatti dalla violenta evasione di una settantina di detenuti dal carcere di Foggia, la più violenta in assoluto nella storia degli istituti penitenziari, un detenuto extracomunitario ha selvaggiamente aggredito due agenti provocando gravi ferite con conseguenze per uno di loro, che ha rimediato dieci punti di sutura alla testa. "E' solo l’ultimo di una serie infinita di aggressione nei confronti dei poliziotti penitenziari di Foggia, ben sette in un mese. La follia violenta si ri-materializza” denuncia il segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo.
Si tratta di un detenuto di origini magrebine, con precedenti specifici ristretto presso il reparto psichiatrico della casa circondariale di via delle Casermette, che avrebbe colpito un agente con un arnese ricavato in modo capzioso, senza alcun motivo. Durissimo il commento di Vito Messina, segretario interregionale Uspp Puglia e Basilicata (Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria):"La situazione anche nel carcere di Foggia ormai è diventata insostenibile, con continue aggressioni verbali e fisiche da parte dei detenuti più facinorosi, e spesso anche con problemi psichiatrici nei confronti dei poliziotti penitenziari, senza che l’amministrazione penitenziaria regionale e centrale prenda i dovuti provvedimenti, quali ad esempio istituire dei circuiti detentivi, allocando i detenuti violenti in apposite sezioni, peraltro previste dall’articolo 32 della legge 354/75", vedi condanna della Cedu che condanna l’Italia su questa problematica, ma nulla accade. "Il carcere foggiano – continua Vito Messina - è divenuto piazza di spaccio, dove si contrappongono diversi gruppi di detenuti che, di fatto, grazie anche alla gravissima carenza d’organico della polizia penitenziaria, hanno in mano il carcere".
Aldo Di Giacomo aggiunge: “Per rendere l’idea di quale sia il clima all’interno del carcere foggiano si consideri che i detenuti sputano addosso ai poliziotti urlando, ci sono le telecamere non potete farci niente”. È del tutto incomprensibile oltre che ingiustificato il fatto che lo Stato abbia rafforzato di organici e mezzi i presidi delle forze dell’ordine sul territorio foggiano “sotto assedio” da parte della criminalità tra le più sanguinose ed invece abbia dimenticato il carcere che registra da anni carenze di uomini e strumenti. Il carcere alla pari delle caserme e dei posti di Polizia è un presidio fondamentale per assicurare la legalità e garantire la sicurezza dei cittadini tenuto conto che i clan dalle celle continuano ad impartire ordini nei territori. All’interno del clima generale di “buonismo” nei confronti dei detenuti, almeno noi non siamo disposti a far passare inosservate, quasi si trattasse di fatti di “ordinaria amministrazioni”, le quotidiane aggressioni contro gli agenti penitenziari. Di fronte alla “caccia all’agente” non rinunciamo a chiedere di mettere fine, una volta per tutte, alla campagna di delegittimazione del personale penitenziario che si protrae da lunghi mesi, e a riabilitare i servitori dello Stato che si oppongono contro il tentativo, purtroppo sempre più riuscito, di criminali di imporre il proprio controllo delle carceri”.
Conclude Vito Messina: "Un’amministrazione tanto assente che, i poliziotti penitenziari, cioè i rappresentanti dello Stato, non hanno alcun potere repressivo e coercitivo nei casi di violenza da parte dei detenuti" aggiunge il segretario regionale dell’Uspp, "anche perché non si ha un chiaro protocollo di intervento; e risolvere le criticità, spesso comporta il rischio di ritrovarsi magari indagati per reati di tortura, solo per aver risposto con la forza ad una violenza che a volte è veramente devastante"; è assurdo che accade ancora questo, solo due giorni fa siamo scesi in piazza a denunciare proprio questo stato di cose; bisogna dire che l’amministrazione non ha avuto il coraggio di convocarci; non ci arrendiamo, abbiamo già chiesto supporto ad altri organi di governo, magari più sensibili rispetto alla latitanza nefanda dei nostri vertici. No n ci fermeremo, ci saranno altre proteste consentite, affinchè non venga trovata una soluzione seria e concreta alle problematiche della categoria. Mancano le figure professionali per gestire questa tipologia di utenza, la polizia penitenziaria non ha competenza sulla gestione di questa tipologia di ristretti con problemi di natura psichiatrica, essendo questo un problema di carattere sanitario: è giunta l’ora di prendere atto dei veri problemi che attanagliano la nostra categoria".