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Cronaca Orta Nova

Mario, il militare foggiano tornato a casa in una bara avvolta nel tricolore (ma senza il riconoscimento che merita)

Oggi, 22 gennaio 2019, il caporal maggiore di Orta Nova, Mario Frasca, avrebbe compiuto 40 anni. Intervista al fratello Vincenzo: "Meriterebbe la Medaglia d’oro al valore militare"

Oggi avrebbe spento 40 candeline, avrebbe festeggiato con i suoi cari un traguardo importante, gioito con il suo sorriso coinvolgente, la sua indimenticabile solarità, se solo quel dannato ostacolo posto al centro della carreggiata, vicino la base di Herat, in Afghanistan, dove era in missione di pace, non avesse cagionato il ribaltamento del veicolo Lince su cui era a bordo con altri due commilitoni. Così si interruppe la vita di Mario Frasca, caporal maggiore capo di 32 anni, originario di Orta Nova. Con lui morirono anche Riccardo Bucci e Massimo Di Legge. Era il 23 settembre 2011.

Pochi mesi dopo, in occasione del suo compleanno (il 22 gennaio 2012), i genitori di Mario, Antonio e Angela, e i fratelli Francesco e Vincenzo, costituirono l’associazione onlus ‘Mario Frasca’. Un modo per tenere vivo il ricordo di Mario in chi lo ha conosciuto e gli ha voluto bene, ma anche per un altro fine. Ovvero tutelare il ricordo di tutti i caduti nelle missioni di pace, dal 1950 a oggi. Un obiettivo che è diventato quasi una missione per l’associazione e per Vincenzo Frasca, fratello di Mario.

Che ragazzo era Mario?

“Era un tipo solare, sempre col sorriso sulle labbra, anche nei momenti di difficoltà. Prendeva tutto con una certa diplomazia. Aveva una grande voglia di viaggiare, di sperimentare, di aiutare il prossimo. Se un amico aveva bisogno di aiuto, lui rispondeva sempre presente”.  

Cominciò subito la carriera militare

“Sì, appena diplomato, il 23 luglio del ’98, si arruolò. Dalla leva partì la sua carriera fino all’ultimo grado ricoperto, quello di caporal maggiore capo. Era operatore C4 esperto informatico. Aveva grandi ambizioni, per lui era un’autentica vocazione, sognava di diventare ufficiale. La missione in Afghanistan era fondamentale per acquisire punteggio in vista dei concorsi che avrebbe dovuto sostenere. Credeva molto nello spirito militare”.

Che cosa vi raccontava di quelle missioni?

“Ricordo la gioia con la quale ci raccontava dei bambini ai quali consegnavano beni di prima necessità. Il valore di un pezzo di pane che in quei contesti è enorme. Sapeva di essere in pericolo, ed è normale avere paura, ma lui la esorcizzava con il sorriso. Lui era così. E questo era anche il modo in cui affrontava quei momenti con i colleghi. Quando si è in quei territori, in cui ogni istante vissuto può essere l’ultimo, ci si fa forza a vicenda, si diventa fratelli”.

Esattamente 7 anni fa avete creato l’associazione Mario Frasca. Un omaggio alla sua figura, ma non solo…

“Esatto. E’ un modo per ricordare Mario e gli oltre 170 caduti nelle missioni di pace dal 1950 a oggi. Noi ci appelliamo all’articolo 3 della costituzione, al principio di uguaglianza, affinché tutti i caduti vengano riconosciuti come vittime del terrorismo internazionale, e poi che venga assegnata anche la Medaglia d’onore al valore militare, che è la più alta onorificenza”.

Ma che non viene riconosciuta a tutti

“No, infatti. Mario è stato riconosciuto come "vittima del dovere" dal Ministero della Difesa. Le dinamiche della morte sono una discriminante, e non dovrebbe essere così. Mario come gli altri è andato lì per combattere il terrorismo. A prescindere dalla dinamica della morte chiediamo che chi è andato in missione, ed è tornato in una bara avvolta a un tricolore, debba ricevere la medaglia d'oro al valore militare. Da sette anni portiamo avanti questo principio. La nostra battaglia è per tutti i caduti e i loro familiari, che hanno sposato questa causa (Qui la petizione online). Quando il 12 novembre (Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace, ndr) notiamo che la medaglia d’oro è stata concessa solo ad alcuni, ci sentiamo un po’ discriminati. E’ una differenza che bisogna cancellare”.

Ha avuto contatti con i rappresentanti delle istituzioni?

“Sin dalla fondazione della onlus, ho scritto ai ministri della difesa, capi del governo e capi di stato che si sono succeduti, non ho mai ricevuto nessuna risposta. Il 7 giugno del 2018 ho scritto anche all’attuale ministro della difesa Elisabetta Trenta per ottenere un incontro come rappresentante dell’associazione. Approfitto per rivolgere un appello”.

Prego

"Vorrei che a tutti i caduti venga dato lo stesso valore, lo stesso riconoscimento. Lo stesso ministro Trenta, durante la giornata in memoria dei caduti, lo scorso 12 novembre, dichiarò che non esistono vittime di serie A e serie B. In lei nutro tanta fiducia, visto che ha ricoperto anche alcuni ruoli come ufficiale dell’esercito, ha indossato l’uniforme. Spero che mi ascolti, e che lo faccia anche il Premier Conte, che al momento del suo insediamento dichiarò che sarebbe stato l’avvocato del popolo”.

Uno dei ricordi più belli che ha di suo fratello?

“Vederlo rientrare in Italia in quella bara avvolta nel tricolore mi ha toccato il cuore. E’ stato quel momento a darmi la forza per portare avanti questa battaglia. Mio fratello non ha avuto la fortuna di tornare in Italia da vivo, per questo credo gli vada assegnato quel riconoscimento. Non tanto per la medaglia in sé, ma perché sento che a lui manchi qualcosa che dia valore al suo sacrificio. Quella bara avvolta nel tricolore è un pezzo di storia del nostro paese. Vorrei che come regalo per il suo 40esimo compleanno gli sia concesso quello che merita”.

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