rotate-mobile
C'era una volta il Foggia

C'era una volta il Foggia

A cura di Alessandro Tosques

Quando allo Zaccheria scendeva sulla fascia Paolo List

Oggi ricorre l’anniversario della morte di Paolo List, il terzino destro degli anni d’oro del Foggia di Zeman che conquistò la seria A partendo dall’allora serie C

Ho sempre pensato che ‘Miss Mondo ‘99’ sia stato l’ultimo album di Ligabue degno di essere ascoltato e acquistato. Perché traccia una sorta di linea di confine tra due fasi della sua carriera. L’ultimo sussulto degno di nota, prima che il rocker di Correggio cominciasse a proporre pallide copie di se stesso, alimentando le battute e le ironie circa lo scarno numero di accordi nelle sue canzoni.

So bene che questo incipit mi farà guadagnare gli improperi dei fan del Liga, ma è un rischio calcolato. E poi il mondo è bello perché è vario. Il primo singolo estratto da quell’album fu “Una vita da mediano”. Uno dei brani simbolo della produzione del cantautore emiliano. Il mondo del pallone si è spesso servito della musica per raccontare gesta, imprese e disgrazie dei suoi protagonisti.

Ce ne sarebbero di canzoni legate al calcio da ricordare. Ma io non smetto di pensare a Ligabue. Perché quel brano è un inno al calcio operaio, un’ode a quella categoria di calciatori poco acclamata, ancor meno appariscente, ma dannatamente utile. C’è molto di poetico nel giocatore che arriva al successo grazie al sudore e alla fatica. L’unica ricetta possibile a cui attingere se non si ottiene in dote “lo spunto della punta, né del dieci”. Quei giocatori che non hanno piedi buoni, e per questo devono affidarsi ad altre qualità, meno poetiche ma ugualmente nobili. Eppure c’è chi a questi giocatori non rinuncerebbe mai: gli allenatori. Perché per vincere non servono solo le estemporaneità dei fuoriclasse, ma anche i portatori di equilibrio, chi corre. Oriali fu l’emblema di quel tipo di giocatore. Così come il Colombo del Milan di Sacchi, o il Romano del Napoli di Maradona.

Da Ligabue, a Oriali, arriviamo a Paolo List. No, non è un volo pindarico. E sì, lo so, non era un mediano. Ma penso che List appartenga a quella categoria di eroi silenziosi. Elementi poco appariscenti, ma ugualmente preziosi. In fin dei conti, quella del mediano è una allegoria della nostra vita. Dei traguardi che cerchiamo di conquistare attraverso la fatica di tutti i giorni. Ecco perché, a prescindere dalla posizione in campo, List era degno rappresentante di questa categoria. Era un terzino destro, e sappiamo tutti cosa voglia dire quel ruolo nella squadra di Zeman. Devi spingere, attaccare, correre, e tanto e non solo badare a “tenere la posizione”. Non aveva il sinistro telecomandato di Signori, né il senso del gol di Baiano, né l’eccentricità di Franco Mancini, ma fu ugualmente uno dei protagonisti del Foggia che con Caramanno prima, il boemo poi, andò a prendersi la massima Serie, partendo dalla serie C, nel giro di tre stagioni.

Quel numero due era fondamentale, non solo per le sgroppate con le quali ‘maltrattava’ il suo binario di competenza. List sapeva segnare, di giustezza, e di potenza, grazie a al suo destro. Caratteristica notevole per un difensore. Con il Foggia ne ha segnati 9 in 159 gare, distribuiti nei due stint in maglia rossonera, intervallati dalle esperienze di Jesi e Monopoli. Tre di questi li realizzò nell’ultima stagione, quella dell’ascesa in Serie A. Ma il meglio di sé lo dava come atleta. “Paolo, Paolo, Paolo, Paolo List, List”, il coro che gli dedicò lo Zaccheria.

Ed era anche un uomo squadra: “Era un ragazzo serio, ma non disdegnava gli scherzi, di cui spesso si rendeva protagonista negli spogliatoi con la preziosa collaborazione di Fabio Fratena, suo grande amico e compagno di squadra”, lo ricorda il giornalista Mario De Vivo.

Avevo sei anni quando lasciò Foggia per salire a Bologna, ancora in serie B, crepuscolo di una carriera che si sarebbe interrotta a soli 33 anni con la maglia del Palazzolo. 15 anni trascorsi tra i campi di Serie C e B, e la serie A conquistata, ma mai vissuta sul campo. Poi, il ritorno a una vita normale, con la famiglia, con la quale gestiva un bar, a pochi chilometri da Cremona. Senza tralasciare la passione per il calcio, seppur nei campi di periferia. List è rimasto un uomo semplice dentro e fuori dal campo. Senza prendersi le luci della ribalta, né mai pretenderle. Silenzioso è stato anche il suo commiato, quando il suo corpo ha deciso di dire basta. La ‘Stronza’ aveva colpito anche lui, come Borgonovo e Signorini. Una vita breve, come la sua carriera calcistica. Ma sufficiente perché una città intera continui ad acclamarlo. Come quando il numero 2 stampato sul retro della maglia si agitava ad ogni sua discesa sulla fascia.

Si parla di

Quando allo Zaccheria scendeva sulla fascia Paolo List

FoggiaToday è in caricamento