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C'era una volta il Foggia

C'era una volta il Foggia

A cura di Alessandro Tosques

" Questo non vuole essere un semplice blog. Ma un piccolo scrigno che custodisca le storie dei protagonisti che hanno reso grande il Foggia. Storie di talenti e di uomini, tra aneddoti e curiosità, ricordi agrodolci che in qualche modo tengono in vita un calcio che ormai non c'è più. Nessuno mai dimenticherà lo spettacolare Foggia di Zeman, né la talentuosa squadra di Maestrelli. E neppure l'undici operaio di Oronzo Pugliese, a cui si inchinò una delle squadre più forti di tutti i tempi. ""C'era una volta il Foggia"" è un modo umile per contribuire a coltivare quei ricordi, nella contestuale speranza che un giorno non troppo lontano certe emozioni possano riprendere vita con nuovi protagonisti. "

C'era una volta il Foggia

Igor Shalimov, dalla Russia a Zemanlandia: "...lui è alto e robusto, lo ha mandato Gorbaciov..."

Il 2 febbraio del 1969 nasceva uno dei giocatori più talentuosi che abbiano vestito la maglia rossonera. Una carriera breve, ma intensa, accorciata da troppi vizi. Ma quella stagione a Foggia non la dimentica nessuno

Viso asciutto, capelli ricci tirati all’indietro con chili di gel. Un’aria che non sembrava promettere chissà cosa. Ad accompagnarlo addirittura la leggenda che ‘Don’ Pasquale Casillo avesse aggiunto un camion di grano al miliardo e mezzo cash per strapparlo allo Spartak Mosca. Arrivò insieme a un altro tizio biondino, dall’aria altrettanto stranita. Si farà strada pure lui.

Si chiamavano tutti e due Igor, che nell’allora decadente Urss era assai consueto. Un centrocampista e un attaccante, che con il rumeno Petrescu completarono la batteria di stranieri (all’epoca c’era ancora il limite dei tre a squadra) del primo Foggia di Zemanlandia in Serie A. Dei due Igor, a farsi notare di più, quella stagione fu quello più giovane, il centrocampista.

Chissà quanto varrebbe oggi, nell’era degli affari a otto zeri e dei costi drogati. Perché Shalimov incarnava tutte le caratteristiche del centrocampista moderno: corsa, piedi buoni, visione di gioco e una grande capacità di inserirsi e andare al tiro. Lo testimoniano i gol con la maglia del Foggia, dove completava il trio nella mediana con Barone e Picasso. Il primo lo realizza il 27 ottobre del ’91, all’Olimpico, contro la Roma: un destro preciso dal centro dell’area, che regala il pari al Foggia, dopo l’autogol di Petrescu nel primo tempo. Ne seguiranno altri otto, compreso quello illusorio a San Siro contro l’imbattibile (e imbattuto in quella stagione, ndr) Milan di Capello e degli olandesi. Il tutto nonostante un feeling con il ‘muto’ Zeman mai esploso del tutto, per delle metodologie di lavoro che mal si conciliavano con il suo spirito libero. Sì, perché Shalimov era un talento puro, ma che come tanti nella storia del calcio era difficile da disciplinare. Ad aggravare la sua idiosincrasia per gli allenamenti duri del boemo e la vita da atleta c’erano anche certi vizi di cui era prigioniero (fumo, alcol, bella vita) e che ne accorciarono oltremodo la carriera. Tuttavia, le gesta sul campo conquistarono la piazza, che gli dedicò presto un coro divenuto storico tormentone (“E’ venuto dalla Russia, lo ha mandato Gorbaciov, lui è alto e robusto e si chiama Shalimov. Igor Igor Shalimov…”).

Gol e prestazioni da cineteca che fecero drizzar le orecchie ai top club italiani. L’Inter lo strappò alla concorrenza per una quindicina di miliardi, scegliendolo come erede di un certo Matthaeus nel nuovo corso di Bagnoli. Mica male. Per una stagione furono soldi ben spesi: arrivarono altri nove gol, compresa una doppietta proprio allo Zaccheria: memorabile la ‘castagna’ di controbalzo che spaccò la porta di Mancio, sotto la ‘Sud’. La stagione seguente, l’inizio dell’eclissi che coincise con una delle stagioni più tristi che la storia nerazzurra ricordi (salvezza alla penultima giornata) addolcita dal trionfo in Coppa Uefa. Ma il suo destino era segnato. Il Duisburg, il Lugano, un peregrinare lungo che lo vide riproporsi – con risultati modesti – in Italia, tra Udinese, Bologna e Napoli. All’ombra del Vesuvio, l’onta del doping (nandrolone) e una squalifica che posa la pietra tombale sulla sua carriera a soli 30 anni. Seguirà un lungo oblio, che alimentò, almeno qui a Foggia, strane voci circa il suo destino.

Uno dei centrocampisti più eleganti e completi visti a Foggia. All’inizio soffre un po’ la dura preparazione di Zeman e molto di più il passaggio dalla vodka al Borghetti. Comincia a giocare bene intorno a novembre e mantiene standard elevati fino a maggio, per un totale di circa sei mesi. Calcia indifferentemente con tutti e due i piedi: a fine stagione avrà segnato cinque gol di destro e quattro di sinistro, e proprio con il sinistro la mette all’incrocio dei pali nel derby stravinto al “San Nicola” il 29 marzo del 1992, quando rientra dopo un breve dissidio con l’allenatore e alcuni giorni trascorsi in Russia per disintossicarsi dai torcinelli. L’aneddoto chiave del suo transito a Foggia è datato 3 febbraio 1992: dopo la sconfitta in casa della Juventus, la società indice il silenzio stampa ma Igor va a parlare in conferenza stampa dopo la partita perché nessuno l'aveva avvisato (che sembra una battuta e invece è scritto pari pari su Wikipedia, che cita pure la fonte. True story). A fine stagione lascia Foggia e va all’Inter, che lo paga diciassette miliardi di lire; giocherà bene pure in nerazzurro… per circa sei mesi. Nel 1999 finisce la carriera a Napoli, dove viene addirittura accostato a Maradona: dai medici dell’antidoping. 

Antonio Forina 

Oggi Igor Shalimov compie 49 anni. Non ha più i riccioli, né il fisico smilzo, ma non ha rinunciato al gel, anche se la chioma canuta non è più così rigogliosa come un tempo. Ma non ha abbandonato il calcio: dopo aver allenato la nazionale russa femminile, è passato al Krasnodar, che lo scorso anno ha condotto fino agli ottavi di finale di Europa League, dopo aver fatto fuori il Nizza di Balotelli nella fase a gironi, e il Fenerbahçe nel primo turno a eliminazione diretta. La sua nuova vita è partita dalla Russia, lì dove cominciò la sua breve favola, per qualche soldo e un camion di grano. Chi lo avrebbe detto. Tanti auguri, Igor.

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